Putin applica il “modello Aleppo” su civili e bambini
Di Anna Zafesova, La Stampa Sembra quasi che Vladimir Putin voglia distruggere più Ucraina possibile, prima che il Congresso di Washington sblocchi finalmente – se lo farà – il...
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Di Anna Zafesova, La Stampa Sembra quasi che Vladimir Putin voglia distruggere più Ucraina possibile, prima che il Congresso di Washington sblocchi finalmente – se lo farà – il...
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Di Anna Zafesova, La Stampa
Sembra quasi che Vladimir Putin voglia distruggere più Ucraina possibile, prima che il Congresso di Washington sblocchi finalmente – se lo farà – il pacchetto degli aiuti, e prima che l’Europa racimoli nei suoi magazzini i sistemi di difesa antiaerea necessari per impedire che i missili russi riducano le città ucraine in macerie. «Sono sicuro che lo faremo rapidamente», dice Josep Borrell, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, chiedendo all’Europa di «assumersi le proprie responsabilità» senza contare sempre sugli Stati Uniti. Ma il “rapidamente”, nel caso dell’Ucraina, è già tardi: i tempi della politica, come i tempi della logistica – dei trasporti, dell’installazione, del collaudo – sono troppo lunghi per chi sta morendo ogni giorno in Ucraina. La strage di Chernihiv – 18 morti e 78 feriti civili, tra cui quattro bambini – ha confermato l’escalation degli attacchi russi dopo le “elezioni” presidenziali: vengono colpiti quartieri residenziali, università, ospedali, centrali elettriche, in una operazione di sterminio metodica che il Cremlino non tenta più nemmeno di presentare come “militare”. Zaporizzhia, Odesa, Kryvy Rih, Kremenchuk, Poltava: ogni giorno l’esercito russo aggiunge un nuovo nome alla mappa del terrore. La lista delle vittime civili ormai conta migliaia di nomi, e soltanto ieri l’ufficio del procuratore generale ucraino ha aggiornato il numero dei bambini uccisi dalla guerra: 543, con 1296 rimasti feriti e la nota a margine di “almeno” accanto, perché di molte morti, come quelle nei territori occupati successivamente dai russi, non si riesce a tenere la contabilità.
L’Ucraina si trova forse nel momento più difficile dall’inizio dell’invasione russa. Il ministro dell’Energia Herman Halushenko ha comunicato che gli attacchi russi dell’ultimo mese hanno distrutto l’80 per cento del potenziale delle centrali elettriche termiche e più della metà dell’idroelettrico, il direttore della principale società elettrica nazionale, Dtek, Maksim Timchenko, dice che i quattro quinti delle strutture di generazione dell’energia sono state eliminate. Le macerie della diga di Dnipro e quelle della sala delle turbine della centrale di Tripolskaya, vicino a Kyiv, promettono un’estate di razionamento dell’elettricità e un inverno di gelo, ma soprattutto richiedono – ancora prima dei milioni di euro che serviranno a ripristinarne il funzionamento – uno scudo. Senza le difese antimissile, Putin continuerà a fare il tiro a segno, e mentre i suoi propagandisti in TV ormai invocano apertamente la distruzione di Kharkiv, il sindaco della seconda città ucraina Ihor Terekhov verbalizza il paragone già pensato da molti: «Potremmo diventare una nuova Aleppo».
È il momento forse più difficile, e lo si capisce anche da quanto è cambiato il tono dei responsabili di Kyiv, a cominciare da Volodymyr Zelensky, che per la prima volta pronuncia la parola “sconfitta” non nel contesto di una ipotesi da scongiurare, ma di una possibilità da non escludere. Anche The Politico fa un titolo sulla “sconfitta”, e intervista militari ucraini che parlano di un possibile sfondamento della linea del fronte, se la Russia inizia una nuova offensiva massiccia in estate. Alle truppe di Kyiv mancano munizioni – che l’Europa e gli Usa non solo tardano a inviare, ma non hanno in quantità necessaria – e uomini. La legge sulla mobilitazione, firmata da Zelensky in una versione alleggerita dopo mesi di polemiche, certifica un cambiamento che Oleksandr Noinets, cofondatore del movimento DemSokyra, definisce con crudezza: «Non riusciamo più a far fare la guerra soltanto ai volontari, uccisi dall’esercito russo, ed è impossibile combattere con le candeline» sui social. Zelensky si trova così schiacciato tra chi lo critica per essere stato finora troppo morbido a concedere alla società ucraina la «guerra con le candeline», e chi lo attacca per aver approvato sanzioni pesanti per i renitenti alla chiamata alle armi. Ma per motivare le reclute il comando deve mostrare una prospettiva di vittoria, che dipende dagli aiuti di un Occidente che intanto osserva un Paese venire massacrato in diretta.
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