La doppia essenza della verità
Dialogo, spazi, cultura, autogestione: una questione di “narrazione”
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Dialogo, spazi, cultura, autogestione: una questione di “narrazione”
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Dialogo, spazi, cultura, autogestione: una questione di “narrazione”
È un luogo che diventa simbolico, per certi versi, di una gestione non certo trasparente degli spazi pubblici e privati, che a Lugano, fra sfitti, dismessi o inaccessibili, è tornata a muovere le istanze di un’ampia rete di realtà socio-culturali che sabato scorso hanno manifestato pacificamente per l’ottenimento, appunto, di “spazi” di aggregazione autogestiti in un corteo partito proprio da Piazza Besso per snodarsi fino a Viganello. Quasi 80 le associazioni che hanno aderito all’iniziativa; circa 500, forse 600 i partecipanti al corteo che a due anni dall’ancor doloroso sfregio dell’abbattimento dell’ex-Macello, sono tornati a rivendicare l’urgenza della questione della cultura dal basso e dell’autodeterminazione nella creazione di momenti di aggregazione, non gestiti verticisticamente dall’autorità comunale.
La manifestazione ha avuto un notevole successo di partecipazione ed ha rappresentato, forse, un momento di svolta, o perlomeno un passo avanti nel controverso capitolo delle rivedicazioni di autonomia da parte di una rilevante parte di giovani (e non solo) desiderosi di trovare luoghi adeguati per poter dar vita ad eventi di carattere politico, sociale e culturale non preliminarmente passati al vaglio dell’ufficialità istituzionale, sulla scia, se si vuole, dell’esperienza della “Tour vagabonde” elogiata persino dal Municipio e considerata un’iniziativa meritevole di ulteriori sviluppi. Salvo poi lasciare che il silenzio tornasse a dominare spazi e luoghi cittadini, fino a sabato scorso. Il corteo, indetto significativamente dall’”Assemblea popolare”, l’insegna che raggruppa tutte le associazioni che hanno aderito, ha detto chiaramente che ci sono realtà che in silenzio non possono e non vogliono stare e che rivendicano la legittima “cittadinanza” delle loro istanze. Un segnale, in fondo, che raccoglie l’eredità dell’autogestione “pura e dura” dei molinari, per coinvolgere altre esperienze e costituirsi come interlocutore (tutto da scoprire e da definire, ma ben vivo) perché il Municipio faccia finalmente un passo concreto verso l’identificazione di luoghi specifici da poter consegnare o concedere “in gestione” all’Assemblea.
Non sarà sfuggito che le reazioni raccolte dai media presso il Municipio, in particolare le affermazioni del municipale Roberto Badaracco, pur mostrando apertura verso un possibile “dialogo” sono tornate ad evocare intransigenza e inaffidabilità dell’autogestione in precedenti circostanze, in una narrazione che ha reiterato un ritornello in cui, a mancare, tristemente, è stata, una volta di più, la decisione improvvisa e tuttora senza responsabili dell’abbattimento dell’ex-Macello. Come se quel luogo non contenesse una lunga storia; come se quell’episodio potesse o dovesse essere dimenticato da chi, in quel luogo, aveva vissuto esperienze e momenti di vita importanti.
Ecco che proprio il fronte specifico dell’autogestione (CSOA), che è una componente dell’”Assemblea popolare”, torna ad esprimere la propria “verità” in proposito, con una presa di posizione che ci pare utile proporre alla lettura come occasione di ulteriore riflessione per capire quel che è successo, succede e succederà, forse, intorno al tema, ancora caldo quanto irrisolto, dell’autodeterminazione politica, sociale, culturale a Lugano e in Ticino. Qui di seguito, dunque, il testo giunto in redazione.
LA DOPPIA ESSENZA DELLA VERITÀ
In merito alle recenti dichiarazioni del vicesindaco di Lugano Badaracco – nelle quali denigra senza mezzi termini l’esperienza di oltre 25 anni d’autogestione – ci troviamo purtroppo e ancora una volta a dover chiarire alcuni concetti. Non ci addentreremo in un’analisi rispetto al corteo del 10 giugno, poiché sarà l’Assemblea Popolare, se lo vorrà, ad occuparsene. Ma lasciare spazio all’ennesima narrazione fatta di illazioni e menzogne, non ci sembra cosa buona e giusta. Sorprende solo un po’ che un personaggio fino a oggi considerato “moderato” scada, allineandosi ai livelli di Foletti, Valenzano e compagnia cantante. Una sorta di doppia essenza della verità, come sosteneva il poeta. Se non che, a emergere è la chiara volontà di spaccare, dividere, dannare e sacrificare. Insomma, nonostante i detriti rimangano inerti al centro, la creazione di macerie continua.
