I bambini di strada di Nairobi
Cronache da marciapiede, fra violenza e povertà estreme, per giovani che non possono crescere
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Cronache da marciapiede, fra violenza e povertà estreme, per giovani che non possono crescere
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Cronache da marciapiede, fra violenza e povertà estreme, per giovani che non possono crescere
Si muovono a gruppetti nelle zone più affollate di molte città africane. Elemosinano qualche spicciolo per poi buttarsi in un angolo a stordirsi di colla o carburante per aerei. Vestiti di niente, spesso sporchi e costantemente sotto l’effetto di droghe. Sempre pronti a estorcere denaro o un qualsiasi favore. Vivono di espedienti, accattonaggio, piccoli furti, prostituzione. Meglio star loro alla larga, soprattutto quando cala il sole. Sono i bambini di strada del Kenya, giovani che, forzati da povertà estrema, violenza domestica o semplicemente fame, si gettano per strada e rischiano di rimanerci fino all’età adulta. I più grandi sono adolescenti, i più piccoli hanno età comprese nelle dita di una mano.
Secondo l’Unicef sono circa 300 mila, la metà dei quali, vive a Nairobi.
Nairobi è considerata una delle migliori città africane in quanto a sviluppo urbano. I numerosi fenomeni di disagio sociale, però, assumono ancora dimensioni enormi. La povertà rimane un dato di fatto per molti dei suoi abitanti. Decine di migliaia di famiglie riescono a malapena a sopravvivere. Tra il mondo dei ricchi e quello dei poveri, vi è un vero e proprio abisso. Il 10% più ricco della popolazione matura il 45,2% del reddito, mentre al 10% più povero spetta solamente l’1,6%.
Nairobi è forse la città in cui si palesano più esplicitamente le contraddizioni del mondo intero. Percorrendone le strade ed i vicoli, un giorno dopo l’altro, fra l’alba, il tramonto ed il buio della notte, non si può non constatare, ad ogni momento, come i quartieri più esclusivi convivano, appena discosti, con le baraccopoli più degradate. È qui che vive il 60% della popolazione del Kenya. Due milioni e mezzo di persone, per la maggior parte bambini, vivono ammassate in baracche di qualche metro quadrato.
Le baraccopoli sono luoghi infernali, segnati dalla miseria, dalla droga e dalla violenza. Sono luoghi dove l’accesso all’acqua, all’elettricità e ad altre infrastrutture e servizi che noi diamo per scontati sono chimere inarrivabili. I canali di scolo a cielo aperto, al contrario, sono una realtà pestilenziale, fonti di infezioni e malattie.
Le baraccopoli sono l’emblema della povertà assoluta. Quella che rende gli ultimi sulla terra condannati dentro la prigione della privazione e dell’esclusione. Non deve dunque sorprendere se i giovani intravedono nella vita di strada un’alternativa alla sofferenza e alla miseria quotidiana.
James è uno di loro. Con i suoi diciassette anni è già un veterano della città. Senza parenti né altro riferimento famigliare, per lui la strada è diventata presto la casa. Il sopruso e la violenza, i suoi coinquilini.
Violenza, abusi sessuali, prostituzione e crimine. Questa la quotidianità di chi vive in strada. Spaccio e droga. Una parte intrinseca della loro vita.
James ha iniziato ad assumere sostanze stupefacenti quando era ancora un bambino. A Nairobi, le più consumate sono la marijuana, la colla – la stessa utilizzata dai calzolai – e il carburante per aerei. Quest’ultime assunte per inalazione.
La colla è inalata direttamente dalla bottiglietta di plastica nella quale è conservata. I bambini usano i loro denti per tenere il collo della bottiglia in direzione del loro naso e inalano durante l’intera giornata. Il carburante, sempre conservato all’interno di una bottiglia, viene versato su un panno e da qui inalato. Chi ne fa uso quotidiano è facilmente identificabili dai palmi delle mani bruciati, esito del contatto continuo della pelle con le stoffe imbevute di petrolio.
«In strada, devi iniziare a drogarti, per forza. Da un giorno all’altro, ti ritrovi senza nulla. Non hai più un posto al sicuro dove dormire né tantomeno cibo per mangiare», afferma James.
I bambini di strada fanno uso di sostanze psicotrope per non sentire la fame, il freddo e i morsi degli insetti. Le droghe sono usate per anestetizzare il dolore fisico o emotivo inferto loro dagli abusi cui sono costantemente sottoposti.
«In strada può succedere di tutto “ racconta ancora James. “Non puoi dormire in strada se sei sobrio».
Sotto l’effetto di droghe, i ragazzi si sentono meno vulnerabili e sperimentano euforia e stati alterati di coscienza. Ciò li porta però anche ad essere violenti e a commettere ogni genere di azione, talvolta necessaria per sopravvivere.
Come gli altri bambini di strada, James svolge varie attività per racimolare denaro: la vendita ambulante, il lavaggio di automobili, e poi magari lucida le scarpe dei passanti, oppure raccoglie materiali da riciclo – quali plastica e metallo – secondo una pratica piuttosto diffusa tra gli street dwellers.
«Alle volte provo a fare l’elemosina ma, non essendo più un bambino, la risposta più gentile che possa ottenere è di sentirmi urlare “ragazzo, vai a lavorare!”», spiega James.
Crescere diventa per James, come per i tanti bambini e ragazzi come lui, un ulteriore e micidiale problema. Con l’avanzare dell’età si riduce proporzionalmente il loro potenziale di guadagno. Di riflesso, aumenta il rischio di un loro coinvolgimento in attività illecite.
Nessuno li aiuta. E loro, in un modo o nell’altro, i soldi li devono raccattare. È così che un portafogli dimenticato in macchina, un passante con un braccialetto troppo in vista, uno straniero con la tasca posteriore dei pantaloni gonfia diventano la loro facile preda.
Anche James, quando non riesce a guadagnare abbastanza denaro – e succede spesso – ruba, aggredisce, rapina.
È una violenza che spaventa e impressiona, soprattutto quando a ricorrervi sono i più piccoli. È così che i bambini di strada sono trasformati da giovani uomini in bestie. Da minori da proteggere a parassiti da sterminare.
Frequenti sono perciò i rastrellamenti di giovani di strada da parte delle forze dell’ordine. E, non è raro, specialmente nelle grandi città, che la polizia ne uccida qualcuno. Tanto non ci sarà nessuno l’indomani, fuori dalla porta, a chiedere di lui. La stessa comunità guarda questi bambini come pezzenti e criminali. Quando la polizia li prende e li picchia, la gente benedice i poliziotti. I bambini di strada sono vittime indifese di violenze brutali, sfruttamento sessuale, atti di trascuratezza, maltrattamento e violazione dei diritti umani.
Violazioni e violenza che vivono sulla loro pelle e che diventano la loro unica realtà, il solo linguaggio che conoscono e che poi, a loro volta, mettono in pratica.
La brutalità dei gruppi di strada non è altro, in fondo, che il frutto di un sistema che alla giustizia antepone la forza e che sa affrontare la rabbia e la frustrazione soltanto con il pugno di ferro.
Ma in questo modo si perpetua un meccanismo infernale di povertà e violenza che certamente non permette di venire a capo delle ragioni che seminano tanta insicurezza nei paesi subsahariani.
Roberta Bernasconi è stata volontaria in Africa per parecchi mesi
Nall’immagine: ragazzi di strada di Nairobi (fotografia di Doreen Ajiambo)
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