Dopo dieci anni alla guida della terza più grande democrazia del mondo, 270 milioni di abitanti, Joko Widodo non ha scelto di concentrarsi sulla sua eredità politica, bensì rischia di perdere la sua popolarità per ciò che i critici definiscono una chiara e immorale ingerenza nella campagna elettorale, che culmina con il voto di oggi. In testa ai sondaggi per le presidenziali, c’è l’attuale Ministro della difesa Prabowo Subianto in gara insieme a Gibran Rakabuming Raka, candidato alla vice-presidenza e figlio del Presidente uscente.
“Io ero un sostenitore di Joko Widodo, ma temo che a lui non sia mai importato nulla della democrazia. Ciò che gli interessa è stabilire una dinastia” ci dice Ikrar Nusa Bhakti, Professore, ex Ambasciatore indonesiano in Tunisia ed ex alleato di Joko Widodo.
L’anno scorso cinque dei nove giudici della Corte costituzionale indonesiana hanno sostenuto una controversa scappatoia legale, che ha permesso a Gibran di candidarsi alla vice-presidenza nonostante fosse troppo giovane per farlo. Tra i giudici che si sono pronunciati a favore, figurava anche Anwar Usman, presidente del tribunale e zio di Gibran.
“Non solo” continua Ikrar Nusa Bhakti “Il figlio minore di Joko, Kaesang Pangarep, è stato recentemente insediato come presidente di un piccolo partito politico, mentre il genero è sindaco della città di Medan”.
Risvolti che hanno indignato numerosi sostenitori di Widodo, conosciuto come Jokowi, salito al potere nel 2014 con la promessa di combattere la corruzione e il nepotismo, tipiche delle dinastie. Il suo predecessore era infatti un ex generale militare e, prima di lui, Presidente fu la figlia dell’eroe dell’indipendenza indonesiana, Sukarno.
Un ex venditore di mobili, senza legami con l’esercito o con le potenti famiglie del Paese, Widodo aveva portato una boccata d’aria fresca in Indonesia, per la sua natura modesta. I successi economici, i progetti infrastrutturali, così come la sua capacità di porsi in modo convincente sul palcoscenico internazionale, rischiano di essere offuscati da un’uscita di scena controversa.
La sete di potere, gli interessi personali, il sistema stesso, sembrano aver preso il sopravvento e cambiato il Presidente, dicono gli analisti: “Anche se l’Indonesia è una repubblica democratica, la gente si comporta come se fosse ancora una monarchia, visto che in alcune parti del Paese esistono ancora dei piccoli regni, come a Yogyakarta o a Surakarta” continua Nusa Bhakti, esprimendo un sentimento comune a molti altri accademici, preoccupati per il futuro della giovane democrazia. “Siamo in molti a temere una vittoria di Prabowo. Se sarà il prossimo Presidente, cosa farà? Vorrà cambiare la costituzione e tornare all’autoritarismo del passato?”
Erede di una ricca famiglia di banchieri, Prabowo era il genero e comandante del defunto dittatore generale Suharto, che, dopo un colpo di stato, governò l’Indonesia per 32 anni con il pugno di ferro fino al 1998.
Se Prabowo sta per conquistare il potere, è grazie al sostegno dell’attuale Presidente. Un’alleanza impensabile soltanto qualche anno fa, considerato che fu proprio Jokowi a sconfiggere Prabowo nelle presidenziali del 2014 e del 2019, appoggiato da molti sopravvissuti del regime e dai difensori dei diritti umani.
“La seconda ragione è che molti giovani elettori non sono a conoscenza del passato di Prabowo, del suo operato sotto Suharto, né della storia, in generale” conclude il Professore Ikrar Nusa Bhati.
L’ascesa di Prabowo dimostra che il doloroso passato può risorgere ma, al contrario di quell’epoca scandita dalla repressione, 207 milioni di persone hanno oggi il potere di decidere il loro futuro.
Nell’immagine: il presidente uscente Joko Widodo (sul manifesto) e il candidato Prabowo Subianto (in basso a sinistra)