Nello specifico ci teniamo a ribadire che:
DIALOGO
(con una controparte così è impossibile colloquiare… R.B., modem): l’ultimo incontro ufficiale con il comune di Lugano avvenne otto anni fa con l’allora sindaco Borradori e Bertini. Le prime dichiarazioni furono positive (è stato un incontro costruttivo, Marco Borradori, Ticinonews). Consegnammo per l’ennesima volta i progetti e le proposte di spazi fatti in oltre 20 anni e ribadimmo le necessità del Centro Sociale. Bertini parlò di una lista di ipotetici immobili dove poter svolgere autogestione e/o attività socioculturali, che rimase però nel cassetto (non ci vogliamo giocare gli spazi, M.B.). Il “dialogo” si ruppe. Poco tempo dopo, giunse l’irricevibile proposta di un tavolo di lavoro con “polizia, tecnici e operatori sociali”. Poi più nulla. Fino all’incontro fuori dall’ex macello con la municipale Valenzano-Rossi e Lombardi. In quell’occasione l’assemblea dichiarò che la risposta rispetto ad un eventuale incontro sarebbe stata data dopo il corteo del 29 maggio. Peccato che quel giorno, avvenne lo sgombero, e nei mesi a seguire interrogatori e indagini.
Ultima tappa della farsa “dialogo”: il contatto da noi stabilito con il vicesindaco durante la rioccupazione dell’ex macello. Badaracco ci assicurò che non ci sarebbe stato alcun intervento delle autorità durante la notte, per permettere un incontro ufficiale il giorno seguente. Incontro che non ebbe mai luogo poiché contrariamente a quanto promesso, la polizia intervenne. A questo proposito, Badaracco rilasciò varie dichiarazioni – di cui sembra essersi dimenticato – tra cui: …quello che è successo è un po’ peccato: c’è stata l’evacuazione della Polizia con la forza. Nonostante la loro disponibilità a discutere, non siamo riusciti a farlo. (Roberto Badaracco, laRegione, 30.12.21).
Per mettere nero su bianco la menzogna costante del municipio, rendiamo nota una parte dell’interrogatorio a Badaracco della procuratrice Alfier: per me questo contatto è stato inaspettato (…) il tono usato dai miei interlocutori era educato e non offensivo (…). Io ne ho parlato con i miei colleghi in Municipio così da vedere se era possibile intavolare una discussione e poi mediare tra le parti. (..) Il Sindaco aveva capito che se ci fosse stato uno sgombero io non mi sarei potuto incontrare con nessuno il giorno dopo. Sempre il Sindaco mi ha detto che non ci sarebbe dovuto essere uno sgombero durante la notte.”
Questa serie di eventi rende manifesta la mancanza di presupposti per affrontare un dialogo. Farlo con chi ti ha distrutto la casa a tradimento ed in maniera violenta è di per sé difficile. Intavolarlo con chi mente in maniera sistematica con l’intento di creare divisioni, e non riconosce il valore dell’esperienza portata avanti, è una strada impercorribile. Ricondurre la questione “dialogo” al tanto loro sono “i cattivi antagonisti anti-stato che non vogliono confrontarsi e non vogliono mettere la faccia” è disonesto e non corrisponde al vero. Lo sappiamo tuttx che la questione non è questa. E che la faccia la mettiamo a ogni iniziativa, in ogni situazione in piazza e nelle strade. Qua si parla di ben altro.
SPAZI
(noi come città avevamo fatto una proposta poi tutto si è bloccato perché non c’era verso di discutere ed era rimasto tutto lì. R.B., modem): le uniche proposte avanzate in oltre 30 anni di rivendicazioni son state l’ex gattile a Cornaredo e il depuratore sul piano della Stampa. Tutte le altre sono arrivate dall’assemblea del CSOA. Puntualmente, gli stabili indicati sono stati abbattuti, demoliti, riqualificati.
