Per l’estrema destra in Europa il nemico numero uno è l’ambientalismo
Così dilagano i vari fronti populisti e nazionalisti, dalla Spagna alla Svezia, fino all’Austria
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Così dilagano i vari fronti populisti e nazionalisti, dalla Spagna alla Svezia, fino all’Austria
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Così dilagano i vari fronti populisti e nazionalisti, dalla Spagna alla Svezia, fino all’Austria
L’Europa si tinge di nero. Ed è il nero dei partiti neo o postfascisti, nazionalisti, xenofobi, omotransfobici e sovranisti. Il colore dell’estrema destra, delle forze politiche relegate ai margini dell’arco costituzionale, bandite quasi sempre dai governi perché permeate di valori inconciliabili con la democrazia e con i principi europei. Un nero che ama il rosso soltanto quando è associato a una bandiera: quella della Russia. E che ha un nuovo nemico antropologico: i Verdi e gli ambientalisti. Quel nero si sta spostando pericolosamente al centro della vita politica in tutto il continente.
La notizia più inquietante arriva dalla Germania. L’Afd, l’estrema destra tedesca, ha toccato negli ultimi sondaggi un picco del 19%: è il terzo partito, dietro alla Cdu e alla Spd. Stacca di cinque punti i Verdi. Finora i conservatori della Cdu, fedeli al bando dell’ex cancelleria Merkel, escludono qualsiasi alleanza con una forza politica che ha raddoppiato i consensi in un solo anno. Il partito di Alice Weidel e Tino Chrupalla ha spinto soprattutto sulla propaganda filorussa ed è sceso in piazza persino con la sinistra radicale Linke per protestare contro l’invio di armi in Ucraina.
Secondo gli analisti, però, è sull’anti-ambientalismo radicale che l’ultradestra sta guadagnando popolarità. Da sempre negazionista sui cambiamenti climatici, l’Afd tedesca attacca senza sosta i Verdi al governo, sulla fine del motore a scoppio, sull’uscita dal nucleare e le fonti rinnovabili, sulla legge che punta a sostituire gli impianti di riscaldamento alimentati a gas o carbone, su tutto. Per Chrupalla «i cittadini possono vedere benissimo a cosa conducono le politiche dei verdi: alla guerra economica, l’inflazione e la deindustrializzazione». La tesi, in sostanza, è che il rispetto dell’ambiente è un lusso da borghesia urbana, da élite che non tiene conto dei “reali problemi” delle persone. Quando intervistammo l’ideologo della Nuova destra tedesca, Goetz Kubitschek, trait d’union tra l’Afd e i movimenti giovanili neonazisti come gli Identitari, ci spiegò che la destra non considerava più i comunisti e i socialisti come principali avversari politici, bensì i verdi: «Un nemico antropologico».
Anche se la Cdu/Csu esclude per ora qualsiasi alleanza con la destra, quanto potrà durare questo “bando” voluto dall’ex cancelliera Angela Merkel per tenere fuori dalle istituzioni nostalgici del nazismo, xenofobi, complottisti e antisemiti? Tanto più che le destre estreme stanno andando al governo in tutta Europa?
Un destino diverso rispetto a quello della Germania sembra riservato infatti alla Spagna, dove a luglio si torna a votare e dove l’eventuale sdoganamento dei postfranchisti di Vox, al 15% nei sondaggi, puntano a un’alleanza con i popolari, potrebbe cambiare per sempre il volto del Paese. Per capire quanto sia estremo il loro negazionismo climatico basta pensare che il deputato Francisco José Contreras, nell’opporsi alla prima legge spagnola sul cambiamento climatico, affermò sarcastico che il riscaldamento globale potrebbe rivelarsi, tutto sommato, una gran cosa perché «ridurrà la mortalità dovuta al freddo». La retorica contro una presunta “elite ambientale” è una costante della propaganda dei postfranchisti guidati da Santiago Abascal.
Durante il suo recente viaggio a Chisinau, al vertice della Comunità politica europea, Giorgia Meloni ha ribadito dunque di guardare con interesse a Vox. Ma è piuttosto vero il contrario: sono le destre estreme spagnole e tedesche che guardano con enormi speranze all’Italia, dove i postfascisti sono saldamente al governo. Certo, in Spagna l’estrema destra può ambire soltanto a diventare junior partner dei Popolari, non certo a governare come primo partito come Meloni in Italia. Ma il punto è lo sdoganamento dell’estrema destra come forza di governo che si diffonde come la peste in tutta Europa.
In questo senso, un modello simile a quello spagnolo è ovviamente la Svezia, dove gli ex neonazisti Democratici svedesi hanno conquistato oltre un quinto degli elettori nel Paese-roccaforte della socialdemocrazia e appoggiano il governo in carica. Negli ultimi mesi, anche il loro leader Jimmie Akesson si è distinto, oltre che per la tradizionale linea durissima sull’immigrazione, per le sue battaglie per impedire uno sviluppo delle fonti rinnovabili.
Ma chi avesse la curiosità di gettare uno sguardo sull’Austria saprebbe che nella repubblica sulle Alpi si delinea invece uno scenario molto più simile a quello italiano. La Fpoe, l’estrema destra, sembrava in enorme difficoltà quattro anni fa, travolta dal famoso “Ibizagate”, lo scandalo che pose fine alla sua coabitazione con i Popolari di Sebastian Kurz. Alle politiche del 2019 finì terzo. Ora è da mesi in cima ai sondaggi con percentuali intorno al 27%. Il partito tradizionalmente filorusso, xenofobo e scettico sulle politiche ambientaliste, può legittimamente aspirare non soltanto a tornare al governo, ma persino a esprimere un cancelliere. Sarebbe un altro “caso Meloni”, un altro primo ministro di estrema destra eletto nel cuore dell’Europa. E si vota tra un anno.
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