Propaganda e interferenze: dal Cremlino 5 linee di azione per influenzare l’Europa
Uno studio sulla propaganda russa dal 24 febbraio a oggi basato sul monitoraggio delle principali fonti ufficiali russe
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Uno studio sulla propaganda russa dal 24 febbraio a oggi basato sul monitoraggio delle principali fonti ufficiali russe
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Uno studio sulla propaganda russa dal 24 febbraio a oggi basato sul monitoraggio delle principali fonti ufficiali russe
In questi mesi l’analisi metodica delle fonti legate a Putin come la Tass, Ria Novosti, ed altre testate espressione del Cremlino e degli oligarchi (oltre al ricasco social o sulla stampa internazionale filo-Putin), mostra in maniera chiara quali sono stati (e quali sono fino ad oggi) i cinque assi principali della propaganda di Putin e come i differenti approcci siano modulati nel corso dei mesi.
Soprattutto nei primi mesi, anche se questo tipo di propaganda non è mai venuta meno ma se ne è fatto un uso assai più limitato, da parte del Cremlino c’è stata una costante e assidua azione di rovesciamento delle responsabilità dell’invasione. Ossia – su questo si è insistito più nelle prime settimane – quella scatenata da Mosca non era una guerra di invasione ma una “operazione militare speciale” che aveva come unico scopo quello di fermare il “genocidio” delle popolazioni russofone del Donbass massacrate da Kiev e dai nazisti del battaglione Azov.
Una narrazione volta a demonizzare gli aggrediti e far apparire come “liberatori” gli aggressori. Quindi nessuna invasione ma una sorta di operazione di peace keeping limitata negli scopi e nel tempo. Propaganda dalla quale è discesa la leggenda dei 14 mila russofoni uccisi dagli ucraini nel silenzio o nella complicità internazionale.
In realtà la cifra dei 14 mila morti va letta diversamente (secondo l’Onu, 10.900 vittime erano soldati, di cui 4.400 ucraini e 6.500 combattenti filorussi. Le vittime civili sono state tra 3.400 e 3.500, anche qui ripartite tra i contendenti) e anche il numero delle vittime nel corso degli anni è andato scemando. Ma ai fini propagandistici era utile far trasparire che la Russia fosse stata costretta a intervenire senza poter aspettare.
Ad ogni modo nelle prime settimane la propaganda di Putin ha puntato tutto sul dare la colpa all’Ucraina e aggredire la dirigenza di Kiev puntando tutta la retorica sulla figura di Zelensky e sui nazisti del battaglione Azov, anche ingigantendone le dimensioni. Tant’è che la parola ‘denazificazione’ è stata tra le più usate nei primi giorni di guerra ma poi – come si è visto – con il passare delle settimane è finita sempre più in secondo piano.
Nella seconda fase l’obiettivo principale dell’operazione propagandistica centrata sul rovesciamento delle responsabilità, ha cominciato a puntare i riflettori non solo su Kiev ma anche contro gli Stati Uniti, la Nato, il Regno Unito e fondamentalmente contro gli stessi paesi dell’Unione Europea, Ungheria esclusa.
Una campagna molto serrata attraverso la quale far credere all’opinione pubblica che non solo l’Ucraina – anzi, i nazisti ucraini – massacravano i russofoni del Donbass, ma che l’operazione militare speciale si era resa necessaria per impedire che la stessa Ucraina diventasse una pericolosa base della Nato dalla quale poter attaccare militarmente perfino la Russia.
Ossia, in termini di rovesciamento della realtà, l’idea era quella di sostenere che quella di Mosca fosse stata una sorta di azione preventiva, altrimenti l’invasione sarebbe stata a parti inverse.
Ovviamente l’Ucraina il 24 febbraio non faceva parte della Nato, il suo ingresso, respinto già più volte dai Paesi membri, non era all’ordine del giorno. Ma certamente dopo il 2014, l’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa considerata illegale dalla comunità internazionale e la sottrazione dalla sovranità dell’Ucraina di una parte del Donbass operata dai filo-russi aiutati dall’esercito di Mosca e dalla famigerata organizzazione Wagner, aveva fatto aumentare il livello di aiuto e assistenza militare a Kiev da parte degli Stati Uniti e altri paesi occidentali. Quindi la guerra è stata giustificata prima come necessario intervento per impedire il protrarsi di un genocidio e subito dopo come azione preventiva per impedire che l’Ucraina diventasse una piattaforma Nato pronta per aggredire la Russia.
Come addentellato va aggiunto che successivamente per giustificare il tentativo di Putin di annettere alla Federazione Russa altre regioni dell’Ucraina è stato spiegato come la legittima decisione di proteggere le comunità russofone, visto che il fallimento degli accordi di Minsk giustificava la scelta della Russia di non fermarsi al Donbass. Spiegazione che in qualche modo doveva rendere meno evidente il tentativo di Mosca di controllare tutti i porti sul Mar Nero fino alle foci del Danubio (alcuni generali e politici vicini a Putin si sono spinti a parlare anche di collegare la Transnistria alla Federazione Russa) quale parte di un disegno imperiale di stampo neo-zarista per controllare importanti rotte commerciali e ampliare l’influenza e il potere contrattuale di Mosca.
