Quattro cartelloni, quattro scritte e quattro considerazioni
Dagli slogan contro la guerra da interpretare, alle sanzioni anti Putin, al rischio boomerang per l’Occidente
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Dagli slogan contro la guerra da interpretare, alle sanzioni anti Putin, al rischio boomerang per l’Occidente
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Dagli slogan contro la guerra da interpretare, alle sanzioni anti Putin, al rischio boomerang per l’Occidente
C’è un che di tragicamente assurdo in quanto sta capitando. Lo si può anche desumere dalle scritte in varie lingue apparse nelle manifestazioni contro la guerra. Rileviamone quattro significative: “con l’Ucraina, senza se e senza ma”; “né con Putin né con la Nato”; “fuori subito la Russia da Swift!”; “CHypocrite”.
La prima (senza se e senza ma) è la più giusta e più umana: non c’è Russia (Putin) o Occidente (Nato, Stati Uniti), c’è un popolo, quello ucraino; non si possono accampare ragioni per l’una o contro l’altra parte per spiegare o giustificare. Il vero significato può essere solo questo. È vero, si sostiene che i se e i ma possono servire a rilevare i motivi che hanno portato a tanto o che, se considerati, potevano evitare tanto. Si rischia però anche di arrotarsi sul “chi è stato il primo” o su chi è la minaccia (come di fatto è avvenuto), riuscendo a muovere solo le armi o a usare le armi per darsi ragione. Ed è quindi proprio con i se e con i ma che si fa la guerra, che porta sempre e solo vittime, distruzione e odio quando si sa che non ci sono contese che non possano essere risolte senza dover ricorrere alle armi.
La seconda (né Putin né Nato) è una categorica critica ai due imperialismi (parola ormai poco pronunciata, forse sinistra) e alla loro egemonia, fattasi più virulenta con le dislocazioni dell’ex-Urss e con i successivi fallimenti in Asia e Medio Oriente di Stati Uniti e accoliti, pretestuosi esportatori di democrazia. È però anche una implicita dura critica all’Europa. La quale, come soluzione, adotta un credito di miliardi di euro per far acquistare armi all’Ucraina, permettendo certamente un affare alle industrie belliche di Stati Uniti, Francia, Germania. Un’Europa svuotatasi quindi della sua cultura e delle lezioni della sua storia, avviluppatasi nel gioco imperiale (cui si aggiunge ormai anche quello dell’impero cinese). Perdendo di fatto non solo potere decisionale, ma soprattutto dignità, tesa com’è a costruirsi con fatica solo un mercato economico, sempre ispirata all’ ”alleato” americano in ideologia e pratiche economiche e ad esso assoggettata in politica estera, anche per evitare i facili ricatti di chi ha anche il potere della moneta internazionale (il dollaro).
Le altre due scritte (Fuori subito la Russia da Swift, e CHypocrite) meritano un discorso a parte. Che ha una ambivalenza: l’egemonia, anche per gli imperialismi, è sempre più intessuta di condizionamenti economici e non è quindi mai quel che vorrebbe essere; la interdipendenza creatasi con l’economia fornisce le nuove armi, simili a droni mirati, per colpire punire e dissuadere, ma sono perlopiù armi spuntate o dall’interesse economico prevalente o dall’effetto boomerang che le accompagnano. E lo si può dimostrare.
“Fuori subito la Russia da Swift” riflette appunto i dubbi e i tentennamenti di chi doveva decidere le misure di ritorsione contro Putin, dovuti sia ai condizionamenti economici che esistono, sia all’effetto boomerang che possono provocare. L’importanza della Russia sui mercati finanziari è ambigua: da un lato siamo di fronte ad una potenza economica e a un protagonista geopolitico maggiore, d’altro lato la sua impronta finanziaria diretta appare quasi inconsistente (appena lo 0.64 per cento della capitalizzazione borsistica mondiale). Sembrerebbe quindi difficile colpirla da questo punto di vista. Si vuole comunque tagliarle il cordone ombelicale con tutti i mercati dei capitali, rendendole difficili i finanziamenti e toglierla dai sistemi di compensazione in dollari, definito appunto Swift. Che significherebbe, in concreto, dover cessare di vendere del petrolio o del gas ai membri della Nato e in particolare all’Europa perché le forniture non potrebbero più essere pagate.
