Un sistema da ripensare, che nessuno ripenserà
Nella discussione intorno agli scandali della chiesa cattolica la donna è la grande assente
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Nella discussione intorno agli scandali della chiesa cattolica la donna è la grande assente
• – Simona Sala
Anche nella Diocesi di Lugano
• – Franco Cavani
Tra pochi giorni sarà un anno da quando Mahsa Amini è stata ammazzata dalla polizia religiosa per una ciocca fuoriuscita dal velo
• – Redazione
Il ciclone Daniel ha colpito una terra già martoriata da continui scontri armati sotto la bandiera nera del Califfato
• – Redazione
Fra i banchi di parlamentari e governi, rispetto a un qualsiasi ragionamento si preferisce spesso e volentieri il ricorso a slogan e retorica da comizio
• – Saverio Snider
Un ampio comunicato del SOA Il Molino si esprime sulla vicenda della tentata conferenza di Massagno
• – Redazione
I risultati del rapporto sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica devono indurre i prelati elvetici a superare la paralisi imposta da tradizione e direttive vaticane
• – Redazione
Rapporto della commissione indipendente d'inchiesta: 1.002 casi di abusi dall'inizio degli anni Cinquanta, "ma è solo la punta dell'iceberg"; distrutti documenti nella diocesi di Lugano; sei vescovi indagati, anche l' attuale amministratore apostolico in Ticino
• – Aldo Sofia
Ovvero quando un tunnel bloccato ci fa stare fuori dal mondo, come piace a Lega e Udc
• – Enrico Lombardi
Per l'opposizione in esilio il regime ha imposto un sistema proto-fascista in cui non esistono più spazi di democrazia
• – Yurii Colombo
Nella discussione intorno agli scandali della chiesa cattolica la donna è la grande assente
Martedì 12 settembre la stampa elvetica, da quella scritta a quella video, da quella radiofonica a quella web, ci ha restituito un’operazione di mea culpa senza precedenti a opera di figure di spicco della chiesa cattolica svizzera. A suon di indignazione ecclesiastica e a furor di vox populi, da ogni cantone (nella doppia accezione del termine) si chiedono giustizia, presa a carico delle vittime, apertura degli archivi, e con una solerzia fuori del comune e mai vista prima, si pretendono chiarimenti e delucidazioni. La chiesa cattolica svizzera ne esce malissimo, il nostro cantone ancora peggio. Tutti paiono sotto choc e stupiti, sebbene le avvisaglie ci fossero (eccome se c’erano) perché ci sono sempre state (bastava guardare).
Fosse solo questo il guaio, potremmo comunque ancora ritenerci fortunati. Il problema a nostro avviso adesso però è un altro: anche questa volta la chiesa cattolica, nella sua caparbia cocciutaggine, non si muoverà di un centimetro a livello strutturale, così come (non) ha fatto dopo nessuno scandalo. Già in passato, infatti, al netto delle ammissioni di colpa e dei risarcimenti – che negli USA hanno portato addirittura alla bancarotta di alcune arcidiocesi – nulla è cambiato, e vien da credere che sarà così anche da noi.
Alla domanda della giornalista della Tagesschau della rete nazionale SF su quali sarebbero state le misure da prendersi per le vittime, il vescovo di Coira Joseph Maria Bonnemain martedì sera ha presentato quattro misure d’intervento – che però con le vittime del passato hanno poco o nulla a che vedere.
In futuro, anzitutto, per arginare, o addirittura eliminare sul nascere qualsiasi tentazione di abuso da parte dei preti, sorgerà uno sportello nazionale indipendente (i cui tempi di attuazione si prevedono però… biblici). Gli aspiranti preti dovranno poi sottoporsi a un test psicologico che ne certifichi l’adeguatezza (e questo in tempi di penuria di vocazioni: chi svolgerà i test? Con quali criteri?). A queste prime due misure si aggiungeranno la professionalizzazione del personale attivo nei vescovadi (ci sfugge il nesso con le vittime accertate) e da ultimo, ma non per importanza, l’impegno a non distruggere più gli archivi contenenti documenti potenzialmente compromettenti (come ha invece fatto allegramente la diocesi ticinese).
In questo sistema, che si è rivelato obbediente a proprie leggi interne al riparo da quelle applicate alla società civile, che è strutturato secondo equilibri di potere fortissimi e improntati a sudditanza e obbedienza (e specularmente a padronanza e comando), all’orizzonte non si vede nemmeno l’ombra di una riforma vera, che parta dal nucleo stesso dell’organizzazione. Il celibato andrà avanti a venire praticato (sebbene un quarto degli abusi non sia di natura pedofila), fra le altre cose per evitare un processo di “protestantizzazione” (forse ci sbagliamo, ma lì di scandali legati ad abusi non ne abbiamo ancora trovati), la struttura interna resterà saldamente piramidale, ma, soprattutto, brillerà per una grande, enorme assenza, quella femminile.
Alla donna, infatti, oltre al riconoscimento dei torti subiti dalle vittime di sesso femminile, resterà ancora e chissà fino a quando, un unico esempio da seguire, che è quello della Maria Vergine. Non la madre di Gesù, con tutti i suoi umani chiaroscuri, bensì la figura illibata nonostante, super partes, eterea, perennemente nel giusto. L’esempio non è dunque da cercarsi nelle donne che le chiese le hanno sempre frequentate, affidandovi magari anche i propri figli, intente ad arrabattarsi per conciliare lavoro e famiglia, dissidi e preoccupazioni, sacrifici e piccole gioie quotidiane, ma in una figura la cui perfezione e il cui strumento esemplificatorio delle masse risiede soprattutto nell’illibatezza. Nella mancanza di sesso, ossia nella mancanza di peccato. Ossia nella pratica dell’ossessione numero uno per molti uomini attivi nella chiesa.
La donna, oggi come ieri e con tutta probabilità domani, non ha quasi nessun ruolo, nella chiesa cattolica (almeno, ed è già qualcosa, non è più vista come lo strumento del diavolo). Non può dire messa, non può partecipare ai concili, non può prendere decisioni importanti, non confessa, non assolve, non celebra. A lei, ancora, resta un ruolo ancillare, forse non più strettamente legato al famoso diktat KKK (Kinder Küche Kirche), ma non per questo libero, proattivo, consultivo, propositivo o creativo. La chiesa cattolica è e resterà, anche ora che il primo bubbone è scoppiato, una pura Männersache, appannaggio esclusivo di quelle figure che il patriarcato lo hanno creato e ancora oggi lo difendono con le unghie e coi i denti, ma soprattutto con l’arma più potente e annichilente, ossia la convinzione di superiorità verso l’altra metà del genere umano.
Nell’immagine: KKK
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