I palestinesi preferiscono Hamas
Un autorevole sondaggio ‘premia’ gli islamisti della Striscia preferiti dal 53% dopo la guerra con Israele; una brutta notizia che interroga anche l’Occidente
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Un autorevole sondaggio ‘premia’ gli islamisti della Striscia preferiti dal 53% dopo la guerra con Israele; una brutta notizia che interroga anche l’Occidente
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Chi ha vinto la guerra? Israele, Hamas, o nessuno dei due? A un mese di distanza, la domanda non è affatto peregrina.
Di sicuro l’ha persa Netanyahu, al quale il conflitto non è bastato per riproporsi quale leader pressoché insostituibile della sicurezza nazionale: ha dovuto cedere la premiership al suo ex ministro Naftali Benett – campione dei coloni e dei progetti annessionisti dei territori palestinesi occupati – che guida la coalizione più improbabile del mondo, con dentro di tutto: nazionalisti religiosi, destra, centro, sinistra tradizionale, sinistra radical-pacifista e persino una formazione araba (il 21 per cento dei cittadini israeliani dentro i confini del ’67 sono palestinesi) che con soli 4 seggi è indispensabile per raggiungere la maggioranza parlamentare.
Ma non basta. Ecco infatti, sul tema ‘chi ha vinto e chi ha perso’, la notizia più recente e significativa: stando a un sondaggio del ‘Palestinian Center for Policy and Survey Research’, oggi Hamas ottiene fra i palestinesi (anche di Cisgiordania) una quota di popolarità mai raggiunta prima dalla formazione islamista che domina Gaza. Ben il 53 per cento ritiene infatti che Hamas sia degna di rappresentarli, contro il 14 per cento dei favori riservati a Fatah, la storica formazione di orientamento laico di Yasser Arafat (“che a questo punto si rigira nella tomba”, ha scritto un osservatore). All’origine della svolta, due principali fattori:
Naturalmente si tratta solo di un’istantanea, nulla esclude che a fronte di nuovi eventi questa tendenza possa ridimensionarsi. Ma si tratta di un’istantanea che solleva tutta una serie di questioni. Sia sullo sbandamento dell’attuale dirigenza palestinese, ancora considerata a livello internazionale (in particolare a Washington) l’unico interlocutore possibile; sia sul dibattito che prima o poi si aprirà nel nuovo governo israeliano sulla questione palestinese (Fatah riconosce il diritto di Israele a vivere in pace e sicurezza nei confini pre-’67, in cambio di uno Stato per i palestinesi; la ‘Carta’ di Hamas pretende invece la fine e lo smantellamento dello Stato ebraico). È del resto indicativo che, nei discorsi alla Knesset nel giorno di insediamento della nuova maggioranza, nessuno abbia evocato il problema dei rapporti coi palestinesi
Quella del ‘primato’ di Hamas non è certo una buona notizia. Gaza vive sotto dittatura islamica. Ma obbliga anche le cancellerie occidentali – che a lungo hanno derubricato la questione palestinese dall’agenda internazionale – a riflettere sull’incancrenirsi della situazione ad Ovest del fiume Giordano a causa di un costante indebolimento del diritto internazionale: causato soprattutto dalla politica dell’uscente Netanyahu. Sempre che sia davvero e definitivamente ‘uscito’.
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