Le banche svizzere impediscono gli aiuti umanitari a Cuba
Rifiutano i versamenti a favore di ONG che sostengono la popolazione dell'isola per paura di eventuali sanzioni americane
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Rifiutano i versamenti a favore di ONG che sostengono la popolazione dell'isola per paura di eventuali sanzioni americane
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Rifiutano i versamenti a favore di ONG che sostengono la popolazione dell'isola per paura di eventuali sanzioni americane
Numerose banche svizzere bloccano sistematicamente i versamenti in franchi svizzeri all’interno della Svizzera se la parola “Cuba” compare nel nome del donatore o del destinatario. I pagamenti non vengono trasferiti o accettati. MediCuba-Suisse e l’Associazione Svizzera-Cuba sono direttamente colpite da questa pratica, soprattutto nel caso di donazioni o quote associative, ma anche nel caso, ad esempio, di pagamenti (sempre all’interno della Svizzera) per attrezzature mediche o medicinali.
La banca cantonale di Basilea (BKB) e la sua filiale Cler, così come Crédit Suisse e UBS, giustificano la loro pratica discriminatoria con i presunti rischi legali e di reputazione che deriverebbero dall’inosservanza delle normative statunitensi sulle sanzioni contro Cuba. La FINMA non commenta la sostanza di questi presunti rischi, ma si rifiuta di intervenire sostenendo che spetta alle banche decidere con chi vogliono fare affari e con chi no. Inoltre, ha dichiarato di poter intervenire solo se una banca sta assumendo troppi rischi, e non se una banca sta erroneamente sovrastimando i rischi e quindi rinuncia ad un’area di business.
Il fatto è che il rischio legale invocato dalle banche non esiste. Nessuna delle sanzioni statunitensi riguarda i versamenti effettuati in altri Paesi, che avvengono nelle valute locali di quegli Stati. In altre parole, non ci sono sanzioni che si applicano ai trasferimenti in Svizzera in franchi svizzeri. Inoltre le sanzioni statunitensi attualmente in vigore non si applicano ai progetti di sostegno nei settori della sanità e dell’istruzione. Questa situazione giuridica è stata verificata in dettaglio in una perizia di Robert L. Muse del 14 luglio 2020.
“Il Consiglio federale ritiene problematico che i versamenti a scopo umanitario non vengano accettati sulla base di una legislazione straniera. L’Amministrazione federale si sta quindi impegnando in questo settore per trovare soluzioni insieme alle istituzioni finanziarie e alle autorità estere competenti.”
Risposta del Consiglio federale all’interpellanza Carobbio del 2014
Non è nemmeno vero che la BKB e la Banca Cler sono libere di decidere con chi vogliono fare affari e con chi no. Ai sensi del §4 della legge sulla BKB, la Basler Kantonalbank è “principalmente attiva nella regione di Basilea”. L’attività commerciale nel resto della Svizzera e all’estero è consentita solo nella misura in cui “il soddisfacimento del fabbisogno di denaro e di capitale nel Cantone non sia in tal modo compromesso”. Ai sensi del §5 della legge sulla BKB, lo stesso vale anche per le società controllate dalla Basler Kantonalbank, ad esempio la Banca Cler. Per questo il Gran Consiglio di Basilea ha approvato una mozione che chiede il ripristino di una situazione conforme alla legge. Ma senza successo.
Anche un primo sguardo alla situazione giuridica reale mostra che il rischio legale di cui parlano le banche svizzere non esiste. Il governo degli Stati Uniti non impone loro nemmeno di non effettuare i pagamenti in questione. Anche il presunto rischio di reputazione non esiste. Tale rischio deriva piuttosto dalla condotta commerciale discriminatoria delle banche, in quanto le sanzioni statunitensi decretate contro la Repubblica di Cuba sono contrarie al diritto internazionale. Lo dimostra la regolare condanna di queste sanzioni da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Anche la Svizzera fa parte della stragrande maggioranza di Stati che, anno dopo anno, chiedono la fine immediata della guerra economica degli Stati Uniti contro Cuba, contraria al diritto internazionale.
