Signora K.V.R.,
ho letto con malcelato disagio le sue considerazioni a proposito della decisione della Corte dei reclami penali di obbligare il procuratore generale a riaprire l’inchiesta sulla demolizione dell’ex-macello di Lugano.
Sorvolo, più o meno elegantemente, sulle sue critiche a proposito dei tempi necessari a giungere alla sentenza e sui suoi, presunti, costi. Resto comunque dell’opinione che una giustizia celere e a basso costo non sia la miglior carta da visita per un paese democratico.
Ciò che davvero mi infastidisce, soprattutto da parte di chi ricopre un ruolo istituzionale di rilievo come il suo, è il commento finale: “Fuori intanto ci sono delinquenti veri, che non sono né i molinari, né il Municipio, né la polizia”.
Certo, gli assassini, i terroristi e gli stupratori (tanto per citare i primi tre crimini che mi passano per la mente) sono indubbiamente dei criminali da perseguire e condannare, ma mi piace credere che la polizia e la magistratura facciano quotidianamente del loro meglio per farlo. Così come i tribunali fanno del loro meglio affinché la giustizia sia giusta e chi commette un reato (anche in buona fede) subisca una condanna equa. Così non fosse, tra l’altro, la sua Lugano non potrebbe vantarsi di essere la città svizzera più sicura.
Umanamente capisco il suo fastidio, ma prendersela con la Corte dei reclami penali è davvero poco elegante. Intanto perché, nel centosettantacinquesimo anniversario della Costituzione federale che sancisce la separazione dei poteri, non sarebbe male se una rappresentante del potere esecutivo evitasse di criticare il potere giudiziario.
E poi perché l’eventualità che l’esecutivo della città di Lugano abbia commesso un abuso di potere merita per davvero di essere verificata a fondo.
È vero: non è stato commesso alcun crimine, ma lei ed alcuni altri membri del Municipio avete deciso di mostrare i muscoli nei confronti degli occupanti dell’ex-macello, rinnegando così decenni di tolleranza.
Avevate davvero l’autorità per fare tutto ciò che avete fatto? In uno Stato di polizia la risposta sarebbe indubitabilmente sì, ma in uno Stato di diritto la risposta deve basarsi esclusivamente sul diritto e non sulla forza. Ed è proprio ciò che vuole la Corte dei reclami penali. A tutela anche della credibilità delle istituzioni.
Tanto le dovevo.
Nell’immagine: la Signora KVR