Questa volta, con ogni probabilità, non ci sarà nemmeno bisogno di andare a votare. La cosiddetta “imposta sul tonnellaggio” è stata bocciata dalla maggioranza della Commissione economia e tributi del Consiglio degli Stati (CET-S), che inviterà quindi i senatori a respingere la proposta nella prossima sessione primaverile. Svanisce così un vecchio sogno degli armatori, promotori dietro le quinte di questa proposta che avrebbe permesso ai giganti del commercio marittimo e delle materie prime di farsi tassare in funzione del tonnellaggio delle proprie navi e non in funzione degli utili. In soldoni sarebbe stata una vera e propria sanatoria fiscale per i giganti del settore che, negli ultimi anni, hanno realizzato profitti miliardari.
Il denaro risparmiato dalle varie MSC, Trafigura, Vitol e compagnia bella avrebbe comportato delle perdite significative per le casse pubbliche. Di quanto, esattamente, non si sa. Lo stesso Consiglio federale nel suo messaggio – approvato dal Consiglio nazionale nel dicembre 2022 – di dati economici non ne dava: «Le ripercussioni finanziarie dell’imposta sul tonnellaggio non possono essere stimate in modo affidabile per la carenza di dati statistici», si legge nel documento. Un dettaglio mancante non da poco. È proprio (anche) per la mancanza di dati finanziari precisi che la CET-S aveva chiesto più tempo e più informazioni per valutare il dossier. Non si sa ora quali siano i nuovi dati arrivati dall’amministrazione federale. Certo è che la maggioranza della commissione ha bocciato (7 a 4 con 2 astenuti) questa proposta perché «è difficile quantificare i vantaggi e gli svantaggi» e perché «il rischio di perdita di entrate è troppo alto, vista la difficile situazione finanziaria della Confederazione».
La concomitanza con i nuovi tagli chiesti a tutti i settori (escluso l’esercito) dalla ministra delle finanze Karin Keller Sutter, volti a colmare il deficit di finanziamento della Confederazione, ha forse spinto alcuni senatori ad una maggiore prudenza. Di sicuro non ha giovato al progetto nemmeno il preannunciato referendum da parte della sinistra: dall’eliminazione della tassa di bollo (2022) e dell’imposta preventiva (2022), passando per la terza riforma sulla fiscalità delle imprese (2017), le votazioni in ambito fiscale negli ultimi anni hanno spesso visto primeggiare il fronte progressista. Probabile che anche in questo caso il popolo svizzero avrebbe scelto di non favorire, in un contesto di vacche magre, chi dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina è uscito gonfiato d’oro.
Proprio alla luce di questa tendenza politica appare ancor più incomprensibile la volontà del Consiglio federale, e in particolare dell’allora ministro delle finanze Ueli Maurer, d’incaponirsi nel portare avanti tale proposta. Incomprensibile fino ad un certo punto. Dietro questa manovra vi è infatti la lunga mano degli armatori, come dimostrato dal sito investigativo Reflekt. Sulla base di decine di documenti dell’amministrazione federale, ottenuti tramite la legge sulla trasparenza, la testata svizzero tedesca ha spiegato come dietro a questo progetto vi sia la più grande società di navigazione marittima del globo: la MSC di Ginevra, un colosso che nel 2022 ha realizzato 36,6 miliardi di franchi di utili. Per il tramite dell’associazione di categoria Swiss Shipowners Association, il gruppo ha a lungo comunicato con l’amministrazione fiscale. Inoltre, Gianluigi Aponte, fondatore e proprietario di MSC, si è incontrato nella primavera del 2020 con Ueli Maurer. Poco dopo il rendez-vous, l’idea di creare la tassa di tonnellaggio ha preso una strana accelerata.
La Svizzera, come chiesto ad esempio dall’esperto Mark Pieth, avrebbe potuto utilizzare la promozione di questo vantaggio fiscale per intervenire perlomeno a livello normativo e imporre condizioni alle imprese, ad esempio in materia di diritto del lavoro o di norme ambientali. Il settore della navigazione marittima è in effetti tra i più inquinanti. Il timone che guidava il progetto di legge, l’Amministrazione federale delle contribuzioni, ha preso però un’altra rotta. Gli armatori, MSC in testa, hanno respinto la proposta di correlare la tassa di tonnellaggio alle navi battenti bandiera svizzera o di uno Stato dell’UE. Un’opposizione non sorprendente: le imbarcazioni di questi colossi solcano i mari con bandiere di comodo, per lo più panamensi o liberiane. Ciò che permette loro di non sottostare alle normative europee sul lavoro, e di avere meno obblighi ambientali. Come dimostrato da Reflekt, su pressione della lobby degli armatori, l’amministrazione fiscale ha poi abbandonato qualsiasi tipo di obbligazione. L’opera di sobillazione dei giganti dei mari non è però bastata: a meno di clamorose sorprese, agli armatori, Gianluigi Aponte in testa, non resta quindi che tirare i remi in barca.
Nell’immagine: da Reflekt Ueli Maurer e Gianluigi Aponte