Incrociamo le dita

Alla luce dei dati le caute riaperture annunciate oggi rischiano di rivelarsi eccessive. Perché se i casi dovessero davvero ricominciare ad aumentare con le restrizioni in vigore, ogni allentamento non potrà che rafforzare la tendenza


Riccardo Fanciola
Riccardo Fanciola
Incrociamo le dita

Quando si dice l’ironia della sorte. Almeno nell’immediato, il Consiglio federale tiene duro dinanzi alle pressioni delle lobby economiche e della piazza. Gli allentamenti delle  misure sono quelli annunciati la scorsa settimana: apertura di tutti i negozi, di musei, biblioteche e, all’aperto, di attività sportive e del tempo libero. Ma bar e ristoranti restano chiusi: se ne riparlerà dopo il 12 marzo e in ogni caso non se ne farà nulla prima del 22 marzo.

L’annuncio, però, arriva proprio quando l’andamento dei contagi sembra segnare un’inversione di tendenza. Dopo oltre un mese e mezzo di cifre in diminuzione (il calo era iniziato il 7 gennaio), da lunedì il numero dei nuovi casi ha ricominciato a salire: +56 martedì, +90 oggi.

È presto per trarre conclusioni, ma è impossibile ignorare il campanello d’allarme. Tanto più che le nuove varianti, di cui da un paio di giorni l’Ufficio federale della sanità pubblica i dati, secondo le ultime stime hanno ormai superato il 50 per cento del totale, con la cosiddetta variante inglese (B.1.1.7), più contagiosa, a rappresentare più del 95 per cento del totale: 3257 casi in totale. (Non che le altre varianti siano meno preoccupanti, peraltro: si presume possano causare delle reinfezioni e ridurre l’efficacia dei vaccini; della B.1.351, la cosiddetta sudafricana, sono finora stati individuati 135 casi; della P.1, soprannominata brasiliana, 7 casi).

Alla luce di questi dati, anche le caute riaperture annunciate oggi rischiano di rivelarsi eccessive. Perché se i casi dovessero davvero ricominciare ad aumentare con le restrizioni in vigore, ogni allentamento, seppur minimo, non potrà che rafforzare la tendenza.

Altro che riaprire bar e ristoranti, come molti chiedevano!

Con buona pace degli epidemiologi improvvisati che, dall’alto della loro arroganza, lanciano ora strali contro il Consiglio federale.

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