Finlandia nella NATO, non è una bella notizia
Bruciante sconfitta per Putin, l’invasione dell’Ucraina allarga i confini dell’Alleanza euro-atlantica; e ne aumenta l’ossessione dell’accerchiamento e il timore che la Russia faccia la fine dell’Urss
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Bruciante sconfitta per Putin, l’invasione dell’Ucraina allarga i confini dell’Alleanza euro-atlantica; e ne aumenta l’ossessione dell’accerchiamento e il timore che la Russia faccia la fine dell’Urss
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Bruciante sconfitta per Putin, l’invasione dell’Ucraina allarga i confini dell’Alleanza euro-atlantica; e ne aumenta l’ossessione dell’accerchiamento e il timore che la Russia faccia la fine dell’Urss
Helsinki ha deciso di stracciare la polizza assicurativa degli ultimi settant’anni, chiedendo alla Nato di accoglierla nell’alleanza militare euro-atlantica a guida Usa; ora che, insomma, la Finlandia ha deciso la ‘de-finlandizzazione’ per garantirsi l’ombrello protettivo della Nato (articolo 5, tutti gli aderenti al club corrono in difesa di un alleato aggredito militarmente), ancor più possiamo vedere la misura del ribaltamento, la radicale fine di un paradigma, la pericolosa rottura dell’equilibrio fra Ovest e Russia che aveva retto persino durante gli anni della guerra fredda e della competizione fra i blocchi. Ricordando oltretutto che proprio Helsinki (grazie alla sua posizione di neutralità) ospitò a metà degli Anni Settanta la Conferenza sulla sicurezza, massima espressione di tentata e in parte fattiva distensione fra le due parti della churchilliana ‘cortina di ferro’.
La Finlandia che passa armi e bagagli e arsenali dalla parte della Nato, probabilmente seguita a ruota dalla Svezia, non può che esacerbare la sindrome dell’accerchiamento della Russia, tesi e colonna portante del pensiero (distorto) putiniano. In concreto, nelle giornate terse, da San Pietroburgo lo sguardo russo potrà ‘ammirare’ l’ulteriore avvicinamento del ‘nemico’ a quella che fu la capitale dell’impero zarista (e città nativa di Putin); la situazione di Kaliningrad, città di Kant oggi enclave russa e anticamente tedesca, stretta fra Polonia e Lituania, attracco di una parte vitale della flotta russa (anche nucleare), si rivela ancor più esplosiva; il Mar Baltico diventa un ‘mare atlantico’; e, ancor più, la concorrenza per il controllo dell’Artico, e delle sue vie di connessione, si sposta a favore di chi ha deciso che la guerra fra Kiev e Mariupol debba servire anche (soprattutto?) a indebolire fortemente l’impero euro-asiatico su cui Putin vuole ricostruire almeno parte di quello sovietico.
Sul piano politico-strategico, sconfitta bruciante per l’autocrate russo, che aveva dato per vera la profezia di Macron (novembre 2019, “la Nato è cerebralmente morta”), e che non ha calcolato quanto la sua distruttiva e sanguinaria aggressione contro Kiev avrebbe inquietato i neutrali paesi scandinavi, dose massiccia di paura, fuga dalla propria storica neutralità. Quindi, inquietudine e indignazione del Cremlino, che per l’ennesima volta, e forse oggi ancor più seriamente, torna ad agitare la minaccia nucleare.
Tutto questo proprio nel momento in cui una parte degli alleati europei, pur senza rinnegare l’aiuto anche militare a Zelensky (è l’impasse sul terreno del conflitto armato che ne può fare un interlocutore non ridotto alla resa totale), alzano lo sguardo, cercano di smarcarsi per quanto possibile dal partner statunitense, parlano di cessate il fuoco e pace, anche se per procedere bisogna essere in due, e le orecchie dello zar per ora non ci sentono, sigillate dal timore di non riuscire a raggiungere un trofeo sufficientemente accettabile per la nazionale a cui ha promesso glorie da trascorsi imperiali.
Quindi, la de-finlandizzazione non è affatto una buona notizia, per quello che nella sua sostanza storica significa. Ma nessuno può negare a Helsinki e Stoccolma il diritto di chiedere la protezione dello scudo della Nato. Non lo fareste anche voi, se nei panni di finlandesi e svedesi? Ma se la via maestra per porre fine alla tragedia passa, come passa, anche dalla necessità di ‘non umiliare Putin’ (parole del capo dell’Eliseo), allora l’Alleanza deve trovare la strada per evitare che le ultime candidature, e che l’ulteriore suo allargamento a nord-est, non piantino su quella strada un colossale, insuperabile cavallo di frisia sulla possibilità di salvare la faccia al nemico. Ipotesi: non negando l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato, e così garantendo loro la tempestiva applicazione dell’articolo 5 di mutua assistenza militare in caso di attacco alla propria integrità territoriale e indipendenza, ma impegnandosi a installare nei due paesi solo missili anti-missili difensivi, e comunque non nucleari. Impensabile? Eppure è già così per le strutture militari dell’Alleanza negli ex Stati satelliti, staccatisi dalle macerie dell’Urss, e confluiti nella Nato. Sempre che si voglia fare. E che al Cremlino si voglia capire.
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