Il congelamento della capacità della Russia a ricevere dei pagamenti per le esportazioni di energia decimerebbe la bilancia dei pagamenti di quel Paese, è vero, ma finirebbe soprattutto per essere controproduttivo per i governi occidentali, in particolar modo europei, che ne sono fortemente dipendenti e che per il momento non hanno migliori alternative per garantire fonti energetiche immediate, adeguate e a prezzi ragionevoli. Dunque, ecco il condizionamento o la nuova forma di egemonia che mettono in forse anche lo Swift: se non paghi come si può e si deve, dollaro o non dollaro, corri più rischi tu che hai bisogno e comperi, di me che vendo ma posso ancora resistere o vendere (alla Cina che ha enormemente bisogno e può pagare anche in renminbi o con le sue riserve in euro o dollaro). Appare quindi subito la necessità dell’eccezione europea. Anche perché il terrore dell’inflazione, ormai avviatasi con l’aumento dei prezzi di petrolio e gas, è già incombente.
Ci sono però altri settori o altri esempi che rientrano, in maniera altrettanto importante, nell’ambivalenza di cui si diceva. La sensibilità del mercato dell’alluminio ai rischi geopolitici russi o anche alle misure prese è forse la più evidente. Nel 2018 il governo americano sanzionava, per ritorsione, anche l’oligarca russo Deripaska e quindi la sua impresa Rusal (una delle più grandi produttrici di alluminio al mondo): crollava subito l’azione della società russa (meno 50 per cento in un giorno), ma aumentava subito del 30 per cento il prezzo dell’alluminio, generando in tutte le imprese occidentali – da quelle degli imballaggi alimentari sino a quelle dei sistemi aerospaziali, dipendenti da un alluminio a buon mercato e abbondante, collassi e perdite ingenti. Mentre la grossa fetta di attivi e profitti della società Rusal rimaneva salda in Russia.
Un altro esempio che potrebbe generare effetti nefasti è quello del mercato del titanio. Una sola impresa russa (Vsmpo-Avisma) rappresenta più del 30 per cento della produzione mondiale. Una percentuale che non dà ancora l’idea della sua importanza effettiva nella catena di approvvigionamento. Un accordo del novembre scorso ha fatto dell’impresa russa la principale fornitrice di titanio della Boeing americana (30 per cento, non facile da sostituire), dell’Airbus europea (65 per cento) e della totalità della società aeronautica brasiliana Embraer. Il fatto che lo Stato russo abbia una partecipazione importante nella Vsmpo-Avisma mediante una società holding direttamente legata alla produzione e alla vendita di armi non fa che complicare maledettamente gli sforzi occidentali nel reperire “sanzioni intelligenti” e senza effetti boomerang.
Non dimentichiamo poi che la Russia di Putin mantiene la sua egemonia sugli altri Stati post-sovietici, come Bielorussia o Kazakistan: il primo è importante produttore di potassio e di uranio, il secondo ha le maggiori riserve di zinco, di tungsteno e di barite.
“CHypocrite” è una critica all’atteggiamento assunto dalla Svizzera e dal suo ministro degli esteri Cassis. È sembrato, infatti, che l’aspetto più importante nell’atteggiamento da assumere nei confronti del caso Ucraina non fosse tanto quello di adottare qualche misura, ma piuttosto quello di non associarsi alle misure adottate dall’Europa (proprio come voleva e pretendeva l’Udc). ”La neutralità ci fa prendere una posizione differenziata – dice Cassis; in questa situazione non è facile; l’obiettivo è di mantenere le porte aperte per fare ciò che gli altri non possono fare: essere cioè un canale di comunicazione”. Quindi, in sostanza, realismo economico (per gli affari, i denari degli oligarchi depositati in Svizzera, il prezzo dell’energia, il commercio con la Russia, Svizzera principale piattaforma finanziaria nel negoziato per le materie prime russe), che il consigliere federale Parmelin, ministro dell’economia, preferisce definire “realismo politico”.
La Svizzera, per paradossale che possa sembrare, finisce – nonostante i suoi ministri o grazie a quella neutralità che sempre prontamente sanno togliere dal vecchio cilindro – per essere più equilibrista e forse (inconsapevolmente) meno ipocrita di altri. E non è un caso che è tra le prime che si appresta ad accogliere i prossimi rifugiati ucraini. Perché una delle caratteristiche immancabili degli imperialismi è proprio quella di creare sempre più rifugiati che troveranno ancora una virtù nella vecchia Europa, quella dell’accoglienza.
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