Anche il S. Gottardo è di destra
Ovvero quando un tunnel bloccato ci fa stare fuori dal mondo, come piace a Lega e Udc
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Ovvero quando un tunnel bloccato ci fa stare fuori dal mondo, come piace a Lega e Udc
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• – Yurii Colombo
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• – Aldo Sofia
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L’arte (non solo italica) di esagerare, tanto ci si può sempre pentire
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Ricordi e riflessioni dello scrittore cileno che aveva militato a fianco di Salvador Allende
• – Redazione
Il racconto della straziante esperienza dell’esilio dopo la fuga da Santiago del Cile, 50 anni fa - Di Miguel Angel Cienfuegos
• – Redazione
Ovvero quando un tunnel bloccato ci fa stare fuori dal mondo, come piace a Lega e Udc
E così, eccoci ai titoloni sui problemi di sicurezza che inducono a prendersi il tempo necessario per verificare i danni (specie quelli che potenzialmente potrebbero ancora prodursi), su un allarme generale per le condizioni della galleria autostradale che dal 2010 necessiterebbe di controlli mai realmente predisposti, sugli inevitabili “disagi” per un traffico su gomma già al limite del congestionato.
Insomma, il Ticino, in particolare, soffre del rischio, ben concreto, di vedersi di fatto parzialmente isolato: molto più lungo e complicato risulta infatti raggiungere la Svizzera interna ( o da essa calare al Sud) sia su gomma che su rotaia, perché con questa situazione si è costretti nientemeno che a vere e proprie odissee fra le montagne, che si tratti di prendere la linea ferroviaria panoramica del Gottardo, oppure di avventurarsi lungo l’impervio percorso alternativo di un “accidentato” San Bernardino.
Si scopre, insomma, che quanto è stato realizzato in anni, decenni, per facilitare il transito Nord – Sud, con l’attraversamento fugace (tranne che in estate) del nostro famigerato triangolo delle Bermude prealpino, invecchia almeno quanto noi che ci abitiamo; come noi avrebbe bisogno di qualche attenzione in più a livello di prevenzione, e per noi diventa una “questione spinosa”, perlomeno fastidiosa.
Eppure, per paradosso, la natura delle cose e la loro deperibilità, ci stanno offrendo uno scenario che non è poi così dissimile da quanto, a parole, continua a rifilarci la retorica (specie elettoralistica) della nostra destra cantonale e federale, che ci vorrebbe autonomi, indipendenti da qualsiasi rapporto con un contesto “esterno”, fuori dall’Europa, fuori dall’Onu, fuori dal mondo, insomma, attaccati strenuamente alla nostra neutralità, quella che abbiamo nel DNA, che ci difende da ogni male, ogni stortura, ogni sofferenza, perché noi, se il mondo ci lasciasse in pace e non volesse ogni minuto mettere alla prova la nostra pazienza, noi, staremmo benissimo per conto nostro, da soli, senza fastidi, ma nei fasti – invece – di una condizione di benessere e privilegio che ci spetterebbe di diritto.
In questo senso, dunque, il paradosso consiste nel fatto che quel che pare un colossale accidente, è, in forma embrionale, quanto certa politica (ed il suo seguito) vorrebbe perseguire con strenua determinazione, a furia di rifiuti e dinieghi, in una sventagliata di “no” che sono del resto risuonati nel capannone di Pregassona ancora domenica scorsa, tra una luganiga ed un bicchiere di rosso, nella cerimonia di omaggio inginocchiato della nostra destra alla visita pastorale di San Cristoforo Blocher.
Se a livello federale il paperone zurighese ed i suoi fidati seguaci sono per l’esclusione del nostro paese da ogni prospettiva che indichi partecipazione attiva alle sorti e alle questioni politiche di fondo a livello europeo (non parliamo di visione “globale”, che quella conta solo, semmai, per fare affari e ricavarne benefici), a livello cantonale sono decenni che la Lega non perde occasione per avercela con Berna, e in generale con un paese, la Svizzera, che al Ticino rifila tasse e balzelli in maniera iniqua (dalle casse malati al servizio pubblico radiotelevisivo).
Così, il San Gottardo ammalato e ferito, in fondo, sta assecondando quel fronte politico, nel chiudere, ostacolare, impedire la comunicazione a Nord. Ancora un paio di colpi (una valanga sul passo, un cedimento di dolomia saccaroide nella canna rimanente ma boccheggiante) ed è fatta; poi a sud ci pensi il Bisbino (con colate di gin) o il Faloppia (esondando fra un posto di frontiera e l’altro) e saremmo a posto, finalmente solo fra noi, autentici campioni della politica dei piccoli Cassis, senza giornalisti inutili e rompiscatole, nelle mani amorevoli di chi pensa a noi per primi, di chi ci capisce e ci parla delle cose che ci concernono e ci preoccupano davvero, mica dei massimi sistemi e delle balle degli altri.
Il San Gottardo sta lavorando per loro, che piaccia o no. A noi di capire cosa fare.
Nell’immagine: maps.google.ti
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