Luigi Pedrazzini: “Ci voleva più dialogo, ora si rischia solo la violenza”
“Ora si rischia di andare a sbattere. Si rischia solo la violenza”.
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
“Ora si rischia di andare a sbattere. Si rischia solo la violenza”.
• – Aldo Sofia
• – Franco Cavani
Ragioni di Stato contro diritti umani
• – Aldo Sofia
Due donne si amano, in pubblico, senza mistero, e aspirano a diventare mamme. Un giorno non farà più notizia
• – Enrico Lombardi
• – Patrizio Broggi
Chi davvero non vuole il dialogo?
• – Francesco Bonsaver
Bergoglio accende le speranze, le gerarchie ecclesiastiche le spengono
• – Gino Driussi
Un film che dovrebbe essere proiettato in Consiglio comunale a Lugano, e al Macello
• – Enrico Lombardi
Il 17 marzo 2020 iniziava il primo lockdown: da allora dovremmo aver imparato qualcosa
• – Riccardo Fanciola
Diciamolo ai delinquenti, che abbiamo speso tanto; magari eviteranno gentilmente di delinquere
• – Marco Züblin
“Ora si rischia di andare a sbattere. Si rischia solo la violenza”.
“Non credo che le prove di forza portino a buone soluzioni”. Raggiunto subito dopo l’annuncio del Municipio di Lugano – disdetta della Convenzione sottoscritta nel 2002 da Città, Cantone e Associazione Alba, e un termine di venti giorni dato ai Molinari per sgomberare gli edifici – Luigi Pedrazzini è preoccupato.
Diciannove anni fa, come ha ricordato ieri nell’intervista a “La Regione” – fu in prima fila, come titolare del Dipartimento cantonale delle Istituzioni, nell’operare per il raggiungimento dell’accordo che aprì al movimento autogestito i cancelli del Macello. “Nemmeno in quel periodo fu facile venirne a capo. Le tensioni non mancarono. E ricordo che un giorno mi ritrovai alcuni ragazzi del movimento nel mio ufficio di Bellinzona. Eppure una soluzione venne individuata, e infine accettata”. Grazie anche a circostanze un po’ diverse da quelle attuali: “In definitiva, al movimento non dispiaceva troppo lasciare il Maglio, un po’ periferico, per trasferirsi nel centro urbano”.
Appunto, la differenza sostanziale rispetto ad allora, è che “ai miei tempi nessuno metteva in dubbio il diritto all’autogestione, il diritto ad esprimere una cultura alternativa, e fu determinante il fatto di prospettare sempre delle soluzioni alternative a quella del Maglio, di cui il Cantone era co-proprietario”.
Invece oggi ai Molinari non è stato indicata un’altra destinazione, a lungo promessa. Promessa caduta nel vuoto: “Non posso dire di conoscere bene il dossier, non lo seguo ormai da troppo tempo”, precisa l’ex Consigliere di Stato, e quindi non posso esprimermi su chi abbia cercato meno il dialogo. “Inoltre , non so se il Municipio abbia chiesto al cantone – che è pure cofirmatario della convenzione – di attivarsi, magari di offrire la propria mediazione, come io auspicherei”.
Dialogo, è la parola più ripetuta da Pedrazzini. Un dialogo però che, da entrambe le parti, viene ritenuto impossibile per responsabilità della controparte. “Per noi era invece la chiave di tutto, nonostante resistenze, dinieghi, provocazioni. Una mano venne in definitiva data anche da Giuliano Bignasca e da Giovanni Cansani, come ho avuto modo di sottolineare. Questa strategia, del confronto e non della ricerca dello scontro, è in definitiva sempre la migliore”.
E ora? “Ora si rischia di andare a sbattere. Si rischia solo la violenza”.
Il Primo Pilastro (AVS) batte 9 a 0 il Secondo Pilastro (PP o Casse pensioni)
La persecuzione specifica di genere deve essere riconosciuta come motivo di richiesta di asilo