Pierre Maudet, il Matteo Renzi romando?
L’impietoso verdetto della giudice Sabina Mascotto per Pierre Maudet sarebbe la prova della sua sostanziale innocenza.
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L’impietoso verdetto della giudice Sabina Mascotto per Pierre Maudet sarebbe la prova della sua sostanziale innocenza.
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L’impietoso verdetto della giudice Sabina Mascotto per Pierre Maudet sarebbe la prova della sua sostanziale innocenza.
Già, perché da un lato c’è Pierre Maudet che si dice soddisfatto e annuncia ricorso, ma dall’altro c’è l’impietoso verdetto della giudice Sabina Mascotto: Pierre Maudet ha agito per convenienza personale ed era ben consapevole del conflitto di interessi che poteva creare il viaggio ad Abu Dhabi con la sua famiglia e il suo ex braccio destro, un viaggio completamente spesato dalla famiglia reale e organizzato da due imprenditori ginevrini. E quindi condanna il consigliere di Stato dimissionario a 300 aliquote giornaliere da 400 franchi con la condizionale e a restituire 50mila franchi al cantone, ovvero il costo del viaggio e del soggiorno nel Golfo.
Ma lui niente. Per lui il bicchiere è mezzo pieno e poco importa se perfino un miope vedrebbe che si tratta invece di un colapasta. La sentenza – secondo Maudet e avvocati – sarebbe la prova della sua sostanziale innocenza. E perché? Perché è stato prosciolto da uno dei due capi d’accusa: accettazione di vantaggi nell’ambito del finanziamento di un sondaggio preelettorale. E noi lì, a guardarci intorno, a chiederci se abbiamo capito bene.
“Credo di sì, ma cosa ti aspettavi che dicesse? – rispondo allora al mio collega – certo che abbiamo visto lo stesso processo”. Ma lui è Pierre Maudet, mi dico: un po’ Trump, un po’ Renzi e un po’ Steve Jobs. Come per l’ex presidente degli Stati Uniti è il popolo a poter estrarre il cartellino rosso, non il diritto e non certo l’opinione pubblica; come Renzi si muove a una velocità tale da destabilizzare costantemente i suoi avversari; e come il fondatore della Apple, è sempre stato un maestro in quello che è passato alla storia come “il campo di distorsione della realtà”, ovvero la capacità di Steve Jobs di convincere se stesso e gli altri a credere a tutto, anche alle menzogne, anche negando l’evidenza pur di vendere un computer in più. Ma forse – mi ripeto – è anche e soprattutto quell’Arthur Herbert Fonzarelli, altrimenti detto “Fonzie”, incapace di dire senza impappinarsi: “ho sbagliato”.
Perciò sì, Pierre Maudet farà ricorso, e sì, si presenterà con una condanna pendente alle elezioni suppletive del 7 marzo prossimo per succedere a sé stesso in consiglio di Stato (e udite-udite, con qualche – seppur piccola – possibilità di riuscirci), e sì, quel colapasta della politica ginevrina è ancora lì, basta solo ricordarsi al momento opportuno e in favore di telecamera di versare l’acqua, tantissima acqua e tanto inchiostro, che almeno per un momento, per un breve ma fondamentale momento, quel colapasta sembrerà a tutti mezzo pieno. Quasi un bicchiere.
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