I bancomat russi e l’atomica di Putin
La resistenza degli ucraini, le proteste contro la guerra nelle città russe, e la Russia che ricorda di essere potenza nucleare
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La resistenza degli ucraini, le proteste contro la guerra nelle città russe, e la Russia che ricorda di essere potenza nucleare
• – Aldo Sofia
Dopo la manifestazione pacifista di Bellinzona: non per giustificare, ma per spiegare
• – Redazione
Il mondo musicale e artistico di Lucio Dalla, a dieci anni dalla scomparsa
• – Gianluca Verga
Su “La Domenica” del Corriere del Ticino due pagine per raccontare quanto anticipato da Naufraghi quattro giorni prima
• – Redazione
Dopo anni di conflitti ma anche di silenzio, l’invasione dell’Ucraina rianima l’opposizione alle guerre; mentre in Russia si alzano coraggiose voci di protesta, e l’ex presidente Medvedev auspica la pena di morte per chi si pronuncia contro la guerra
• – Aldo Sofia
Bellinzona, il pacifismo torna in piazza con una manifestazione unitaria delle sinistre e dei verdi
• – Patrizio Broggi
Mosca conta sul pieno aiuto di Pechino per sopperire alle sanzioni occidentali; ma non è detto che XI Jinping sia così disponibile
• – Loretta Dalpozzo
Un sito russo di orientamento “liberale” ha iniziato a pubblicare testimonianze di giornalisti contrari alla politica di Vladimir Putin
• – Redazione
Viviamo fra spudoratezza, violenza, guerra, irresponsabilità, cinismo, disumanità, ecocidio, arroganza, sfruttamento, e in qualche modo ne siamo complici anestetizzati
• – Lelio Demichelis
Quando scoppia una guerra abbandonarsi ad un’ondata di emozioni, rimpianti, recriminazioni appare poco utile. Forse più utile sarebbe capire come si sia arrivati fino a questo punto. Magari per intravvedere, se possibile, qualche prospettiva dopo il disastro
• – Jacques Pilet
La resistenza degli ucraini, le proteste contro la guerra nelle città russe, e la Russia che ricorda di essere potenza nucleare
Kiev non cade alla prima violenta spallata russa. Come, ovviamente, avrebbe preferito l’uomo del Cremlino. E come pronosticavano gli esperti di faccende militari. Invece, almeno per ora, gli ucraini reggono più del previsto. E qualche grattacapo cominciano a procurarlo a Vladimir Putin, il ‘geniale’ stratega insistentemente celebrato oltre Atlantico dall’ irrecuperabile Trump. In soli dieci giorni (mentre nelle città russe si formano lunghe code ai distributori bancomat, e finiscono in galera non pochi oppositori alla guerra) al Cremlino si è passati dal riconoscimento delle Repubbliche auto-proclamate indipendenti delle regioni russofone ribelli, all’entrata nel Donbass orientale dei primi reparti di Mosca, all’assedio non risolutivo della capitale, all’ordine di ‘offensiva generale’, alla decisione di allertare addirittura il dispositivo di sicurezza atomica. Non significa certo che la Russia rischi di perdere la guerra scatenata contro il Davide ucraino: non soltanto perché intatto rimane lo squilibrato rapporto fra le forze militari in campo, ma anche per la continuità territoriale su cui ora può contare l’esercito d’invasione.
Eppure qualche fessura si intravvede nella sicumera che veste la postura, le analisi, gli annunci dell’autocrate. Che non ha convinto i “fratelli” al di là del mitico fiume Dnepr a rigettarsi spontaneamente nelle braccia di Madre Russia; che ha definito il presidente Zelen’sky il capo di una banda di ‘drogati e neo-nazisti’; che ha inutilmente chiesto ai generali nemici di liberarsene con un colpo di Stato. E che ora accetta una trattativa senza precondizioni, naturalmente da tenersi in terra amica, quella del suo alleato e dittatore bielorusso Lukashenko. Che se ne è uscito con il più inverosimile ma minaccioso dei moniti: “le sanzioni occidentali spingono verso la guerra nucleare”. Ma come?, il ‘geniale’ non le aveva messe in conto? Non aveva tutto previsto? Non ha predisposto contromisure adeguate (magari attraverso ospitali canali finanziari alternativi cinesi) per neutralizzare l’esclusione (parziale) di banche russe dal circuito finanziario internazionale? E non dovrebbero essere un boomerang anche per le nostre economie?
Sta di fatto che quelle sanzioni – pur producendo i loro effetti solo tra settimane o mesi – potrebbero avere conseguenze molto pesanti sulla situazione di un paese, la Russia, che ha la sua ricchezza principale e quasi esclusiva nell’esportazione di gas e petrolio, che ha investito molto del suo budget nelle spese militari, che ha una società fra le più diseguali fra i paesi industrializzati, e il cui rapporto Pil pro-capite, a parità di potere d’acquisto, nell’anno pre-pandemico 2019 era appena al di sopra di quello della Bulgaria. E adesso c’è da sommare la fattura della guerra. Fattura salata. Nano economico ma potenza militare, si continua a ripetere della Russia. Ma anche questo è solo in parte vero. Mosca destina alla difesa 60 miliardi di dollari, gli Stati Uniti sono vicini agli 800 miliardi, la Cina è a 252, Germania Francia Italia insieme 134 miliardi. Ma certo, la differenza la fa l’arsenale atomico. No, non è assolutamente un caso se a Mosca e a Kiev se ne parla apertamente. E minacciosamente. Al tavolo delle annunciate trattative (si dice insistentemente chieste a Mosca da Pechino), che si terrebbero al posto doganale bielorusso di Aleksandrovka-Vilcha, le parti vogliono presentarsi ciascuno col massimo del loro peso negoziale. Gli ucraini con i risultati di una resistenza imprevista e con alle spalle le sanzioni occidentali. I russi anche col richiamo alla loro potenza nucleare. E non è un bel viatico.
Pubblicato oggi da ‘laRegione Ticino‘
Nell’immagine: pannello sulla strada per il posto doganale fra Aleksandrovka (Bielorussia) e Vilcha (Ucraina), da Google Maps
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