Finalmente giunge un parere qualificato a spiegare come sta, di salute, l’Assicurazione Vecchiaia e Superstiti. È quello di Giuliano Bonoli, professore di politica sociale all’Università di Losanna (UNIL). “Se guardiamo all’AVS, – ha detto ai microfoni di
Modem, alla Rete Uno della RSI – quando le preoccupazioni per il finanziamento sono cominciate, una ventina di anni fa, sembrava qualcosa di insormontabile. Adesso, con le riforme che sono state adottate, è stata aumentata l’IVA due volte, sono aumentati i contributi e anche le donne hanno contribuito a salvare il budget dell’AVS, chiaramente. Con tutte queste riforme ci siamo quasi adesso, manca ancora qualcosina, fino al 2035 ci sarà ancora qualche problema ma, secondo me, sormontabile, e poi le cose diventano più facili. Perché una volta che tutti i
babyboomer saranno in pensione le coorti che arriveranno in pensione più tardi saranno più ridotte. Il problema grosso è tra adesso e il 2035. Ci siamo quasi, ma io mi fermerei qua a livello di riforme perché siamo vicini all’obiettivo”.
Bonoli chiarisce un punto fondamentale: dopo il 2035 la situazione dell’AVS migliorerà automaticamente. È un giudizio definitivo, decisamente in controtendenza rispetto a chi disegna prospettive catastrofiche. I soliti politici interessati a smantellare l’AVS e anche l’ Ufficio federale delle assicurazioni sociali, che in passato ha preso grossi granchi con previsioni sbagliate, e che ora recita quanto il Consiglio federale gli suggerisce.
Fra chi vuole smantellare ci sono i liberisti dell’UDC e i liberali che ormai sembrano aver perso la bussola e si accodano ai democentristi. Paolo Pamini è il portabandiera di questa compagnia e sentenzia: “L’AVS è una delle poche manifestazioni compiute di socialismo del nostro Paese”. Quindi: smantelliamola, cancelliamola, aboliamola!
Il professore dell’UNIL non sposa la proposta dell’Unione sindacale e non si spinge a sostenere la tredicesima. Afferma infatti che “mi fermerei qui” con le riforme. Però ammette che per portare l’AVS in acque sicure basta “qualcosina”. A questo punto è utile ricordare due cifre. Le riserve dell’AVS ammontano a 47 miliardi di franchi e nel 2030 sfioreranno i 70 miliardi. Il costo della tredicesima sarà di circa cinque miliardi l’anno, quindi le riserve potrebbero sostenere la spesa.
Poi si tratta di aumentare i contributi dello 0,4 per cento (per lavoratori e datori di lavoro). Un importo che per uno stipendio di cinquemila franchi sarebbe di venti franchi al mese. Oppure si può aumentare l’IVA “di qualcosina” e si garantisce la sicurezza finanziaria futura del primo pilastro. Piccole riforme introdotte senza traumi in passato, come ricorda Giuliano Bonoli. E anche, come dice Ruth Dreifuss, ex consigliera federale: “Amo l’AVS perché può essere riformata in modo semplice. I cambiamenti entrano in vigore immediatamente e i benefici sono subito visibili. Per tutti. Non è fantastico?”
L’AVS si fonda su un sistema contabilmente invidiabile: i soldi raccolti grazie ai contributi vengono riversati ai pensionati, senza spese intermedie e senza speculazioni, come invece avviene per le assicurazioni private del secondo pilastro.
Ricordiamo brevemente ai liberisti la storia del 2002, denunciata in Parlamento dal deputato cristiano sociale Hugo Fasel: negli anni Novanta gli assicuratori privati hanno realizzato profitti enormi – fino a 20 miliardi di franchi – non riversati ai pensionati. Ruth Dreifuss, ai tempi ministra, ha confermato ancora recentemente al giornalista Pietro Boschetti che c’è stata un’evasione di fondi “trattenuti come benefici dalle istituzioni che hanno fatto gli investimenti”, invece di andare ai lavoratori. Miliardi di franchi sottratti al secondo pilastro dei pensionati!
Se in una fase delicata, come da qui al 2035, fosse necessaria maggior liquidità, la Confederazione potrebbe intervenire, perché lo Stato sociale è una conquista che va salvaguardata. Per esempio, si può scegliere di sostenere la socialità piuttosto che l’esercito. I soldi ci sono, è una scelta politica.
Chi decide di dare i miliardi di franchi all’esercito (e alle ditte, soprattutto estere, che producono armamenti) dovrebbe almeno porsi un paio di domande: cosa ne hanno fatto i vertici militari negli ultimi anni della montagna di miliardi ricevuti se l’esercito non è aggiornato? A far di conto, come appena visto, non sono capaci…
Si interroghino, i parlamentari borghesi, sulle competenze del futuro generale Thomas Süssli e, perché no, sulla vigilanza di Viola Amherd! Ad ogni modo, come dice Süssli, in caso di guerra l’esercito resiste due settimane; l’AVS dura da 75 anni e garantisce per il futuro, come prescrive la Costituzione, “una previdenza sufficiente in materia di vecchiaia, superstiti e invalidità”.