Un altro fronte della propaganda russa, strettamente connesso al rovesciamento delle responsabilità, è stato il sentimento anti-americano presente in maniera non trascurabile sia in un’area di estrema destra, soprattutto sovranista ed euroscettica che in un’altra altra area che potremmo definire anti-imperialista e che, per una serie di motivi che non è il caso in questo ragionamento di specificare, ha in simpatia Putin e la Russia ed è ostile a qualsiasi cosa possa ricondursi agli Stati Uniti e alla Nato. Oltre a ciò si può citare anche quella fetta di opinione pubblica definita “no-vax/sì-Putin” che è fondamentalmente anti-sistema e che vede nella Russia un’alternativa al sistema di potere Occidentale in mano a big-pharma, finanza, banche e tutta la narrazione del mondo complottista.
Sostanzialmente il Cremlino ha tentato di sfruttare questo campo su quattro principali sotto-insiemi.
La storia della ‘guerra per procura’ ha fatto molta presa nell’opinione pubblica occidentale, anche perché legata alle forniture di armi presentate dalla propaganda come un trucco di Washington per indebolire Mosca o per indebolire l’Unione Europea o per fare affari a spese di tedeschi, francesi, italiani, spagnoli o quant’altro, retti da governi complici o ignari della manovra di Washington.
Soprattutto nelle prime settimane della guerra (poi questo tipo di attacco si è affievolito) la propaganda di Putin si è concentrata molto su un’operazione di discredito del campo avverso e dei diversi leader. Questo è un classico in tante e diverse situazioni, non solo nel conflitto russo-ucraino. Il principale bersaglio, come era ovvio che fosse, è stato Volodimir Zelensky, descritto direttamente da Putin in uno dei primi discorsi come a capo di un governo composto essenzialmente da drogati e pervertiti. Qui – andiamo per un attimo fuori dal seminato – la propaganda è andata di pari passo con la disinformazione e con la diffusione sui social di storie di sesso, festini, droga, ruberie e molto altro.
La Russia ha sottolineato molto come Zelensky fosse un comico e in quanto tale non avesse la statura da statista (e quindi Mosca aveva ragione a cercare di sbarazzarsene) e fosse a sua volta il burattino di altri poteri forti. Zelensky creato dal nulla dall’oligarca Igor Kolomoisky, nella cui tv l’allora attore aveva interpretato la serie tv che gli aveva dato popolarità spalancandogli le porte alla presidenza. Oppure Zelensky che in quanto ebreo rispondeva ad Israele. Oppure le sue ricchezze (la villa a Forte dei Marmi citata più volte) e quelle degli oligarchi ucraini che facevano da contraltare a quelli russi in modo da annullarle. Propaganda che è proseguita chiamando in causa la stessa Ucraina presentata come Stato fallito, corrotto, nazista, malavitoso e quant’altro per farlo apparire come indegno dell’aiuto Occidentale e pericoloso per l’Unione Europea.
Ovviamente va precisato che la propaganda – a differenza della disinformazione – non si basa sul falso. Ma nemmeno sulla verità. Ossia si prendono aspetti che si basano su fatti ed elementi reali che poi vengono deformati, usati al di fuori del contesto e ripetuti ossessivamente. Sicuramente l’Ucraina non è la patria dei diritti civili, della legalità e di tante altre cose. Ma la propaganda ha caricato di significato quella negatività per far passare l’idea di uno stato retto da un comico drogato, protettore dei nazisti ed espressione degli oligarchi. In questo caso, però, si può dire che questo tipo di propaganda ha solo convinto di più chi già aveva in odio l’Ucraina e in simpatia la Russia. Perché la contro-propaganda di Kiev (e dell’Occidente) ha sfruttato le capacità comunicative del presidente ucraino per annullare in gran parte l’operazione di discredito.Tant’è che oggi – come è evidente – gli attacchi personali a Zelensky sono diventati quasi residuali.
La paura guerra nucleare e della terza guerra mondiale è stata cavalcata dalla propaganda russa in maniera ossessiva soprattutto nella prima parte della guerra. In questo caso si è tentato di sfruttare l’onda emotiva delle prime settimane di un’opinione pubblica impreparata e molto spaventata da eventi con i quali non si era mai confrontata. Per fare un esempio: tutti ricordiamo le prime settimane della pandemia. All’epoca si aveva a che fare con una realtà del tutto inedita e la paura ha portato a comportamenti che oggi giudicheremmo irrazionali se non stupidi. Si pensi solo alle quantità di disinfettanti usate per pulire strade e pavimenti, ossia azioni assolutamente inutili per prevenire il covid. E anche si pensi a come la paura sia diminuita nel mesi successivi nonostante il numero dei morti sia salito tra la prima e la seconda ondata.
