Pechino 2022: trionfo dello sciovinismo globale
D’accordo: meglio le bandierine e le medaglie della guerra, ma…
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D’accordo: meglio le bandierine e le medaglie della guerra, ma…
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Tutti liberi, tutti responsabili, tutti pronti a voltar pagina e tornare alla normalità
• – Enrico Lombardi
D’accordo: meglio le bandierine e le medaglie della guerra, ma…
Quello sciovinismo che all’inizio ispirò lo stesso De Coubertin che voleva “rebronzer la France” , ridare vigoria alla Francia, umiliata dagli atletici prussiani a Sedan. Ma poi, il barone Pierre Fredy, che farà in tempo a vedere l’orrore delle Olimpiadi di Hitler e Goebbels a Berlino, si pentirà e farà di tutto per eliminare il “cancro” dello sciovinismo, che pensava di aver sconfitto ideando personalmente il simbolo dei 5 cerchi che rappresentano tutti i popoli del mondo riuniti per celebrare in amicizia la loro forza vitale.
Ora, separare un certo patriottismo, legittimo, dallo sciovinismo, non è facile. Lo è però quando la RAI riesce in due Telegiornali, 13.30 e 20.30, a presentare l’argento di Sofia Goggia e il bronzo di Nadia Delago, come una “impresa della valanga azzurra”, senza riuscire a citare una sola volta il nome della vincitrice, Corinne Suter. Surreale.
Lo è quando la stessa TV nazionale, che coprirà i prossimi Giochi Olimpici, dice che il primo posto di Deromedis nella finalina di ski-cross (che gli è valso il quinto posto nella classifica finale) “vale quasi quanto l’oro olimpico”. Quando la matematica diventa opinione.
Legittima invece l’opinione del presidente del Coni Malagò quando parla del bronzo della Brignone nella combinata, ma del tutto sbagliata: “medaglia strepitosa, complicata: in una gara difficilissima ha dimostrato di essere clamorosamente completa”.
La combinata femminile era la gara di livello più basso in assoluto: con la Brignone c’erano solo 3 ragazze all’altezza: Shiffrin, caduta, Gisin, vincitrice, Holdener seconda.
Non male nemmeno la RSI: il commentatore dello sprint nel fondo femminile (bravo peraltro) ci comunica di essere un “mentalist”, un ipnotizzatore quasi: ci assicura che “farà di tutto con il suo commento per portare alla medaglia Nadine Fähndrich”: impresa non riuscita. Una folata di vento gli ha disturbato la comunicazione senza fili. Nadine sarà quinta.
Ma il peggio è venuto dall’Eurovisione in occasione delle “brevi”(il “teletext”) nelle prove cronometrate della discesa femminile: da nord a sud, da est a ovest, la gloriosa sigla inventa una nuova disciplina: la discesa al salto di porta. Libera nel vero senso della parola. Chi la salta è squalificato, ma non per i redattori in preda a libido sciovinista: l’oro va alla RSI che titola: “Svizzere scatenate in allenamento: 5 nelle prime 8”. Peccato che la prima, Nufer, abbia saltato una porta come la quinta, Gisin: nessuna delle due, dovendo superare tutte le porte, si qualifica per le gare.
Paradossalmente (ma non troppo…) i meno sciovinisti sono stati i cinesi. Poi, vedremo nei fatti se si deve “crescere insieme nello spirito olimpico”, se “è stato gettato un seme: quello della gioia e della fratellanza fra i popoli”.
Ma intanto il regista Zhang Yimou, vincitore a Locarno con “Sorgo Rosso”, nella Cerimonia di chiusura (solo il ticinese Finzi-Pasca lo può eguagliare) ci dà un altro esempio di poesia e di vero spirito olimpico: i bambini che cantano in greco l’inno di Kostis Samaras passeranno alla storia, anche perché, dal 1960, si canta in inglese o nella lingua del paese che ospita.
Ci voleva un cinese per calarci questa lezione?
A questo punto ci chiediamo: come è possibile far sorgere un impianto olimpico a pochi passi da una centrale nucleare? L’orribile immagine passerà a sua volta alla storia: siccome i cinesi hanno un senso estetico non inferiore al nostro, la conclusione non può essere che una: dimostrare (ce n’era bisogno?) che sono una potenza atomica.
Si chiude con il passaggio di consegne da Pechino a Milano-Cortina2026, per l’Olimpiade rifiutata da tutti i partiti svizzeri, dai socialisti specialmente, vittime di un imperdonabile abbaglio ideologico: il CIO ha sempre addossato i debiti al Paese organizzatore e tenuto i profitti per sé: sino a poco fa, sino a quando nessuno li ha più voluti, al punto che ora il CIO, con l’acqua alla gola, cede sui suoi princìpi, permettendo una sede a Milano e una a Cortina, e addirittura co-finanziando il progetto. L’Italia l’aveva capito, la Svizzera no. C’è solo da sperare che fra 4 anni, ma le immagini della presentazione non ci confortano, lo sciovinismo da “Vittoria schiava di Roma” (o di Berlino) lasci campo allo sport.
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