Razzismo, complotti e dittatori: il metodo di Tucker Carlson che uccide il giornalismo
Dal college di New York all’espulsione da Fox fino alle interviste con Trump e Putin
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Dal college di New York all’espulsione da Fox fino alle interviste con Trump e Putin
Al liceo St. George, Rhode Island, scuola per rampolli dell’America bene, i “preppy”, un giorno d’autunno del 1984, lo studente Richard Wayner, afroamericano, parla con la voce rotta dal pulpito della cappella, dell’assassinio di Eleanor Bumpurs, anziana nera malata, uccisa dalla polizia a New York durante un brutale sfratto: «Qualcuno di voi – esclama Wayner – ritiene che Eleanor meritasse di morire?». Dai ragazzi bianchi, assiepati in chiesa, solo una mano si leva a sostegno della violenza, quella del liceale Tucker McNear Carlson, 15 anni.
Tucker Carlson, da quella sprezzante sfida razzista arriva ora all’intervista all’uomo forte della Russia, Vladimir Putin, brevettando la formula della provocazione machista mascherata da giornalismo, del bullismo in giacca Brooks Brothers che degrada l’informazione a ring odioso del wrestling. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov lamenta che nessun media occidentale chieda interviste al presidente russo e, solerte Putinversteher, galoppino filorusso secondo il neologismo adottato dalla Treccani, Carlson arringa «Gli americani fanno marchette a Zelensky, non informano la gente».
In realtà le principali testate Usa, dall’invasione contro l’Ucraina del 2022, chiedono invano di incontrare il leader del Cremlino ma Putin li evita, per non avere domande serie mentre adesso, dopo oscuri accordi economici (la sola suite d’hotel costa 1000 dollari a notte), convoca Carlson. Peskov ha studiato l’intervista che l’ex presidente Donald Trump rilascia a Carlson il 24 agosto 2023, seduta di sadomasochismo con Trump a insultare i rivali alle primarie repubblicane e il presidente Biden, mentre Carlson, paonazzo, annuisce tremebondo.
La storia di Carlson, conduttore della rete tv di destra Fox, licenziato di botto dopo la causa intentata da Dominion, le macchine per votare che Trump accusava di brogli, finita con 781 milioni di indennizzo per diffamazione, parte da genitori con opposti destini. Mamma Lisa McNear Lombardi, nasce a San Francisco nel 1945, ereditiera di una dinastia padrona di due milioni di ettari per l’allevamento, i ranch più ricchi a Ovest del Mississippi, oltre agli asset finanziari dal padre italo-svizzero. Nonni paterni sono invece una ragazza madre di 15 anni, stremata dalla denutrizione, e il compagno diciottenne, che quando lei lo abbandona si spara in testa. Papà Richard, adottato, si arruola tra i marines, poi si innamora del giornalismo, fra naufragi, incidenti in elicottero, denunce per calunnia, finché il presidente Reagan non lo nomina direttore della radio di propaganda Voice of America e il successore, G.H.W. Bush, al dorato incarico di ambasciatore alle Seychelles. Il matrimonio fra Lisa e Richard dura niente, lei diventa artista d’avanguardia con il pittore David Hockney, e morendo lascia ai due figli maschi, Tucker e il fratello Buckley un solo dollaro a testa, premiando la figlia di seconde nozze. I Carlson ricorrono in tribunale e ottengono di nuovo l’ingente eredità.
Tucker Carlson, al St. George e al Trinity College, è ricordato come elegante, rissoso nei dibattiti, in bocca qualche spinello che gli costa l’ammissione come agente alla Cia, «meglio una birra» dirà dopo, e di estrema destra, fino a definirsi seguace di Dan White, il killer omofobo che nel 1978 uccide l’assessore gay di San Francisco Harvey Milk.
Rabbia, disprezzo per i diritti umani, feroce grinta guadagnano, in cravattino o blue jeans, a Carlson 3,7 milioni di spettatori su Fox, menu di propaganda esportato in Europa e in Italia: Trump eroe dell’America profonda, il Covid complotto dei finanzieri, Zelensky lacchè di Biden, vecchio, demente e corrotto, Putin leader con cui fare business, alle spalle della debosciata Ue. Prima dell’intervista, che Carlson lancia via social media, la rivista Politico organizza un ironico quiz online: il Cremlino concederà a Tucker la cittadinanza russa, come già all’ex spia Usa Edward Snowden, oggi solerte patriota a Mosca?
In attesa della soluzione, ricordiamo che oltre mille giornalisti russi vivono in esilio, cacciati dal regime di Putin, molti languono in cella e due corrispondenti, Evan Gershkovich del Wall Street Journal e Alsu Kurmasheva di Radio Free Europe, sono detenuti illegalmente in Russia, in violazione del diritto internazionale.
Nell’immagine: Tucker Carlson con Trump, il suo “eroe dell’America profonda”
«Per un’ecologia pirata… e saremo liberi!», un volume della politologa e femminista, edito da Tamu