Sentenza Eternit bis, la rivincita di una comunità
Le reazioni delle associazioni che si sono costituite parte civile e della politica alla condanna dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny
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Le reazioni delle associazioni che si sono costituite parte civile e della politica alla condanna dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny
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Le reazioni delle associazioni che si sono costituite parte civile e della politica alla condanna dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny
Di Adelia Pantano, La Stampa
Casale Monferrato.
Porta ancora con sé un’ondata di emozioni la sentenza che nel tardo pomeriggio di mercoledì ha sancito, in primo grado, la colpevolezza dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny per la morte di decine di casalesi vittime dell’amianto prodotto in uno dei suoi stabilimenti, a Casale Monferrato.
La condanna a 12 anni per omicidio colposo aggravato, frutto di un lavoro da parte del Pm che si è sempre battuta per l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale invocando una condanna all’ergastolo, ha toccato non solo i tanti cittadini che hanno assistito alla lettura della sentenza, ma anche le associazioni che si sono battute nel processo e costituendosi parte civile.
Tra di loro c’è Medicina Democratica, il movimento di lotta per il diritto alla salute, a cui è stato riconosciuto un risarcimento di poco inferiore a 14 mila euro. «La condanna dimostra come l’impianto accusatorio abbia retto, è una piccola rivincita per tutta la cittadinanza di Casale che è stata violata in tutti questi anni» commenta l’avvocato Laura Mara, in aula insieme all’Associazione italiana esposti amianto. «Indipendentemente dal numero di anni comminati – spiega – questa sentenza è un messaggio importante nel panorama giurisprudenziale italiano, un messaggio per tutti i processi di amianto pendenti perché sono state riconosciute la teoria multistadio e l’accelerazione del tempo all’evento, l’abbreviazione della latenza nei casi di mesotelioma pleurico».
Anche l’associazione Sicurezza e lavoro, parte civile con l’avvocato Giacomo Mattalia, ha sottolineato come quello di Novara sia un «segnale importante». «Finalmente arriva una qualche forma di giustizia per le vittime, i familiari, le istituzioni e le associazioni che ogni giorno lottano per avere più salute e sicurezza per lavoratori e lavoratrici – rimarca Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro -. È una condanna che può dare una rinnovata spinta ad altri processi del lavoro e alla prosecuzione delle bonifiche».
A fianco di Afeva a ogni udienza c’è sempre stata anche Legambiente con il circolo «Verdeblu» di Casale. «La sentenza restituisce al territorio casalese, e all’Italia tutta, un rinnovato senso di giustizia dal quale ripartire con maggior serenità per completare il percorso di bonifica e cura di un territorio che ancora sta facendo i conti con gli effetti nefasti dell’inquinamento da amianto e dove ogni anno ancora si ammalano oltre 50 persone» dice il presidente Vittorio Giordano. Il sindaco Federico Riboldi ribadisce che «la condanna di Schmidheiny non soddisfa a pieno la sete di giustizia di un territorio».
Altre reazioni dal mondo della politica. Parla di «una sentenza in chiaroscuro» il circolo Pd di Casale chiedendosi adesso quanto «questa sentenza reggerà fino alla Cassazione».
«Saremo sempre a fianco della società civile e sosterremo in ogni sede la giusta causa delle vittime dell’amianto perché la giustizia faccia il suo corso, sino in fondo» aggiungono i Dem. E dal Movimento 5 Stelle chiedono a gran voce che il reato non cada in prescrizione. «Sono state stabilite precise responsabilità e si è restituita dignità alle numerose vittime e ai loro parenti, ora attendiamo una sentenza definitiva».
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