Il fatto che queste misure siano contrarie al diritto internazionale è chiarito anche da uno studio di Susan Emmenegger, docente di diritto bancario all’Università di Berna (Arizona Journal of International & Comparative Law, 2016).
L’ex procuratore federale Lienhard Ochsner, in un articolo apparso sulla NZZ del 30 giugno 2021, ha sottolineato che l’inazione della Svizzera equivale a una silenziosa rinuncia alla sovranità. Sarebbe infatti compito di uno Stato sovrano proteggere i propri cittadini e le proprie imprese dall’ingerenza e dal giudizio di tribunali stranieri. La stessa cosa è stata detta dall’esperto di diritto internazionale Alfred de Zayas nel maggio 2020.
Che ciò sia possibile è dimostrato dal “Regolamento 2271/96/CE sulla protezione dagli effetti degli atti giuridici adottati da un Paese terzo” e dalle “misure basate su di essi o da essi derivanti”, adottato dall’UE il 22 novembre 1996. Queste disposizioni vietano il riconoscimento e l’applicazione di atti giuridici di Stati stranieri basati su disposizioni sanzionatorie che l’UE ha dichiarato contrarie al diritto internazionale. Questo regolamento si applica esplicitamente anche alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro la Repubblica di Cuba.
Willi Egloff
Com’è possibile che grandi banche come il Credit Suisse, ad esempio, possano rovinare interi paesi come il Mozambico attraverso crediti discutibili per miliardi (aggirando la tanto decantata compliance interna) ma allo stesso tempo rintraccino meticolosamente anche i più piccoli versamenti in Svizzera, rifiutandoli e bloccandoli?
Questi versamenti non sono destinati all’estero, ma vengono effettuati da un conto privato svizzero a un conto bancario in Svizzera. O, ancora più chiaramente, da donatori svizzeri a organizzazioni umanitarie come mediCuba-Suisse, o a organizzazioni di solidarietà attive nel campo dell’istruzione, come l’Associazione Svizzera-Cuba. Entrambe sono organizzazioni pienamente legali in Svizzera, le cui attività nei settori della sanità, dell’istruzione e del sostegno umanitario sono apertamente dichiarate. Nel caso di mediCuba-Suisse, poi, sono anche sostenute dalla Direzione federale dello Sviluppo e della Cooperazione (DSC).
Ciò solleva numerosi interrogativi. Ma gli organi responsabili del settore bancario, come l’ombudsman delle banche, la FINMA, gli amministratori delegati della BKB (la banca cantonale di Basilea), o della banca Cler, o il Consiglio delle banche, tacciono anche quando sono direttamente interpellati. Lo stesso vale per la politica cantonale e federale. Anche i media svizzeri si occupano dell’argomento solo sporadicamente.
Queste pratiche delle banche svizzere non hanno alcuna base legale. Si tratta solo di obbedienza anticipata e di genuflessione di fronte alle minacce statunitensi. In questo modo il “bloqueo” viene applicato extraterritorialmente anche in Svizzera.
E come si può conciliare tutto questo con il segreto bancario ancora in vigore in Svizzera? Chi può conoscere i trasferimenti bancari effettuati in Svizzera? Come potrebbero fare le agenzie americane incaricate di sorvegliare l’embargo a scoprire che qualcuno ha fatto un versamento a favore di un’organizzazione che lavora per Cuba? Di cosa hanno paura esattamente le banche?
René Lechleiter
La pubblicazione “Banche svizzere contro Cuba – Cronaca di uno scandalo ufficialmente certificato” contiene quasi cento pagine di corrispondenza, prove e articoli. Può essere ordinata per 10 franchi presso mediCuba-Suisse, Quellenstrasse 25, 8005 Zurigo, 44 271 08 15.
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