La variante Delta decolla ma non troppo
Presto potrebbe diventare la più diffusa ma il numero dei casi è contenuto visto che, nonostante le aperture, i contagi calano
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Presto potrebbe diventare la più diffusa ma il numero dei casi è contenuto visto che, nonostante le aperture, i contagi calano
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Presto potrebbe diventare la più diffusa ma il numero dei casi è contenuto visto che, nonostante le aperture, i contagi calano
Il grafico pubblicato nella pagina dedicata all’evoluzione delle varianti del sito dell’UFSP vale mille parole.
Dopo più di un anno di pandemia, dovremmo avere imparato tutti a riconoscere queste curve, che disegnano una crescita esponenziale: a metà maggio, la variante Delta rappresentava l’1,3 per cento dei contagi, a fine mese il 3,3 e nei dieci giorni successivi ha raggiunto l’8,9 per cento, dopo aver toccato una punta del 9.4 nei giorni precedenti. Non bastasse, il grafico mostra che a schizzare verso l’alto c’è anche la variante Kappa, sorella della Delta: dallo 0.2 per cento di fine maggio, in dieci giorni ha raggiunto il 5,4 per cento. Le due sotto-varianti individuate per la prima volta in India sembrano dunque prendere il sopravvento anche in Svizzera.
Un’evoluzione che si è registrata in dieci giorni, ho scritto, e non è una svista: perché i dati dell’UFSP si fermano al 10 giugno. Quale sia stata l’evoluzione nelle ultime due settimane è impossibile dirlo: se il loro tasso di crescita non è cambiato, le due varianti potrebbero ormai essere maggioritarie, visto che la Delta raddoppiava ogni settimana e la Kappa, dal 1. al 10 giugno, si è addirittura moltiplicata 25 volte.
Preoccupante, senza dubbio. Questi dati vanno letti, però, nel contesto del rapido calo dei contagi cui stiamo assistendo. In numeri assoluti la crescita delle due varianti è stata molto meno spettacolare. Dal 1. al 10 giugno il numero dei casi giornalieri si è dimezzato (da 756 a 358 casi) e ciò significa che le due varianti, sommate, sono passate da 27 a 51 casi, mentre da 25 a 32 sono aumentati i casi della variante Delta, quella più preoccupante (a causa della sua scarsa diffusione, non preoccupa per ora la variante Kappa, anche se, come la sorella, riduce l’efficacia della vaccinazione, soprattutto tra la prima e la seconda dose, e può infettare anche chi è già vaccinato).
Tra le buone notizie vi è il fatto che, dopo la seconda dose, i due vaccini utilizzati in Svizzera hanno un’elevata efficacia anche contro queste varianti: il problema è che, secondo gli ultimi dati dell’UFSP, le persone completamente vaccinate sono poco più del 30 per cento, cui si aggiunge un 17 per cento scarso di persone che hanno ricevuto una sola dose e sono perciò protette solo parzialmente.
Di positivo c’è inoltre l’inizio dell’estate i cui effetti stagionali attenuano la contagiosità del virus e che, soprattutto, coincide con la chiusura delle scuole, che rappresentano un terreno di coltura ideale (ragazzi non vaccinati che trascorrono ore assieme in un luogo chiuso e troppo spesso mal ventilato). Resta però il fatto che queste varianti sono nettamente più contagiose, in particolare tra i giovani, e necessitano più spesso di un’ospedalizzazione (seppur in media più breve).
È in questo ambito che si inseriscono le nuove aperture decise ieri dal Consiglio federale. Che dire? Quelle precedenti non hanno causato guai, per cui mi sembra lecito essere ottimisti. A condizione però di seguire con attenzione l’evoluzione delle due varianti oggi in crescita, pronti a intervenire se i contagi tornassero a salire, e di continuare a pieno ritmo con le vaccinazioni.
Come ricordava martedì il virologo Didier Trono, intervistato dalla Radio romanda, solo le vaccinazioni potranno evitare che anche la Svizzera venga a trovarsi in una situazione simile a quella che vive l’Inghilterra oggi. Secondo il responsabile del Gruppo Diagnostica e test della Task force scientifica, solo se entro la fine di settembre tutti coloro che possono si saranno vaccinati – e quindi la copertura vaccinale sarà vicina all’80 per cento – riusciremo a evitare una quarta ondata che rischia di assomigliare a quella che ci ha travolti lo scorso ottobre.
Con le nuove varianti i più giovani sono colpiti in modo maggiore, in alcuni casi con conseguenze gravi
Imbarazzante: prima di decidere le ultime aperture il Consiglio federale non ha né consultato né informato la Task force scientifica