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Il talk del martedi di Teleticino esibisce fotografie che tornano ad infiammare il dibattito sull’abbattimento dell’ex-Macello


Enrico Lombardi
Enrico Lombardi
I “documenti” dentro la Matrioska
• 6 Giugno 2022 – Enrico Lombardi

E ti pareva che, dulcis in fundo, non arrivasse la sentenza del domenicale dello zio Bill: quel posto era un “porcile”, abitato da “brozzoni” senza arte né parte (ma sostenuti dai “kompagnuzzi”) che non hanno nulla a che vedere con “la cultura dal basso” ma stavano lì solo per “far casotto”. Eh, certo, la comparsa improvvisa ( e chissà quanto provvida) di foto “leggendarie” scattate dalla polizia prima dello sgombero (e demolizione) del Molino mostrate durante la trasmissione “Matrioska” di Teleticino ha permesso a Marco Bazzi e Andrea Leoni, autori del programma, di presentare un “documento” inedito (forse) che mostra le condizioni di “degrado” in cui vivevano alcuni occupanti dello stabile.

Si annunciava come dibattito volto a ripercorrere gli eventi dell’autogestione a un anno dall’abbattimento di parte dello stabile per ragioni e decisioni che, è bene ricordarlo, sono tutt’ora oggetto di indagini, anche dopo la decisione del procuratore generale Pagani di procedere con il decreto d’abbandono. La puntata di “Matrioska” è diventata l’occasione non solo per proporre delle immagini che dovrebbero provare non si sa bene cosa in relazione all’accaduto, ma anche per fornire un assist di non poco conto a chi non vedeva l’ora di trovare qualche altra ragione che giustificasse quanto avvenuto e desse un’impropria legittimità alle reiterate, becere sparate contro gli autogestiti.

Nella fattispecie disordine e sporcizia (in alcuni locali, non in tutti, dell’ex-Macello) hanno consentito al Direttore del Corriere del Ticino Paride Pelli di scatenarsi in un editoriale senza mezze misure, con il ricorso ad una terminologia di nerboruta signorilità, per definire quelle immagini (proposte anche sul giornale e sul suo sito) come fonte di “ribrezzo”, un vero “pugno nello stomaco”, lo specchio di una situazione intollerabile che andava affrontata con fermezza.

I toni e gli argomenti dell’intervento del “Corriere” non sono certo passati inosservati ai più, cominciando dalla “Regione”, che vi ha dedicato un “fondo” (o “contraffondo”) di Lorenzo Erroi. Poi ci si è messo anche GAS, con un pezzo di Corrado Mordasini ed il “dibattito” è tornato acceso, rovente, proprio come piace tanto in Via Monte Boglia, dove oggi ritroviamo infine tutta la compiaciuta soddisfazione per la conferma delle proprie tesi (con la non trascurabile aggiunta di nuove patenti di “Oltreramina”, così, sventagliate e randomizzate).

Un copione collaudato, insomma, che ripropone meccanismi ed interpreti “classici”: il programma tv che deve innescare la “controversialità” e magari sguainare qualche documento a sorpresa e ad effetto; poi l’indignazione espressa, con toni più muscolosi del solito, da Paride Pelli, che non potevano non aver risposta e creare quel corto-circuito che piace tanto a Lorenzo Quadri, vero beneficiario del tutto. Forse.

Perché comunque, quella miccia, il primo “episodio” di questa ennesima telenovela, riproponendo il tema e soprattutto invitando, fra gli altri, la Municipale Karin Valenzano Rossi e l’ex-rettore dell’USI Boas Erez (in studio con i Consiglieri Comunali Filippo Zanetti, PS, e Andrea Sanvido, Lega) proprio nel momento in cui mostrava le foto su cui per mesi si è favoleggiato e che il programma aveva deciso di presentare, ha implicitamente detto anche altro.

Vale forse la pena di rinvenire quest’”altro” attraverso la lettura di una parte del dibattito, quella in cui appunto, vengono presentate le fotografie del “degrado” e del “ribrezzo”, che partono in coincidenza con un riferimento al podcast “Macerie” di Olmo Cerri (ospitato e pubblicato anche dal nostro sito). A partire dalle parole dei partecipanti alla discussione potrà poi forse apparire utile alla riflessione un’”Appendice” proposta in chiusura.


