Parlo con loro, e i ‘molinari’ rispondono che…
Chi davvero non vuole il dialogo?
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Chi davvero non vuole il dialogo?
• – Francesco Bonsaver
Bergoglio accende le speranze, le gerarchie ecclesiastiche le spengono
• – Gino Driussi
Un film che dovrebbe essere proiettato in Consiglio comunale a Lugano, e al Macello
• – Enrico Lombardi
Il 17 marzo 2020 iniziava il primo lockdown: da allora dovremmo aver imparato qualcosa
• – Riccardo Fanciola
Diciamolo ai delinquenti, che abbiamo speso tanto; magari eviteranno gentilmente di delinquere
• – Marco Züblin
Quando la lingua è lo specchio della mente (e che mente!)
• – Rocco Bianchi
10 anni dopo l'inizio, una tragedia che non interessa più il mondo
• – Aldo Sofia
• – Franco Cavani
I cittadini bernesi hanno respinto più volte i tentativi di chiusura del più noto centro autonomo
• – Daniele Piazza
Troppa poesia online? Meglio leggerla che giudicarla in modo affrettato
• – Enrico Lombardi
Sono di parte, lo confesso. D’altronde, seguendo gli insegnamenti di un grande maestro, odio gli indifferenti e son partigiano. Ho partecipato all’occupazione dei Molini Bernasconi di Viganello un quarto di secolo fa, e ho condiviso l’esperienza collettiva della pratica autogestionaria per diversi anni al Centro sociale il Molino. Oggi, pur frequentandolo sporadicamente, mi sento molto vicino al Molino e ritengo fondamentale la sua esistenza in una città qual è Lugano. Poiché autogestione significa partecipazione, porto rispetto e apprezzo chi quotidianamente s’impegna nel farla vivere. E per sbarazzare ogni equivoco, preciso dunque di non rappresentare in alcun modo il centro sociale autogestito. Ma sulla scorta dell’esperienza personale, sento il bisogno di far chiarezza in merito a un termine, il dialogo, tanto evocato in questi giorni. Da più parti, s’imputa ai molinari di essere chiusi al dialogo con l’autorità cittadina. Non è una novità. È un’accusa che si ripresenta ciclicamente nella storia delle relazioni tra autogestiti e autorità. Lo è stato fin dall’inizio.
Dal non dialogo, la ricerca di una soluzione tra due parti contrapposte, nacque il Centro sociale autogestito il Molino nel 1996. L’occupazione degli ex stabilimenti dei Molini Bernasconi a Viganello fu la risposta ad una richiesta inascoltata di spazi autogestiti preesistente da una trentina d’anni a Lugano. Si dialogò invece col Cantone l’anno successivo, poiché seriamente interessato a trovare una soluzione. E il Molino si trasferì al Maglio.
Arrivò poi il tempo del dialogo col sindaco Giudici, in quel momento pragmaticamente convinto di trovare una soluzione condivisa, che portò il Centro sociale autogestito a insediarsi in una parte degli spazi dell’ex Macello. Un altro balzo temporale per arrivare al 2015, quando i molinari accettarono l’invito a un dialogo col Municipio. In totale vi furono tre incontri, sufficienti per capire che quest’ultimo non era interessato a una soluzione. In fondo, la questione è semplice. O esiste una sede alternativa o si resta al Macello. L’attuale compagine municipale non ha mai proposto una soluzione. Mai. Esistono le prove rileggendo le varie cronache, ma forse basterebbe chieder loro. Instaurare un dialogo con una controparte non interessata a trovar una soluzione, non ha alcun senso.
Ai molinari si possono forse imputare tante cose, ma non di essere ipocriti. La parola dialogo non può essere una coperta buona da usare mediaticamente, per coprire la tua ipocrisia. Nei suoi venticinque anni di storia, i molinari hanno sempre dialogato quando aveva un senso. Oggi, accusarli di negare il dialogo con chi lo invoca ma non è conseguente nei fatti, è ipocrisia che forse soddisferà la gente perbene, ma non consentirà di avanzare di un millimetro nella ricerca di una soluzione. Sempre che la si voglia trovare.
Ha fatto e fa discutere una recente intervista radiofonica a Tito Tettamanti
Subito arrestata la giornalista che alla tv russa è apparsa per pochi secondi durante il tg con un cartello contro l’invasione dell’Ucraina. E che aveva pre-registrato un appello...