“Lotto per la verità, ecco perché festeggio i 40 anni in carcere”
La lettera inviata a “La Repubblica” dal dissidente russo Ilja Jashin, che traccia un bilancio del suo impegno politico
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
La lettera inviata a “La Repubblica” dal dissidente russo Ilja Jashin, che traccia un bilancio del suo impegno politico
• – Redazione
La verità è sempre più la prima vittima delle guerre
• – Redazione
Risponde alla volontà di garantire l’accesso ad una forma pubblica e controllata di moneta, digitale ma non cripto
• – Redazione
La corsa sfrenata alla digitalizzazione sta trasformandoci in vittime del capitalismo della sorveglianza, quello alimentato da super-ricchi che stanno preparandosi a fuggire. Anche su Marte, se necessario
• – Lelio Demichelis
Il 300° anniversario del battesimo di Adam Smith e il recente accordo sul debito degli Stati Uniti offrono l'opportunità di mettere in discussione le narrazioni alla base della nostra pratica economica
• – Boas Erez
Parla la rivale del dittatore di Minsk, che le rubò la vittoria alle elezioni del 2020
• – Redazione
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
E nemmeno lo ha fatto per appoggiare il capo della Wagner: perché li considera entrambi parte dello stesso sistema
• – Yurii Colombo
Il presidente-dittatore della Bielorussia si vanta di aver fermato il capo della Wagner, ma deve tutto, anche la sopravvivenza politica, a Vladimir Putin
• – Aldo Sofia
A più di un mese dalla vittoria elettorale di Move Forward, il partito nato dal movimento pro-democrazia che portò in piazza i giovani contro i generali, il paese rimane in un limbo
• – Loretta Dalpozzo
La lettera inviata a “La Repubblica” dal dissidente russo Ilja Jashin, che traccia un bilancio del suo impegno politico
Oggi compio 40 anni e festeggio questo anniversario in carcere, mentre Evgenij Prigozhin è in libertà. Ho cominciato a occuparmi di politica più di 20 anni fa. All’inizio, da studente, partecipavo alle manifestazioni in difesa della stampa indipendente e contro la guerra in Cecenia. Poi ho abbracciato il movimento studentesco. Infine sono entrato a far parte dell’opposizione democratica: indagavo sulla corruzione, lottavo per i diritti civili, partecipavo alle elezioni. Lo dirò francamente: il mio quarantesimo compleanno lo immaginavo diversamente.
La Russia non è affatto quel Paese che sognavo da giovane. È come se la società fosse stata sottoposta a un mostruoso esperimento nel tentativo di costruire qui lo Stato distopico descritto da George Orwell nel romanzo 1984. In passato non sarebbe mai stato possibile immaginare, neppure in un incubo, che il nostro esercito un giorno avrebbe combattuto contro il popolo che una volta ci era il più vicino e più caro, e che i cittadini sarebbero stati sbattuti dentro per aver chiesto di fermare questa guerra. Ed anche il mio destino è molto diverso da come l’avevo pianificato.
I miei coetanei in Europa, che hanno iniziato a fare politica insieme a me, sono diventati deputati, ministri e presidenti. Mentre in Russia, da allora il presidente, di fatto, non è mai cambiato: Putin ha ceduto la sua carica solo per un breve tempo al suo rassegnato successore. In tutti questi anni io venivo escluso dalle elezioni, picchiato alle manifestazioni, rinchiuso in centri di detenzione amministrativa per 10, 15 o anche 45 giorni per aver criticato le autorità. Allo stesso tempo, i miei amici e colleghi venivano fucilati sotto le mura del Cremlino, come Boris Nemtsov, o avvelenati con veleni militari, come Vladimir Kara-Murza e Aleksej Navalny. L’apice della mia dubbia carriera politica è stato poter guidare un consiglio distrettuale a Mosca durante un breve periodo di “disgelo” in cui agli oppositori è stato consentito candidarsi alle elezioni e io ho sconfitto rappresentanti del potere in una leale lotta competitiva. Tuttavia, il “disgelo” è finito rapidamente e, dopo lo scoppio della guerra, il mio consiglio distrettuale è stato distrutto dai servizi speciali insieme ad altre istituzioni indipendenti della società civile in Russia.
Vale la pena riconoscere che nessuno degli obiettivi importanti che ci eravamo prefissati con i nostri compagni dell’opposizione è stato raggiunto. In Russia c’è una dittatura, il Paese sta combattendo in modo insensato e sanguinoso, c’è un anello di isolamento senza precedenti e ogni giorno la morte porta via tante persone. Prigozhin si è divertito un sacco, ha umiliato alla grande l’intera leadership militare del Paese, ha catturato una città e sparato contro aerei militari russi. Ma a screditare l’esercito siamo sempre Aleksej Gorinov, Evgenij Rojzman e io. Chi ne dubiterebbe!
Questo significa che metà della mia vita sia andata sprecata? No, non credo. Come non credo
che sia stata sprecata la vita degli antifascisti tedeschi, che si rifiutavano di collaborare con Hitler e finivano nei campi di concentramento. Né considero privo di senso il destino dei dissidenti sovietici che portavano avanti una lotta apparentemente disperata contro Stalin e il Kgb finendo in massa nei Gulag. Il successo nella politica non è sempre misurato con qualifiche formali. In generale, il lavoro di un politico, dal mio punto di vista, si basa su un semplice dovere: dire la verità al suo popolo. La verità a volte spiacevole, a volte seccante, a volte pericolosa. Spesso per questa verità si deve pagare un prezzo alto, compresa la libertà personale e persino la vita. Ma storicamente il “partito della verità” vince sempre. Finché questo partito esiste in Russia — anche se nelle carceri e nella clandestinità — io continuo a credere che il mio Paese abbia una chance di avere un degno futuro. E sono orgoglioso di appartenere a questo partito.
Traduzione di Aleksej Larionov
Nell’immagine: Ilja Jashin nel 2019
Dai campi profughi alla Jihad: l’infanzia dei miliziani scandita dai radi dell’Idf. Come Abu Shujaa, 26 anni, celebrato da eroe, che Israele ha eliminato. Ma tra loro c’è chi ha...
In un mondo in cui tutti sono stati educati a essere individualmente responsabili per sé stessi, dalla salute all'istruzione, la precedente rete sociale si è disfatta