La lotta infinita della “vedova dell’amianto”
La lotta infinita della "vedova dell'amianto" Nove anni fa la testimonianza in un reportage di ‘tvsvizzera.it’ dopo la controversa sentenza che respingeva l’accusa di “disastro ambientale”
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
La lotta infinita della "vedova dell'amianto" Nove anni fa la testimonianza in un reportage di ‘tvsvizzera.it’ dopo la controversa sentenza che respingeva l’accusa di “disastro ambientale”
• – Aldo Sofia
È il “terrorismo climatico” con cui le destre etichettano le istanze ambientaliste, accusate di distruggere il benessere e la sovranità nazionale
• – Redazione
L’uso improprio del digitale, che porta all’isolamento, non è solo un problema di salute mentale per i giovani: è un problema di salute fisica per tutti
• – Redazione
Un corteo popolare previsto sabato pomeriggio per tornare ad affermare la necessità di luoghi d’incontro autogestiti a Lugano
• – Redazione
Con il reclutamento della natura in una guerra ecocida, le “linee rosse” del possibile vengono spostate a un nuovo livello di orrore
• – Redazione
La spettacolarizzazione del dolore su TikTok per un terribile femminicidio di cui parla chiunque, nei media italiani, da giorni
• – Redazione
Dalle tracce, qualche ipotesi ed una proposta forse utopistica per dar forma e sostanza a un progetto di area progressista
• – Orazio Martinetti
Mentre in Svizzera si annunciano aumenti dei prezzi dei biglietti dei mezzi pubblici e in Ticino cresce del 10% il costo dell’abbonamento Arcobaleno
• – Redazione
Non tolleriamo più nulla che restringa la nostra libertà. E i luoghi d’istruzione diventano una vessazione insopportabile – Riflessioni sulla scuola di un’insegnante e scrittrice
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
La lotta infinita della "vedova dell'amianto" Nove anni fa la testimonianza in un reportage di ‘tvsvizzera.it’ dopo la controversa sentenza che respingeva l’accusa di “disastro ambientale”
Non c’è cronista che, arrivato a Casale per occuparsi di Eternit, non sia salito da lei, nel suo piccolo appartamento, una casa “che sa di buono”, tante foto e tanti ricordi, ma dove per anni si era respirata la povere di amianto che ha ucciso prima il marito Mario, ex operaio nella “fabbrica dei veleni”, poi la figlia Maria Rosa, che nello stabilimento non ci aveva mai messo piede; lo stesso veleno che le ha portato via anche la sorella e due nipoti.
Lei, la “vedova dell’amianto Romana Blasotti Pavesi”, 85 anni, diventata il simbolo della lotta dei famigliari delle 3.000 vittime del mesotelioma pleurico, delle microscopiche fibre cancerogene che non lasciano scampo, delle particelle affilate che lacerano i polmoni. Lei, combattiva e determinata, ma che ieri, alla lettura della sentenza, ha detto di “non avere più lacrime per piangere”.
Da Casale, per le volte che ci sono stato, ripartivo con un senso di incredulità e sgomento. Le immagini del grande stabilimento chiuso da decenni e immerso in un sinistro silenzio, le foto in bianco e nero di operai e operaie inconsapevolmente a contatto con l’ignoto killer, il racconto dei malati, la rabbia dignitosa dei loro cari. E la conta dei nuovi casi.
Si, soprattutto questo: il sapere che ancora oggi la polvere d’amianto continua ad uccidere, di media un morto alla settimana, e il “picco” dei decessi che secondo gli specialisti deve ancora arrivare. Tante vittime che ancora non sanno di esserlo, a Casale ma anche in altre città italiane, in Emilia e in Campania: dove la lavorazione dell’amianto, da sogno (il salario dignitoso, un posto di lavoro sicuro, un materiale resistente e “buono” per tante cose, dai vialetti nei giardini ai tetti di casa) si è trasformato in incubo. La peste bianca. La cui pericolosità venne denunciata per la prima volta nel 1964 dall’americano Selikoff (ma ci vorrà molto tempo prima di finire fuorilegge). E che continua a uccidere.
Eppure, la sentenza che annulla la condanna (18 anni, più 95 milioni di euro di risarcimento) e scagiona l’ex proprietario di Eternit, lo svizzero Stephan Schmidheiny, sempre dichiaratosi innocente, si ferma al 1986. Lì – dicono in sostanza i giudici della Cassazione – finiscono le responsabilità di Eternit per “disastro ambientale”. Finiscono 28 anni fa. Quindi, il reato è prescritto. Quel che c’è stato dopo, non conta. E nemmeno quel che succede ancora oggi, e che inevitabilmente accadrà domani. Migliaia di morti, passati e futuri, ma nessun colpevole.
Certo, il diritto è diritto. Tecnicamente la sentenza appare beffarda, ma non è discutibile. Eppure è evidente che qui la legge fa scempio della giustizia. Prevale la prima, non la seconda. Del resto lo ammette lo stesso procuratore generale della Cassazione che ha emesso il verdetto, Francesco Iacoviello. Che ha dichiarato testualmente: “Per me l’imputato è responsabile di tutte le condotte che gli sono state ascritte. È vero che la prescrizione non risponde alle esigenze di giustizia, ma stiamo attenti a non piegare il diritto alla giustizia: il giudice, soggetto alla legge, deve scegliere il diritto”.
Ora la procura di Torino (che ha raccolto le 220.000 pagine del “processo del secolo”) si affida al cosiddetto “Eternit bis”. Stavolta l’accusa non sarà “disastro”, ma omicidio per 213 casi. Puro accanimento, protestano gli avvocati di Schmidheiny. Mentre la signora Romana Blasotti Pavesi, “la vedova dell’amianto” e presidente dell’Associazione vittime dell’amianto, dice di volerci ancora credere. Le rimane un filo di fiducia nelle leggi dello Stato. Paradossalmente, lo stesso Stato che le ha concesso il titolo di commendatore. Proprio per il suo impegno nella ricerca di una giustizia sconfitta dal diritto.
Nel sito tvsvizzera.it si trova un’intervista a Romana Blasotti Pavesi realizzata da Massimo Percossi (ansa)
Israele lo vuole, e Berna chiude gli uffici per l’aiuto ai palestinesi nella parte araba di Gerusalemme
Le colpe, reali o presunte, del Partito socialista, e le argomentazioni, fondate o presunte, di coloro che lo fustigano