Di Angelo Romano, Valigia blu
Un nuovo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), “Turning off the Tap: How the world can end plastic pollution and create a circular economy” (“Chiudere il rubinetto: come il mondo può porre fine all’inquinamento da plastica e creare un’economia circolare sostenibile”), ha tracciato una tabella di marcia per ridurre drasticamente l’inquinamento da plastica.
Secondo il rapporto – che delinea l’entità e la natura dei cambiamenti necessari per creare un’economia circolare sostenibile, rispettosa dell’uomo e dell’ambiente – l’inquinamento da plastica potrebbe essere ridotto dell’80% entro il 2040 se i paesi e le aziende utilizzassero le tecnologie esistenti per apportare cambiamenti significativi alle politiche e al mercato.
L’UNEP propone tre tipologie di interventi – riutilizzo, riciclo, riorientamento e diversificazione – che implicano il passaggio a un’economia di tipo circolare. Questo passaggio comporterebbe un risparmio di oltre mille miliardi di dollari, considerando i costi e i ricavi del riciclo. Mentre altri 3mila miliardi di dollari verrebbero risparmiati grazie agli impatti indiretti sulla salute, il clima, l’inquinamento atmosferico, il degrado degli ecosistemi marini e i costi legati alle controversie legali. Inoltre, questo cambiamento potrebbe portare a un aumento netto di 700.000 posti di lavoro entro il 2040, soprattutto nei paesi a basso reddito, migliorando significativamente le condizioni di vita di milioni di lavoratori impegnati in contesti informali.
Tuttavia, non c’è molto tempo da perdere, aggiunge il rapporto. Un ritardo di cinque anni potrebbe portare a un aumento di 80 milioni di tonnellate di inquinamento da plastica entro il 2040.
“Il modo in cui produciamo, utilizziamo e smaltiamo la plastica inquina gli ecosistemi, crea rischi per la salute umana e destabilizza il clima”, ha commentato il direttore esecutivo dell’UNEP, Inger Andersen.
La plastica provoca un inquinamento diffuso sulla terraferma e in mare, causando danni alla salute umana e danneggiando habitat marini vulnerabili come le barriere coralline e le mangrovie. Secondo un rapporto del 2019 dell’organizzazione benefica Tearfund, ogni anno nei paesi in via di sviluppo muoiono tra 400.000 e 1 milione di persone a causa di malattie legate alla plastica e ad altri rifiuti mal gestiti.
La produzione di plastica ha anche un forte impatto sul cambiamento climatico, in quanto viene realizzata con combustibili fossili come petrolio e gas. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), durante il loro ciclo di vita, le materie plastiche emettono il 3,4% delle emissioni globali di riscaldamento del pianeta.
L’UNEP suggerisce di definire e implementare standard di progettazione e sicurezza per lo smaltimento dei rifiuti plastici non riciclabili e di rendere i produttori responsabili dei prodotti che rilasciano microplastiche.
È questa la posizione anche di un recente rapporto, pubblicato congiuntamente dall’organizzazione no-profit Defend Our Health e dalla campagna Beyond Petrochemicals di Bloomberg Philanthropies. Le bottiglie di plastica PET causano un pericoloso inquinamento chimico in ogni fase del loro ciclo di vita e pertanto le aziende produttrici di bevande come la Coca-Cola dovrebbero essere “ritenute responsabili degli impatti della catena di approvvigionamento delle loro materie plastiche”, si legge nel rapporto.
“La plastica ha un terribile impatto sulla salute della popolazione”, ha dichiarato Mike Belliveau, direttore esecutivo di Defend Our Health. Belliveau ha esortato l’Agenzia statunitense per la Protezione dell’Ambiente (EPA) a porre limiti più severi all’uso di sostanze chimiche tossiche e ha chiesto alle aziende produttrici di bevande di sostituire almeno la metà delle loro bottiglie di plastica con sistemi di contenitori riutilizzabili e ricaricabili entro il 2030.
Il rapporto analizza gli impatti delle bottiglie di plastica lungo tutta la catena di approvvigionamento, dalle materie prime necessarie per la loro realizzazione fino al momento del loro smaltimento. Sebbene i gruppi commerciali del settore amino pubblicizzare le bottiglie di plastica come “riciclabili al 100%”, nel 70% vengono mandate in discarica o incenerite, causando un inquinamento atmosferico che colpisce in modo sproporzionato le comunità a basso reddito e quelle di colore, si legge nello studio. Del restante 30%, solo un terzo è trasformato in nuove bottiglie, il resto viene sprecato durante il processo di riciclo o trasformato in prodotti di plastica di qualità inferiore, come la moquette. Inoltre, “con una produzione globale di rifiuti di plastica che potrebbe triplicare entro il 2060, c’è il rischio che le infrastrutture di riciclo non riescano a tenere il passo”.
Proprio in questi giorni è attesa la prima bozza del trattato delle Nazioni Unite sull’inquinamento da plastica dopo che lo scorso dicembre i diversi paesi avevano concordato di arrivare a un accordo legalmente vincolante entro il 2024. Il presidente francese Macron, che ha definito l’inquinamento da plastica una “bomba a orologeria”, ha esortato gli Stati riuniti in Francia presso la sede dell’Unesco a porre fine all’attuale modello di produzione “globalizzato e insostenibile”.
Tuttavia, i negoziatori riuniti a Parigi hanno idee diverse su come eliminare le plastiche che danneggiano l’ambiente. Uno dei nodi maggiori riguarda se l’accordo debba concentrarsi sulla pulizia dei rifiuti di plastica che già intasano gli oceani del mondo o se debba andare oltre, limitando la produzione di componenti potenzialmente dannosi nei prodotti polimerici o addirittura imponendo il divieto di utilizzo della plastica. Gli Stati Uniti, uno dei maggiori produttori e utilizzatori di plastica, finora stanno spingendo per la prima opzione, riporta Bloomberg.