Che peccato, da 25 anni sono un felice pensionato, insegnavo storia nel settore medio inferiore. Dicevo che peccato, non posso più utilizzare quei preziosi aiuti che i mezzi di comunicazione sanno offrire; di ciò che vi presento in modo succinto non potrò più parlare. Sarebbe stata, ne sono sicuro, una bella lezione di storia, e anche di civica, visto che quest’ultima, per volere del popolo, è stata imposta nei programmi.
Il 21 gennaio scorso la RTS, nell’emissione « Mise au point », ha diffuso un reportage di Cyril Dépraz dal titolo “Sur les traces des colons suisses au Brésil et leurs esclaves”. Il giorno successivo anche il sito della RSI l’ha riproposto ben sottotitolato, mettendo subito in rilevo che si tratta di una ricerca sul “ruolo di alcuni cittadini svizzeri nella schiavitù nel XIX secolo”, un ruolo che “è sempre più documentato, ma resta un tabù”.
Nei 13 minuti del servizio si incontrano tre discendenti di schiavi che ricordano il tempo crudele della loro storia, mostrando i luoghi delle aziende agricole di proprietà dei coloni.
Ad essere intervistato è pure lo storico Hans Fässler, autore di uno studio dal titolo eloquente “Reise in Schwarz-Weiss” (tradotto anche in francerse con il titolo “Une Suisse esclavagiste”), che spiega come da un documento custodito nell’Archivio federale si evince che il Consiglio federale nel 1864, quando Regno Unito, Francia e altre nazioni europee avevano già messo al bando la tratta degli schiavi, conoscesse e giustificasse la pratica della schiavitù dei coloni svizzeri. Nel documento ufficiale, discusso allora in Parlamento, figurava addirittura il prezzo degli schiavi, dai 4000 ai 6000 franchi. Alla questione, sollevata allora da un parlamentare, sulla moralità e legalità di questa pratica, il Consiglio federale aveva risposto che immorale ed illegale sarebbe stato intervenire sul libero commercio di connazionali all’estero.
Il reportage continua con la testimonianza del discendente di una famiglia neocastellana a proposito dei suoi avi, proprietari di piantagioni di tabacco, che utilizzavano quale forza-lavoro solo degli schiavi. Da Palazzo federale c’è poi l’intervento della consigliera nazionale Samira Marti che nel 2023, per l’ottava volta in venti anni, ha interpellato il Governo svizzero, chiedendo quale sia oggi la sua posizione a proposito di quel cupo momento storico. La risposta delle autorità federali finora è sempre la stessa: il Consiglio federale d’allora ha agito secondo le norme che erano in vigore in quel momento.
Ciliegina sulla torta: da parte dell’autorità politica sono state rifiutate tutte le domande d’intervista poste sull’argomento dal giornalista della RTS!
E così si continua a comportarsi come gli struzzi.
Nell’immagine: catene utilizzate per gli schiavi, nel documentario RTS