Insegnanti qualificati. In Ticino nessun problema?
Con l’imminente inizio di un nuovo anno scolastico, ritornano, sempre più urgenti, alcune questioni cruciali legate alla formazione ed al ruolo degli insegnanti - Di Fabio Camponovo
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Con l’imminente inizio di un nuovo anno scolastico, ritornano, sempre più urgenti, alcune questioni cruciali legate alla formazione ed al ruolo degli insegnanti - Di Fabio Camponovo
• – Redazione
Ha senso parlare di un Piano analogo a quello che aiutò l'Europa a uscire da due guerre mondiali in relazione all'Ucraina?
• – Redazione
Ancora si contano malati e morti, e ancora sotto accusa il manager svizzero Stephan Schmidheiny, per un decennio amministratore delegato di Eternit
• – Redazione
Con il ritorno al potere dei talebani l’Afghanistan continua la sua discesa verso l’inferno
• – Redazione
In Svizzera si riaccende il dibattito sul principio ed il concetto di neutralità, che ora si vorrebbe “integrale”; ma in realtà, nella storia del nostro Paese di neutralità integrale non c’è traccia
• – Rocco Bianchi
L’accoltellamento di Rushdie e quei versetti femministi che l’Islam ha cancellato
• – Redazione
Sul documento dell’MPS prontamente rigettato dal PS, le alleanze possibili e impossibili, il ruolo dei Verdi ed un’idea di “area di sinistra” - Di Danilo Baratti
• – Redazione
Rifiutano i versamenti a favore di ONG che sostengono la popolazione dell'isola per paura di eventuali sanzioni americane
• – Redazione
La testimonianza di Helga Pirogova, la politica russa costretta a fuggire dal paese per aver sostenuto l’Ucraina
• – Redazione
Nel caldo dei «beach party» vien da pensare all’uso delle spiagge e anche delle parole
• – Enrico Lombardi
Con l’imminente inizio di un nuovo anno scolastico, ritornano, sempre più urgenti, alcune questioni cruciali legate alla formazione ed al ruolo degli insegnanti - Di Fabio Camponovo
La presidente della Federazione dei docenti svizzero tedeschi (LHC) Dagmar Rössler ha portato l’attenzione sulla scarsità di risorse che i Cantoni svizzeri mettono a disposizione della scuola, sul crescente fenomeno del burnout degli insegnanti, sulla moltiplicazione dei tempi parziali fra chi assume compiti educativi e infine sul fabbisogno non sempre soddisfatto di docenti adeguatamente formati. “Il nuovo anno scolastico inizia con un ulteriore aumento della penuria di personale qualificato, una situazione più o meno grave a dipendenza delle regioni” ha dichiarato Rössler, coadiuvata in questo grido d’allarme dal presidente del Sindacato degli insegnanti romandi (SER) David Rey e dai rappresentanti di altre organizzazioni della scuola.
Questa legittima preoccupazione (nel canton Berna, per fare un solo esempio, un maestro su dieci non sarebbe sufficientemente qualificato) ha finito per agitare anche le mai tranquille acque della scuola ticinese. Tanto che i servizi della RSI (Seidisera e Telegiornale dell’8 agosto scorso) sono stati immediatamente seguiti da una messa a punto del DECS per bocca della responsabile della Sezione dell’insegnamento medio, prof.ssa Tiziana Zaninelli, la quale ha precisato come grazie a una serie di misure adottate in collaborazione con il DFA/SUPSI la carenza di docenti in Ticino non si avverta; e il giorno dopo (9 agosto), evidentemente non convinto, il deputato UDF/UDC Edo Pellegrini inoltrava un’interpellanza al Consiglio di Stato chiedendo lumi sulle attuali difficoltà di reclutamento di docenti con titoli e formazione adeguata nella scuola media.
La questione, come appare evidente, non è di poco conto. Basterebbe ricordare da un lato la cronica penuria, nella scuola media ticinese, di insegnanti di matematica e di tedesco in possesso di titoli accademici specifici (bachelor o master) e notare, dall’altro, come sono proprio queste due materie quelle interessate dai progetti di superamento dei famigerati corsi a differenziazione curricolare (corsi A e B). Quando si parla di fabbisogno di insegnanti qualificati di fatto si tocca dunque un nervo scoperto e la posta in gioco per il Ticino non sembra affatto trascurabile malgrado le parole, che si volevano tranquillizzanti, di Tiziana Zaninelli: parole che senza dubbio basteranno per imbastire una risposta all’interpellanza di Pellegrini (formalmente è tutto in regola!), ma che sembrano essere state dettate appunto più dalla volontà di rassicurare che dalla disponibilità ad affrontare un problema serio, non frutto di contingenza bensì spia più generale di un fenomeno complesso.
Ma procediamo con ordine. Proprio sulle dichiarazioni della responsabile della SIM vale la pena soffermarsi. Nel suo intervento Zaninelli ammette che più volte in passato il Dipartimento ha lamentato la difficoltà di reperire docenti preparati di matematica e tedesco (in verità anche in altre materie e anche in altri settori), ma precisa innanzitutto che per il prossimo anno “sono state coperte tutte le ore” (e ci mancherebbe altro!) e che “grazie all’ottima collaborazione con il DFA/SUPSI è stato creato un corso per docenti di tedesco, frequentato soprattutto da signore laureate (sic!) … che hanno potuto recuperare i loro crediti in lingua e letteratura tedesca … e che a partire da questo anno entreranno nella scuola media”. Ciò significa – almeno pare di capire – che per sopperire alla mancanza di docenti con titoli di studio universitari specifici si è fatto ricorso a corsi integrativi organizzati dalla SUPSI e inoltre, come aggiunge ancora la stessa Zaninelli, che per coprire il fabbisogno “ci aiuta tanto il fatto di potere impiegare dei docenti ancora in formazione… che possono avere fino a 14 ore d’insegnamento”.
