Un lungo, estenuante ed interminabile rumore misterioso
In una serata televisiva dedicata ai 90 anni della Radio si è visto e sentito un po’ di tutto, senza capire bene cosa e perché
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In una serata televisiva dedicata ai 90 anni della Radio si è visto e sentito un po’ di tutto, senza capire bene cosa e perché
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In una serata televisiva dedicata ai 90 anni della Radio si è visto e sentito un po’ di tutto, senza capire bene cosa e perché
E non c’è come riascoltare voci e melodie a produrre quell’effetto di “sentirsi a casa”; un effetto che è proprio ed è riconosciuto alla RSI, un tempo Monteceneri, oggi Radio Svizzera di lingua italiana. 90 anni di storia sono tanti, e raccontarli in uno spettacolo live è impresa ostica, che per forza di cose, in due ore di programmazione di prima serata, deve coniugare numerosi elementi: rappresentare la varietà dell’offerta, alternare interventi parlati, filmati e musicali con un ritmo che coinvolga pubblico presente e pubblico a casa, svilupparsi come un “racconto” secondo un disegno, un filo logico, che contenga momenti “obbligati” (quelli che tutti si aspettano) alternati a sorprese, in un andamento crescente che porti ad un finale, se non proprio “catartico”, almeno capace di lasciare il pubblico con un giusto e sano senso di soddisfazione (e di appartenenza).
“Novant’anni insieme”, andato in onda sabato sera, ci ha provato, affidando la conduzione alla brava Lara Montagna ed al navigatissimo Enrico Carpani, maestro di eloquenza ed eleganza, nel passare da un’intervista ad un lancio, in un percorso che ha attraversato, per finire, più le tre reti di oggi che i nove decenni dell’azienda, di un’emittente che ha una storia a dir poco straordinaria, da tutti i punti di vista.
Il programma è diventato così una passerella per gli attuali artefici dei programmi radiofonici, benché all’inizio si potesse immaginare un taglio anche “storico”, con i collegamenti dal centro di Lugano e dallo studio foce, dove tutto ebbe inizio. Anzi, ancora prima, il tutto si è aperto con un annuncio assolutamente classico, quello, appunto, di una annunciatrice degli anni che furono ( Edwige Hess-Sassi) cui si sarebbe almeno dovuto riconoscere un ruolo ed una maestria che si è persa nel tempo.
A far pensare ad un tale percorso vi era poi la presenza, sul palco, di una rinata e aggiornata “Orchestra Radiosa”, che è partita nel punteggiare i primi momenti del programma per poi gradatamente ammutolirsi fino a fare, semplicemente, da tappezzeria ( o più benevolmente, da pubblico plaudente).
Infatti è bastata una ventina di minuti perché tutto virasse sul susseguirsi di momenti di presentazione degli attuali settori radiofonici, dall’informazione allo sport, con l’angolino concesso a Rete Due, un più ampio spazio a Rete Uno e Rete Tre, la rete giovane, per intenderci, dove a fatica si è visto e sentito qualcuno che fosse under 40. Un ipotetico filo conduttore di carattere retrospettivo era forse attribuito agli attori della prosa radiofonica e ad alcuni loro momenti, talmente recitati da apparire troppo incongrui rispetto alla progressiva casualità di quanto era in scaletta attorno a loro.
Non parliamo poi del momento di “contatto”, quello della riproposizione paraltro scontata del famigerato “rumore misterioso”, con un Roberto Rizzato versione Ray Charles (occhiali scuri, chissà perché?) ad annunciare il ricco premio di nove marenghi per chi avesse individuato che rumore fa inserire un rotolo di nastro adesivo nel suo contenitore di plastica a forma di chiocciola. Ma possibile che non ci fosse altra soluzione? Che il “rumore misterioso”, per fare solo un esempio, si applicasse per far ritrovare sigle o voci o momenti particolari di storici programmi da indovinare per rievocarli?
Insomma, con questa esilissima e friabile impostazione, si è proceduto, per accumulo, in una sorta di programma patchwork quanto meno “irrisolto” nella sua assenza di scrittura, che si è trasformato esso stesso in un’interminabile ed estenuante “rumore misterioso”, con una sconclusionata e sciapa esibizione di un terzetto pseudo-comico di Rete Tre (Cioffi- Griso-Angelo), fino a che la celebrazione dei 90 anni della RSI non è diventata la celebrazione (?) del pensionamento di Enrico Carpani, con tanto di targa che ne attesta pubblicamente il ruolo di incaricato e supplente direttore. Una sorpresona che gli è venuta dall’attuale direttore Mario Timbal, seduto nel pubblico accanto all’ex-direttore Dino Balestra, orfani entrambi (forse) dell’altro ex-direttore, il neodeputato Maurizio Canetta, probabilmente inopportuno, per l’azienda, quanto la sua “discesa in campo”.
E con l’accorato congedo di Sergio Savoia in un suo minisermone gratulatorio si è arrivati ai titoli finali di una serata che si è risolta in un paradosso: cercando di rendere omaggio, se non alla storia dell’azienda almeno a quelli che la fanno oggi, è riuscita a metterli nelle condizioni di non poter mostrare quel che valgono davvero. Perché alla Radio ci sono tanti professionisti bravi e seri, che fossero presenti o meno nella serata, ma di queste qualità non si è sfortunatamente vista neanche l’ombra.
Con un’eccezione, in cui sta forse il momento migliore del programma: un breve inserto di 2 minuti in cui barocchisti e coro inscenano un particolare flash-mob in centro città a Lugano, sotto la direzione di Diego Fasolis. Ecco, a proposito di Fasolis e coro, per fortuna, il programma musicale domenicale “Paganini” ha riproposto un gran bel documentario di Mando Bernardinello e Renzo Rota sul ruolo della musica corale nella storia della Radio. Ecco un vero omaggio al senso e al ruolo, da 90 anni a questa parte, del servizio pubblico radiotelevisivo.
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