Da “Matrioska”, 31 maggio 2022

Legenda:
M.B. = Marco Bazzi
K.V.R. = Karin Valenzano Rossi
F.Z. = Filippo Zanetti
B.E. = Boas Erez
A.S. = Andrea Sanvido

M.B.: Tornando su Olmo Cerri, coordinatore del collettivo che ha creato il podcast a cui si riferiva prima Boas Erez [ n.d.r. “Macerie”], Cerri dice, sempre intervistato dalla “Regione”, che gli autonomi, i molinari, hanno sollevato delle questioni che non sono questioni che la politica affronta… la politica normale, diciamo, quella che conosciamo, come per esempio la questione degli equadoregni, o quella dei migranti nel bunker di Camorino: le abbiamo viste le fotografie del bunker di Camorino, abbiamo visto in che condizioni vivessero quelle persone: è davvero scandaloso. Però c’è poi, dall’altra parte, un documento che vi vogliamo mostrare… alcune fotografie (non sono tutte) di alcune parti degradate dell’ex-Macello, tanto per capire come vivevano [in primo piano cominciano a scorrere immagini]; secondo me non si può vivere in queste situazioni all’interno di uno stabile, per quanto occupato, insomma, no? Queste sono le famose fotografie di cui si parla da mesi, che la polizia ha scattato durante lo sgombero. Le abbiamo, e ve le mostriamo come documento; poi possiamo commentarle… scorrono lentamente… però evidentemente sono condizioni abitative che in un qualsiasi paese civile non verrebbero tollerate. [Rivolto a KVR] Lei queste foto le ha viste?

K.V.R: Sì, io ho visto le foto dello stato del Macello, certo, le ho viste.

M.B. E cosa ne pensa?

K.V.R.: Si commentano da sole, non penso che abbiano necessità di commenti particolari… non so se è questa la cultura o lo spazio per espressione giovanile che i cittadini di Lugano devono pagare.

M.B.: Beh, non è che tutti gli ambienti del Macello erano così, ma c’erano anche questi.

F.Z.: Ci sono anche appartamenti che…

M.B.: È vero, a me hanno ricordato, guardandole, quelle di Pregassona, dove c’è stato ad un certo punto l’intervento della polizia e c’era questa casa che era sostanzialmente in queste condizioni.

B.E.: Però non sono le condizioni che sono state evocate per motivare la distruzione.

K.V.R.: Ma no, non sono le ragioni…

B.E.: Infatti, quindi si possono tirar fuori per giustificare chissà cosa.

K.V.R.: No, assolutamente… io non le ho mai viste prima.

B.E.: …come ha sottolineato Bazzi, era una parte del Macello, e va bene, ok, uno può fare una foto, parziale, ma non si può riassumere la questione con quelle foto.

M.B.: No, no, ma infatti…

B.E.: Infatti, non so perché continuiamo a vedere queste foto… non dico che sono fuori tema completamente, ma non è…

M.B.: Le abbiamo lasciate in coda al programma perché comunque sono un documento.

B.E.: [rivolto a Bazzi]: C’è sempre una sola occasione per fare una prima buona impressione: passare delle foto così a fine trasmissione lascia comunque quell’idea, per chi già pensava in un certo modo, che, insomma, quella “non è gente come noi, guarda lì tutte le birre!”… è una vostra scelta editoriale.

M.B.: No, ma Erez, c’era anche questo però.

B.E.: C’era anche quello, d’accordo, ma come abbiamo detto, nel lavoro di Olmo Cerri, ci sono 12 puntate che raccontano come ci siano state feste, e una quantità di gente che ci è passata, perché bisogna anche dire che se questa esperienza è durata 20-25 anni non è semplicemente perché il Municipio lasciava fare, perché Giudici pensava che come formiche questi si sarebbero sparsi in città… no, da lì sono passate un sacco di persone, che poi magari sono diventante persone più “rispettabili”, se si vuole, ma c’è un sacco di gente che capiva l’interesse di queste cose qui… quindi c’erano momenti di festa, momenti di grande civiltà. E poi ci sono queste cose divertenti come il fatto che la polizia, quando fermava qualcuno di cui non sapeva cosa fare, lo portava lì.

K.V.R.: Questo non è vero.

B.E.: Non è vero?? Ci sono cose che non si possono ammettere, forse.

K.V.R.: No, non è vero, la polizia non ha mai portato nessuno al Macello per avere ricovero.

B.E.: Ma non ricovero, persone “ingestibili”, che non si sapeva gestire, e che al Macello sapevano gestire meglio di altri… perché magari gli assomigliavano di più, e vabbè, sono cose così.

M.B.: Non sapevano dove metterle e le portavano lì… Ma l’autorità politica ha il dovere o no di evitare che ci siano delle condizioni di vita di questo tipo, che a me, devo dire, appaiono inaccettabili? Insomma, l’autorità politica deve andare dentro e dire “qui mettiamo a posto, ci va un minimo d’igiene”, no?

F.Z.: Senza entrare in inutili tecnicismi giuridici, io ritengo, com’è già stato detto prima, che non sia particolarmente rilevante questo aspetto, perché si entra in una casa, per loro era una casa… io so com’è casa mia, so come tengo le mie cose… non credo che quello che stiamo vedendo in questo momento sia particolarmente rilevante per tutto quello che è il contesto.