Egualmente la paura della guerra nucleare è stato usata subito dai russi per ‘paralizzare’ l’Occidente e soprattutto facendo in modo che la pressione dell’opinione pubblica (nelle democrazie liberali si vota) potesse in qualche modo imbrigliare gli aiuti all’Ucraina. La carta della guerra mondiale è stata successivamente accantonata dalla Russia sia perché le dinamiche della guerra hanno seguito altri percorsi, sua perché l’eccesso di minaccia si sarebbe trasformato in una minaccia poco credibile.Attualmente la Russia ha ripreso – ma in maniera sporadica – a parlare di Terza Guerra Mondiale riguardo nuove possibili forniture di armi agli ucraini e a proposito del piano di sicurezza elaborato da Kiev che non prevede una smilitarizzazione dell’Ucraina. Ma in questo caso le parole di Dmitrij Anatol’evič Medvedev sono state poco efficaci proprio per l’eccesso di esposizione retorica dell’ex presidente. [Resta però da interpretare, alla luce della decisione di Putin di procedere con la “mobilitazione parziale” dei riservisti, cosa significhi ora evocare un terzo conflitto mondiale e l’uso di armi nucleari “per difendersi dalla minaccia nucleare dell’Occidente”: certamente siamo ancora nel campo della propaganda che “rovescia le responsabilità”, ma forse non è il solo aspetto che ci possa e debba inquietare, n.d.r.]
Questo aspetto, quasi inesistente all’inizio dell’invasione, è diventato preminente man mano che la guerra, le sanzioni e la risposta dell’Occidente ha iniziato a pesare sulle tasche dei cittadini in termini di rincari e di inflazione tornata a livelli altissimi dopo anni di stabilità. A questo di sono aggiunti altri danni ‘collaterali’ come le speculazioni e quant’altro proprie delle società liberiste. La Russia in questa fase sta puntando moltissimo su questo tipo di arma. Ossia convincere che se da un lato le sanzioni non hanno provocato conseguenze a Mosca, dall’altro loro potranno spostare l’asse verso la Cina, l’India e tanti altri paesi creando un nuovo ordine mondiale alternativo a quello Occidentale dominato dagli Usa. Per cui con le sanzioni i cittadini europei e occidentali si impoveriranno mentre la Russia è destinata ad arricchirsi. E tutto questo perché? Per difendere l’Ucraina.
Questo è lo schema che in questa fase è seguito da Putin e che rischia di trovare molte sponde sia tra partiti filo-russi od euro-scettici sia da partiti o governi spaventati da scelte che possano essere impopolari. Dunque – secondo lo schema propagandistico – il fallimento dell’Europa asservita agli Stati Uniti solo per inseguire una guerra per procura che gli Stati Uniti hanno scatenato contro la Russia per il tramite dell’Ucraina.
Gli esiti di questa propaganda sono ancora incerti e sono legati anche al campo di battaglia. Di certo c’è l’idea del Cremlino di indebolire il sostegno internazionale all’Ucraina e l’ipotesi di una guerra di lunga durata potrebbe rivelarsi favorevole alla Russia, proprio perché si pensa che in pochi siano disposti a pagare un prezzo personale. In altri termini si ritiene di creare una condizione materiale e psicologica per la quale nel binomio egoismo/solidarietà possa prevalere il primo. Conquistando così anche quella fetta di opinione pubblica o di elettorato che era rimasta abbastanza immune dalle altre forme di propaganda. Nella sostanza il messaggio di Mosca è quello secondo il quale le sanzioni danneggiano chi le fa e non chi le subisce, che la Russia si sta arricchendo e che voltare le spalle alla Federazione Russa sarà l’inizio della fine dell’Occidente. Parole del Cremlino lanciate attraverso tutte le piattaforme e i dirigenti possibili e parole di una parte non trascurabile della classe politica occidentale, a cominciare da quella Europea.
Quest’ ultimo aspetto è in evoluzione ed è difficile prevedere i suoi sviluppi. A Natale capiremo. Ad ogni modo fino ad oggi questi sono stati gli assi della propaganda russa che è arrivata su giornali, televisioni e social attraverso mille rivoli. Agenti di influenza, politici venduti, utili idioti, sinceri putiniani e sinceri anti-americani. Non sta a me dirlo. Ma quello che è evidente è che il Cremlino ha seguito una precisa strategia, al momento con alterne fortune. Anche perché c’è la propaganda e c’è la contro-propaganda: Ucraina, Stati Uniti e Occidente non sono restati con le mani in mano. Si chiama guerra psicologica ed è nata con la guerra stessa e non quella di oggi. Da sempre.
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