Insomma si direbbe che la situazione in Ticino non sia poi tanto dissimile da quella che lamentano i colleghi d’Oltralpe. Saranno forse diverse le proporzioni numeriche, ma nella sostanza (l’evoluzione storica della figura professionale dell’insegnante e la scarsa attrattiva che ne consegue) il problema è ben presente anche alle nostre latitudini.
Detto questo, è ovvio che la questione può essere affrontata anche in modo pragmatico, con interventi puntuali, cercando di mettere delle toppe dove è necessario, chiudendo un occhio sulla preparazione accademica, reperendo dei candidati ad hoc, immaginando che la preparazione pedagogico-didattica possa sopperire in qualche misura alle specificità degli approfondimenti epistemologici. Ma occorrerebbe evitare, se possibile, l’ingrato ruolo descritto nel famoso proverbio “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. Fuor di metafora il significato è chiaro: non bisogna fermarsi alla superficie delle cose, degli eventi, ma coglierne la profondità. E la profondità in questo caso è la qualità scientifica e culturale dell’impegno pedagogico!
Quel che sorprende (e non certo da oggi) è la difficoltà del nostro Dipartimento a entrare in materia su questo tema specifico aprendo a un confronto riflessivo. Colpisce la fretta con la quale ci si smarca, quella con cui si cerca di negare non solo l’esistenza di un problema, ma persino la natura del problema stesso. E questo quando il tema della professionalità docente rientra a pieno titolo in un discorso molto più ampio che investe le trasformazioni vissute dalla scuola nei decenni a cavallo del secondo millennio. Davvero si fa fatica a capire questa refrattarietà e perché mai non si possa ammettere (non sarebbe affatto un disonore!) che il mestiere dell’insegnante ha conosciuto nel corso dei decenni un’involuzione importante, perdendo gran parte di quella riconoscibilità civile e culturale che lo contraddistingueva, soffrendo di una perdita di prestigio che oggi è sociologicamente acclarata. Il dibattito sulla professionalità dell’insegnante (e dunque anche sulle condizioni della sua formazione e qualificazione) dovrebbe essere ben presente, se non addirittura centrale, nella gestione responsabile della scuola del futuro prossimo.
Certo, si potrebbe dire che proprio per questo sono stati creati degli istituti di formazione degli insegnanti (come il DFA/SUPSI per l’appunto). Ma questi istituti sono stati concepiti come luoghi di formazione e di cultura pedagogico-didattica, non per assumere responsabilità palliative in caso di assenza di profili accademici specifici. Anche perché un conto è affrontare una contingenza particolare, altro è accreditarsi come proponenti di corsi integrativi di natura scientifica. A meno che non si intenda generare un equivoco pernicioso, già alimentato tempo fa dal direttore del DFA, professor Alberto Piatti, il quale affermava che “L’idea per cui sia il matematico a insegnare la matematica, il geografo la geografia, non risponde alla realtà delle cose” (Corriere del Ticino, 9.12.21): ergo basterebbero dei corsi integrativi di natura disciplinare, purché associati a una formazione pedagogico-didattica di qualità, per diventare buoni insegnanti.
Ecco, proprio di questo varrebbe la pena discutere, perché forse mai come oggi, in tempi di consumo frammentario e immemore di beni materiali e immateriali, è fondamentale poter costruire una scuola che si appoggi a persone che hanno coltivato per sé (prima ancora che per l’insegnamento) il valore epistemico di una disciplina di studio. Solo questa condizione infatti potrà garantire loro, quando opportunamente declinata in termini pedagogici, la credibilità necessaria per essere riconosciute autorevoli agli occhi degli allievi.
Fra un docente che seguendo la sua passione ha portato a termine gli studi accademici e uno che tramite corsi integrativi ha totalizzato formalmente il numero minimo di crediti disciplinari stabiliti per legge c’è, e ci sarà sempre, una certa differenza.
Gli uni sono quelli che si sono prima appassionati a una disciplina di studio (vi hanno trovato senso e passione, portando avanti lo studio fino al titolo accademico) e successivamente hanno fatto la scelta consapevole dell’insegnamento (trovando in questo la possibilità di condividere didatticamente con gli studenti la passione dello studio che è stata la propria). Gli altri sono coloro che, spinti dalla possibilità di diventare insegnanti (di assumere professionalmente il ruolo di insegnante), hanno integrato la loro formazione accreditandosi sul piano disciplinare (recuperando cioè una porzione di materia finalizzata ai compiti d’insegnamento).
Sarà meglio, per lo studente, incontrare nel proprio percorso di studi i primi o i secondi? Sarà preferibile, per la credibilità culturale della scuola, affidarsi ai primi o ai secondi?
Dannose divisioni e polemiche fuori luogo, eterno vizio della sinistra - Di Aurelio Sargenti
Una conferenza sul clima dagli esiti equivoci e preoccupanti: ad organizzarla, a Dubai, vi è stato chi è riuscito addirittura a negare le teorie scientifiche ormai condivise in...