M.B.: Infatti l’abbiamo passato in coda, è un documento… lo passiamo come documento…

F.Z.: E io sottoscrivo quello che ha già detto Erez. Quello che è rilevante, il punto principale è cosa debba fare la politica in generale. È chiaro che sono immagini forti ed io devo dire che farei fatica ad abitare in condizioni simili.

M.B.: [riferendosi all’immagini in primo piano]: Ecco questo per esempio è il tetto puntellato, che conferma quel che dice la polizia… allora, noi immaginiamo che queste foto non siano state scattate in modo “costruito”, pensiamo che quello che la polizia ha trovato sia quel che vediamo. Sono foto di cui si narra; io mi sono incuriosito.

B.E.: La storia bernese della “Reitschule” [il Centro Sociale di Berna, n.d.r.] è cominciata certo in maniera diversa, magari è cominciata meglio, però è cominciata con una votazione popolare relativa a un credito che, accettato, ha permesso alla municipalità di ristrutturare, il tetto in particolare. Quindi, voglio dire, non è che perché un tetto è da puntellare che bisogna semplicemente distruggerlo, e poi per sbaglio si distrugge tutto. Magari, quando ci si rende conto che è da puntellare ci si chiede: si potrebbe ristrutturare il tetto?

K.V.R.: Ma ci abbiamo provato, guardi che si è provato; con il Municipio precedente, quando ero ancora in Consiglio Comunale, è passato un messaggio legato ad un incendio sul tetto di un altro stabile e il Municipio aveva mandato i servizi per poter vedere lo stato dei tetti del Macello, per scongiurare possibili rischi, e i servizi non hanno potuto entrare, non è stato permesso loro di entrare.

B.E.: Ma non è possibile… di sicuro non sono persone armate, non ho visto in queste foto sacchetti di sabbia e fili spinati.

M.B.: [ironico] Pistole e mitra nascosti sotto i materassi.

B.E.: Insomma, ci sono stati dodici camion [di poliziotti, il giorno 29, nel pomeriggio n.d.r.] provenienti da tutta la Svizzera quando si è voluto bloccarli [gli autogestiti, n.d.r.], però non si riesce, o ci si proibisce di entrare “con la forza” per una verifica.

K.V.R.: Ma deve chiederlo a loro, non a noi.

B.E.: È un fallimento, bisogna mettersi d’accordo per dire che è stato un fallimento. Io dico che è una ferita che bisogna sanare, che bisogna guardare avanti, però, insomma… com’è possibile sostenere certe cose?

A.S.: Ma pensi, non si poteva proprio entrare, per la polizia era una zona franca.

B.E.: Ma com’è possibile che ci sia una zona franca?

A.S.: Allora, non potevi arrivare che ti lanciavano le bottiglie.

K.V.R.: Infatti, la popolazione è scandalizzata per il fatto che la polizia non entrasse.


Appendice

Qualche sintetica annotazione dopo la lettura:

  • Il “dibattito” continua a restare lo stesso, come se nulla fosse stato detto e avvenuto (fra cause esimenti e comunicazione claudicante) prima durante e dopo l’indagine della procura;
  • La trasmissione ha ottenuto quel che voleva: un bel dibattito acceso e soprattutto un serrato confronto fra la Municipale e l’ex-Rettore, che in almeno tre occasioni smentisce recisamente le affermazioni di Valenzano Rossi; la quale riesce addirittura, nel giro di meno di un minuto a smentire sé stessa: “ha visto le foto?” “Sì certo”; “servono per giustificare l’abbattimento?” “Ma io non le ho mai viste prima…” Come stupirsi che sia l’unica Municipale che il procuratore generale abbia voluto “risentire” nella fase finale dell’indagine?
  • Il programma ha giocato l’elemento sorpresa in chiusura, proponendo foto scattate dalla polizia, di cui si conosceva l’esistenza e che erano (e sono) in possesso dell’autore e conduttore, che le ha mostrate reiterando (ben cinque volte) il termine “documento” senza dire se lo si dovesse ritenere significativo per la discussione e la valutazione (politica) di quanto avvenuto; anzi, di fronte alle perplessità, Bazzi indietreggia, “no, è solo un documento”. Ma di cosa?

Diciamolo: a preoccupare, e molto, non è certo solo lo stato di “degrado” in cui potevano trovarsi alcuni spazi del Molino. Se il Macello è morto, anche la nostra politica ed il nostro il giornalismo non è che stiano proprio benissimo.

Nell’immagine: non volendo pubblicare le fotografie dell’ ex-Macello, ne abbiamo scelta una che non offenderà sicuramente i benpensanti. L’abbiamo trovata nell’annuncio, in lingua russa, di un’agenzia ticinese di immobili di lusso. La didascalia dice “Qualità ed eleganza ai massimi livelli – Magnifica villa con vista sul Lago di Lugano”






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