Elisabeth Kopp da simbolo di emancipazione a vittima di sé stessa
La scomparsa della prima donna in Consiglio federale, travolta allo scandalo della “Lebanon Connection” con l’inchiesta partita dal Ticino
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La scomparsa della prima donna in Consiglio federale, travolta allo scandalo della “Lebanon Connection” con l’inchiesta partita dal Ticino
E’ in questi due estremi – il valore fortemente simbolico della sua elezione a una decina d’anni dall’introduzione del suffragio femminile, e poi la rovinosa “caduta” e l’obbligato abbandono dell’arena politica – che si riassume il ricordo della carriera politica di Elisabeth Kopp, liberale-radicale, zurighese, dunque espressione del Cantone dell’economia di successo nonché prima piazza finanziaria nazionale, governato da un partito diventato “sistema”, tanto forte era la sua presa politica e il suo peso politico.
Una giovane Elisabeth Kopp entrata nel Palazzo del potere con passo e postura tranquilli, quelli di una destra conservatrice ma senza eccessi, molto pragmatismo e un pizzico di “femminismo”, quel tanto che bastava, di quei tempi, per metter mano a qualche miglioramento sulla via dell’uguaglianza di genere. Ministro di Giustizia e Polizia, in un Paese apparentemente e tutto sommato tranquillo, in cui cominciava appena ad affacciarsi la questione rifugiati, di cui si occupò, sempre con calcolato quasi freddo pragmatismo, con i primi provvedimenti e l’apertura del primo apposito ufficio federale. Una pacata traiettoria verso il vicino traguardo della presidenza della Confederazione, che per rotazione le sarebbe toccata a breve, se non fosse stata imprevedibilmente costretta alla resa.
Accadde quando, più o meno sottotraccia, la Svizzera era già diventata un ‘paradiso’ anche come piattaforma operativa e rifugio dell’attività criminale internazionale, riciclaggio e traffici illeciti, in una generale inconsapevolezza o in una calcolata e taciuta consapevolezza. Cadde rovinosamente, Elisabeth Kopp, inciampando su uno dei grandi scandali emerso da quel mondo semi-sotterraneo: la “Lebanon Connection”. Cominciato, lo scandalo, in un’area di sosta a Bellinzona Nord. Quando due camionisti turchi, che hanno attraversato tranquillamente diversi confini balcanici ed europei, il 2 febbraio 1987 arrivano all’appuntamento con uno sconosciuto emissario (in realtà un agente americano della lotta al narco-traffico), a cui consegnano 80 chili di morfina base e 20 chili di cocaina, per un valore fra i 300 e i 400 miliardi di lire, tanta roba per quegli anni.
E’ una trappola. Guidata da Dick Marty (che in seguito ottenne due importanti riconoscimenti statunitensi), la procura ticinese, già sulle tracce della “Lebanon Connection”, entra in azione con una serie di arresti, più tardi anche quelli dei fratelli Magharian. C’è di mezzo, fortemente indiziata, anche una società svizzera, la “Shakarchi Trading”, di cui è vice-presidente Hans Kopp, il marito della consigliera federale. La Kopp, si racconta, a fine autunno venne informata della circostanza da una sua collaboratrice. La Kopp alza il telefono, chiama il consorte, gli dice di lasciare subito quell’incarico, e qualche spiegazione deve averla data nel corso del colloquio. Soprattutto, cerca di metterlo al riparo dalla tempesta, in cui lei stessa finirà. Prime rivelazioni della stampa; apertura di un’inchiesta nel suo stesso dipartimento di Giustizia e polizia; quindi ammissione del fatto davanti ai colleghi di governo; infine l’annuncio delle dimissioni, anche se nel febbraio successivo la Corte penale federale la assolve da ogni tipo di imputazione.
Sembra che, a registrare la telefonata “inopportuna” vi fossero agenti della DEA chiusi In gran segreto nei sotterranei di un edificio, a due passi da Palazzo federale. Così Elisabeth Kopp, deceduta ieri all’età di 86 anni, entrerà nella Storia: emblema del riscatto femminile, e purtroppo vittima di sé stessa e di una “piovra” che nei decenni successivi continuerà ad approfittare di lacune legislative, inadempienze investigative, continue infiltrazioni malavitose, grave sottovalutazione di un fenomeno che solo di recente il Ministero pubblico della Confederazione ha indicato come una priorità da combattere.
Nell’immagine: 2 ottobre 1984, il giuramento di Elisabeth Kopp nel giorno della sua elezione
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