Le uniche due “concessioni” di spazi fatte dal Municipio sono state l’ex macello e il terreno della Gerra per l’esperienza della Straordinaria. Eppure, di stabili e case vuote, ne esistono in quantità.
CULTURA
(gli ex molinari facevano spettacoli ma non era di quel tipo con un programma organizzato con varie arti sceniche … addirittura anche il cinema… R.B., modem): in 25 anni di autogestione sono state proposte un numero infinito di attività. Cinema quasi ogni giovedì sera, conferenze, dibattiti, laboratori, concerti, mostre, presentazioni di libri. Solo all’ex macello han suonato gruppi come i Colle der Fomento, 99 Posse, Bisca, Vad Vuc, ABC, Alessio Lega, Sandro Schneebeli, Yo Yo Mundi, Fleischkäse, la Tremenda Jauria, Marshall Allen & SunRa Orchestra, Skiantos, Mirco Menna, Bull Brigade, Tacalà, la Combi, Los Tres Altos, Mombu, Zu, Pussywarmers (alcuni dei quali ripresi al Foce o passati anche a la Straordinaria). Hanno suonato la maggior parte dei Sound System della regione e sono nati innumerevoli gruppi che muovevano i primi passi in sala prove. Si è collaborato con il Festival Internazionale di Teatro, son passate compagnie teatrali quali i Mummenschantz, la compagnia Baccalà (vincitrice del premio svizzero per la critica), Gruppo Icaro, i Giullari di Gulliver, Pablo Ariel Bursztyn, VTM Produzioni. È stato fatto uno dei primi Poetry Slam in Ticino, hanno tenuto conferenze Michela Zucca, Tita Carloni, Silvia Baraldini, Paola Staccioli, Alessandro Manca, John Zerzan, Renato Curcio, i WuMing, Valerio Evangelisti e tantx altrx (al Maglio presentarono i loro libri Paco Ignacio Taibo II e Daniel Echevaria).
AUTOGESTIONE
(bisogna veramente scindere il discorso tra autogestione che era forse quella dei molinari vista come non rispetto delle regole in generale e quello che vorremmo noi in realtà per la città… R.B. Modem): il continuo uso improprio di termini come “autogestione” e “cultura dal basso”, palesa la clamorosa ignoranza in merito a questi concetti, ma anche la malizia di chi, pur pensando di conoscere il loro significato, li strumentalizza a proprio favore travisandoli.
L’autogestione si auto-organizza, si autodetermina e si autofinanzia. Se no è altro! L’autogestione è una proposta di rottura o comunque alternativa allo stato delle cose e al sistema dominante. Se no è altro! L’autogestione è una pratica per sua natura politica, non intesa come politica partitica ma come partecipazione alla vita collettiva del territorio su cui abita. È politica perché prevede una forma altra di gestione: collettiva e paritaria, basata sul metodo del consenso e un’orizzontalità in cui non si dovrebbero prevedere delle forme di autorità; promuove la creatività, la cooperazione, l’auto-responsabilizzazione, la solidarietà ed è una critica al sistema vigente.
Alla luce di questo, l’idea per cui “l’autogestione va bene, ma solo se apolitica, non conflittuale, rispettosa di leggi e regole calate dall’alto” appare totalmente insensata.
Innumerevoli sono le esperienze autogestite nel mondo: dal Confederalismo Democratico in Kurdistan, alle comunità zapatiste in Chiapas, alle fabbriche occupate, agli spazi occupati, alle TAZ, ai RAVE, alle cooperative agricole, a quelle di lavoro, alle scuole, ecc. ecc.
IL PROBLEMA RESTA
(Roberto Porta, modem) L’autogestione è considerata un “problema”, in quanto espressione di una visione diversa di società; perché ciò che mette in discussione è lo status quo, facendone emergere le criticità e questo è percepito come scomodo. Ma il “problema” non si estinguerà. Né con i manganelli, le frustate, le denunce, le multe. Né con l’ipocrisia di dividere, di confondere, di manipolare, di fare la bella faccia e di far passare un elefante per un gatto.
Il problema resta e resterà.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.
Fernando Pessoa, La morte è la curva della strada
Rilanciamo, se non altro per un po’ di sano divertimento estivo, l’abituale torneo antirazzista, giovedì 29 giugno 2023.
Se no, ci vediamo nelle strade.
SOA il Molino
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