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I resistibili cedimenti a Big Pharma
Naufragi

I resistibili cedimenti a Big Pharma

Ultima della serie: le farmaceutiche produttrici dei vaccini anti Covid-19 possono bloccare la donazione o la vendita di dosi ad altri paesi


Aldo Sofia
Aldo Sofia
I resistibili cedimenti a Big Pharma
• 7 Giugno 2021 – Aldo Sofia
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Alcuni dati certi, fra i tanti poco affidabili sulla quantità dei vaccini finora inoculati o a disposizione (dati OMS): le nazioni ad alto reddito – che comprendono il 15% della popolazione mondiale – hanno ottenuto il 45% dei vaccini prodotti al mondo; invece gli abitanti dei paesi a basso reddito – che insieme contano circa la metà della popolazione del pianeta –  hanno beneficiato di appena il 17% delle dosi distribuite, di cui nemmeno il 2% per l’Africa. Un divario abissale. E’ quello che Pascal Lamy, economista francese, ex direttore generale dell’Organizzazione mondiale della salute – ha paventato come potenziale “apartheid vaccinale mondiale” fra Nord e Sud.

Eppure, sottolineava recentemente il Guardian, “mostrare una maggiore solidarietà è nell’interesse degli stessi paesi più ricchi. La maggiore trasmissibilità della variante indiana rischia di far saltare il piano per la riapertura nel Reno Unito. E altre varianti continueranno ad emergere finché ampie porzioni della popolazione mondiale risulteranno non vaccinate”. Ma al di là della propria salvaguardia sanitaria, aggiungeva il quotidiano inglese, “questa è soprattutto una questione morale, perché se i paesi poveri saranno abbandonati a sé stessi, milioni di persone potrebbero morire entro la fine di settembre”.

Per capirlo, non c’è bisogno di essere scienziati. E’ un’ovvietà, chiara anche ai cantori del libero mercato, che tutto dovrebbe affrontare e risolvere, formula magica con cui la narrazione politico-economico prevalente ha impacchettato ogni ragionamento, anche quando la storia dimostrava il contrario. Come nel caso di Covid 19, dove solo la mano pubblica ha potuto fronteggiare i disastri sociali ed economici della pandemia.

Perché, dunque, si sta producendo quella che appunto si profila come una micidiale e auto-lesionistica “apartheid vaccinale” a livello planetario? Una parziale e amara risposta la fornisce il giornale spagnolo El Pais, approfondendo e confermando una questione già sollevata mesi fa dal gruppo di ricercatori “Medicines Law and Policy”, team internazionale di esperti sull’accesso ai farmaci e ai vaccini, che aveva esaminato i contratti fra UE e ditte produttrici  del siero. Scoprendo scoperto che: 1. l’Unione Europea ha  fin qui prenotato in totale 4,4 miliardi di dosi per i propri cittadini 2. che se le forniture verranno rispettate ogni abitante dei 27 paeesi associati avrebbe a disposizione cinque cicli di vaccinazione completa; 3. che ce ne sarebbe abbastanza per immunizzare una parte consistente dell’umanità e dire davvero addio alla pandemia; 4. ma che i paesi europei non sono liberi di donare o rivendere le dosi avanzate ai paesi rimasti fuori dalla corsa al vaccino, perché, secondo i contratti firmati dall’UE,  le aziende produttrici dei vaccini possono porre il veto su ogni esportazione verso paesi extra-europei.

Riassumendo: vi sarebbero clausole confidenziali e segrete che autorizzano le donazioni o le rivendite dei vaccini a nazioni fuori Europa solo con il benestare delle case farmaceutiche. Le quali lo hanno preteso – ha confermato un anonimo rappresentante della Commissione europea – affinché le distribuzioni avvengano ovunque in sicurezza. Eppure è difficile non pensare che queste clausole offrano alle aziende un enorme potere di influenza sul mercato internazionale dei vaccini: un mercato che, per limitarsi a un solo esempio, pronostica in favore di Pfizer vendite per 26 miliardi di dollari per il 2021, e anche di più se l’azienda americana riuscisse a produrre ancora più fiale insieme all’associata  tedesca BioNTech. “Le aziende produttrici – ammonisce Andrea Capocci, dell’Università La Sapienza di Roma, in un articolo sul Manifesto – potranno dunque bloccare una donazione se questa confliggerà con le loro strategie commerciali, e determinare così una scarsità artificiale di dosi”. Quindi: “Lasciare che il virus si diffonda in paesi popolosi come l’India, il Brasile o il Sud Africa aumenta il rischio che si sviluppi una variante capace di aggirare i vaccini esistenti. Se ciò accadesse – ed è solo una questione di probabilità, perché il virus subisce in media due mutazioni al mese – i governi sarebbero costretti a una nuova ‘asta’ presso le multinazionali farmaceutiche per aggiudicarsi i richiami vaccinali: per l’umanità sarebbe un incubo, ma gli azionisti delle aziende interessate potrebbero pensarla diversamente”.

Ecco dunque un altro pericoloso paradosso di quanto concesso a Big Pharma dai governi contraenti. Presi dalla comprensibile preoccupazione di ottenere la pozione miracolosa – e a livello di scoperta scientifica e di tempistica la scienza il miracolo lo ha fatto -, ma prigionieri anche della mancanza di cooperazioni e di un’ideologia favorevole agli interessi delle farmaceutiche – i governi europei hanno finanziato con fondi pubblici la ricerca (almeno 10 miliardi di euro) e hanno concesso molto, se non tutto: la segretezza sui contratti, la decisione di modulare i prezzi a proprio piacimento, l’intoccabilità dei brevetti, e persino il controllo su donazioni e vendite da una nazione all’altra. Oltrettutto complicando il programma Covax, cioè l’accordo internazionale per favorire la consegna di vaccini a basso costo ai paesi meno sviluppati.

A proposito: è forse per questo che la Svizzera, dopo aver prenotato e non utilizzato oltre cinque milioni di dosi di Astra Zeneca (di cui rimane ignoto il prezzo pagato) non è riuscita a trasferirle o venderle, come Berna aveva ipotizzato in un primo momento?






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Aldo Sofia
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