I confini e le frontiere della cultura
In un libro – omaggio dedicato ad Eros Bellinelli, il percorso biografico e l’attività di un importante personalità della vita civile e culturale della Svizzera italiana
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In un libro – omaggio dedicato ad Eros Bellinelli, il percorso biografico e l’attività di un importante personalità della vita civile e culturale della Svizzera italiana
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In un libro – omaggio dedicato ad Eros Bellinelli, il percorso biografico e l’attività di un importante personalità della vita civile e culturale della Svizzera italiana
Pantarei è l’insegna di una prestigiosa iniziativa editoriale di cui è stato artefice, per vent’anni, dal 1965 al 1985, Eros Bellinelli e che i figli Luca e Matteo hanno fatto rivivere per pubblicare un volume in ricordo della vita e dell’attività del padre intitolato “Eros Bellinelli (1920-2019) – Oltre confini e frontiere”.
Il libro, ricchissimo di documenti e fotografie dell’archivio privato della famiglia, è stato presentato ancora l’altra sera a Locarno con gli interventi del figlio Matteo e di Lorenzo De Carli, responsabile del sito “LanostraStoria.ch”, che all’attività pubblica di giornalista e produttore radiotelevisivo di Bellinelli dedica un articolato dossier.
Infatti, nella lunga ed inesausta attività di “divulgatore” e promotore culturale, Eros Bellinelli ci ha lasciato una serie incredibile di testimonianze, in buona misura raccolte e conservate negli archivi della RSI e non ancora del tutto valorizzate. Il libro dà conto, con precisione, di molte di esse, e sistematizza, in alcuni capitoli-chiave, i diversi “campi d’interesse” in cui si è esercitata la sua vera e propria “militanza”: da quella propriamente politica, vigorosamente socialista, legata a “Libera Stampa”, a quella giornalistica, come redattore e poi responsabile di molti programmi e settori della RSI; ancora, come promotore di iniziative editoriali e culturali che hanno saputo qualificare il nostro Paese: si pensi al premio letterario “Libera Stampa” o, appunto, alle edizioni Pantarei, con i tanti nomi che vi sono indissolubilmente legati, sia fra gli autori della Svizzera italiana sia fra quelli italiani.
L’elenco di scrittori ed artisti promossi, apprezzati, diffusi con passione da Eros Bellinelli è sterminato: da Piero Bianconi e Plinio Martini ad Adriano Soldini e Giorgio Orelli; sul versante letterario italiano si va da Pratolini a Cassola, da Fortini a Sereni. E non parliamo poi di pittori e scultori, tutti indagati e proposti alla platea del grande pubblico, in interviste o in saggi critici, con l’affetto ed il rispetto dovuti a dei veri amici.
Tutta questa passione, Eros Bellinelli l’ha riversata quotidianamente nell’intrecciare i suoi diversi campi d’attività, facendo incontrare ed incrociare nomi ed opere attraverso i libri, gli articoli, le emissioni radiofoniche e televisive. Bellinelli ha attraversato e segnato profondamente la storia dei primi decenni della RSI, incarnando perfettamente un presupposto a lungo fondante, nell’attività dell’azienda di servizio pubblico: quello, appunto, di contribuire in modo decisivo alla “crescita culturale” della comunità, mettendola in costante contatto con gli esiti più innovativi che venivano dalle opere di autori affermati o di talento d’oltre confine (e non solo di lingua italiana).
La “frontiera” non c’era, e se c’era andava superata. Non solo quella geografica, ma anche quella, mentale, psicologica e culturale, di un territorio di provincia com’era (e com’è) il nostro, cui il lavoro quotidiano di promozione e divulgazione culturale di Bellinelli ha provato a fornire strumenti di crescita indiscutibili.
Con lui, i suoi amici, fra cui non si può non ricordare, doverosamente, in campo radiotelevisivo, il nome di Bixio Candolfi: proprio lui, quel “Franco Liri” dell’epica emissione “La costa dei barbari”.
Ma scorrendo il nome delle tante emissioni radiofoniche e televisive cui ha dato vita Bellinelli, da “Orizzonti ticinesi” a “La giostra dei libri”, da “Radiogioventù” a “Cantiamo sottovoce” (per citarne solo alcune) non possiamo non giungere alla semplice constatazione che stiamo parlando, complessivamente, di un contributo fondamentale nella costituzione di un tessuto sociale, quello svizzero italiano, che intorno e dentro a quelle produzioni ha potuto riconoscersi, o riconoscere la parte migliore di sé, quella aperta verso il futuro, e oltre ogni confine.
In questo senso si può dunque parlare di “militanza”: per Eros Bellinelli una sorta di “emancipazione culturale” corrispondeva al più cruciale senso di servizio pubblico dell’azienda RSI.
Obiettivi che per lui stavano dentro una sorta di “missione” da perseguire anche con severità, certamente, e sempre, con estrema serietà, che si trattasse di parlare di cultura, di fare intrattenimento “intelligente” e “scanzonato”, come di affrontare le urgenze politiche del Paese.
La “sua RSI” era quella, in fondo, che lui incarnava e a cui dava voce, con il suo porsi elegante, garbatamente intransigente nel perseguire una forma di “educazione del pubblico” che per lui stava, anche, nella cura della lingua e della dizione, nell’attenzione estrema, ai dettagli della scrittura e della pronuncia. Ma per lui era anche la piena convinzione, che si trattasse, più in generale, di perseguire un obiettivo più latamente politico, quello di far crescere in competenze e capacità d’analisi un pubblico indistinto che andava “educato” al bello, al meglio, grazie ai mezzi di un’azienda chiamata proprio a questo ruolo.
Oggi i tempi sono cambiati, sotto molti punti di vista. “Panta rei”, tutto scorre e si trasforma.
Niente succede allo stesso modo una seconda volta. Se pensiamo che gli esordi giornalistici di Eros Bellinelli risalgono agli anni della Seconda Guerra Mondiale e che per poco, nella sua lunga esistenza, non è arrivato a vivere un’attualità in cui brutalmente con la guerra, oggi, torniamo a fare i conti, dobbiamo pur dire che confronti o parallelismi sono impensabili, per parlare di guerra, come per parlare di ogni altro evento, per di più attraverso la stampa ed i mezzi audiovisivi.
Anche la RSI non è più quella di “Telescuola”, ed è forse giusto così. In ogni caso bisogna prenderne atto. Ciò non toglie che la storia, e le storie di chi le ha dato così tanto, rimangono pur sempre uno strumento importante e utile da conoscere e ricordare per leggere il presente e pensare il futuro, anche circa il senso del servizio pubblico e dei suoi “linguaggi”.
Sentirsi artefici di un’emancipazione, di una crescita, anche dentro un contesto socio-culturale diverso, può ancora essere considerabile come un obiettivo da perseguire, da opporre, alla più facile rincorsa di “ciò che piace al pubblico”. La “lezione” di Bellinelli, in questo senso, rimane viva e autorevole, anche per costruire una “strategia” aziendale qualificata, che di fronte ai non pochi attacchi che giungono da chi con lei è cresciuto e che a lei deve, magari ancora oggi, una parte non trascurabile dei propri “successi”, si ricordi cosa significa vivere in una comunità che dispone di uno strumento, pubblico, di tale importanza identitaria.
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