I sommersi e i salvati
L’errore di Nicola Schönenberger nell’attacco alla municipale luganese socialista Zanini Barzaghi, e non solo: sempre legittima la critica, ma in altra sede e con analisi concrete
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L’errore di Nicola Schönenberger nell’attacco alla municipale luganese socialista Zanini Barzaghi, e non solo: sempre legittima la critica, ma in altra sede e con analisi concrete
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L’errore di Nicola Schönenberger nell’attacco alla municipale luganese socialista Zanini Barzaghi, e non solo: sempre legittima la critica, ma in altra sede e con analisi concrete
Ciò che mi colpisce nelle dichiarazioni di Schönenberger è il paradosso in cui cade quando le formula, consistente nel fare esattamente quello che dice che non andrebbe fatto. In filosofia del linguaggio si parla, in proposito, di contraddizione performativa, fra quel che si dice e quel che si fa dicendolo: come quando un parlante afferma di non fare nessuna affermazione, o dice in inglese di non saper alcuna parola di inglese, ecc. Schönenberger fa una cosa analoga: accusa i nuovi politici di cercare solo visibilità personale, vittime di narcisismo, invece di approfondire i dossier; e poi rivolge, dall’alto di una certamente non umbratile sicurezza di sé, le sue critiche soprattutto ai profili personali.
Per carità, si comprende bene lo sfondo di questa impostazione critica: i successi del populismo, il peso enorme dei nuovi media, la confusione fra eguaglianza di diritti e eguaglianza di meriti (“uno vale uno”), la crisi dei partiti quali selettori di classi dirigenti, e altro ancora, giustificano un’approfondita e preoccupata riflessione sul livello complessivo dell’attuale ceto politico; ma non giustificano che la critica politica si trasformi nell’elaborazione di pagelle stilate in base alle presunte capacità dei singoli.
Questo atteggiamento è un ulteriore sintomo di crisi della politica: il fatto che alle sue categorie specifiche (giustizia, diritti e doveri, destre e sinistra, libertà e eguaglianza, interessi collettivi, conflitti e rapporti di forza, strategia e tattica, ecc.) si sostituisca, anche nel dibattito pubblico, quella del merito, della mera competenza, è una forma di esproprio della dimensione politica. L’importanza di questi ultimi aspetti è fuori discussione, ma si tratta di presupposti, condizioni necessarie e non sufficienti dell’attività politica, non il suo cuore. Per questo, in passato, di questi temi si parlava soprattutto all’interno delle organizzazioni politiche, non nel confronto pubblico.
Certo, come dicevo, le cose sono cambiate con la decadenza generale del ceto politico, che ha fatto della sua selezione e formazione un problema esso stesso politico. Ma non esageriamo! Esistono ancora le differenti visioni politiche a giocare un ruolo decisivo nelle scelte. Di queste si dovrebbe discutere. È vero, fra i meriti di Macron, che non lo rende a tutti simpatico, vi è la maggior competenza rispetto alla sua rivale Le Pen, ma non è certo solo o soprattutto questa la ragione per preferire un europeista liberal-democratico ad una nazionalista xenofoba appena un po’ ripulita.
Tornando all’intervista di Schönenberger e per non restare nel vago, mi riferisco, in particolare, al giudizio sulla municipale socialista. Invece di limitarsi ad affermare, legittimamente dal suo punto di vista, di non condividere la linea politica di Cristina Zanini Barzaghi, non “rappresentativa della sinistra”, argomentando la sua tesi, egli impugna la penna rossa e sostiene che la municipale “non è all’altezza”, come non lo sono i suoi probabili successori più giovani, o quelli degli altri partiti. Dal confronto politico si passa alla discussione da scrutinio in una riunione fra severi docenti che devono assegnare i voti e bocciano quasi tutti. Ma se ciò che fa la municipale in questione fosse il risultato di una sua consapevole valutazione strategica o tattica, condivisibile o meno che sia, e non di incapacità? Porre la questione in questi termini, cioè in termini politici, non aiuterebbe di più la sinistra luganese ad affrontare i suoi seri problemi? Non ci siamo proprio. Speriamo che dopo il “diluvio” che seguirà la partenza di Schönenberger (“après moi…”), non vi siano solo sommersi, ma anche qualche salvato. Un’arca cercasi. E possibilmente anche un Noè.
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