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Redazione
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A proposito della repressione a Cuba
• 19 Luglio 2021 – Redazione
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Di Naya Dedemailan, attrice cubana residente in Ticino

Ho sempre avuto bisogno del sole, ma oggi più che mai ho bisogno di quel sole che ti brucia la pelle fino a farti male, perché in quel dolore quasi piacevole ci sta tutta la mia infanzia. I ricordi di quando partivamo presto al mattino per andare al mare perché dopo le nove il sole è così forte da non permetterti di camminare troppo a lungo. I ricordi di mamma che ci vestiva come ci si veste da queste parti quando si va in montagna, a maniche lunghe per evitare che ci scottassimo, diceva, anche se dopo, quando al mare arrivavamo per davvero, il sole era già alto in cielo e mamma lo sapeva che ci avrebbe bruciato la pelle e che ci saremo scottate. Ma quando sei al mare è tutta un’altra storia… un’altra storia…

Ecco, forse la mia testa oggi ha bisogno di quelle storie e di quel mare che oggi non posso raggiungere. Mi accontenterei anche solo del bruciore sulla pelle per sentirmi un po’ a casa, così sono corsa al lago, sotto il sole. Fa molto caldo oggi, un caldo che assopisce, confonde, stordisce. Il sole picchia forte sulla testa, sulle tempie e la pelle brucia. Bello, ma stavolta niente crema, niente bagno, oggi io ho bisogno di questo. E mentre ascolto la musica sulla mia cassa portatile, mi sembra di essere un po’ a casa, e un po’ di Cuba forse me lo sono portata sulla spiaggetta alla Foce e non ho paura di disturbare il vicino di asciugamano, o di infastidire la coppia che si bacia sotto l’unico cespuglio ambitissimo a quest’ora da tutto il resto dei turisti.

Qualcosa mi brucia dentro, alzo la musica, e la alzo ancora e ancora, ma non perché non mi interessa degli altri, ma perché oggi ho un dolore dentro il corpo così disperato e forte che cerco di soffocare con quella musica così potente. Il dolore della repressione, che da domenica 11 luglio stanno soffrendo i miei amici nella nostra Cuba. Vorrei essere lì con loro e condividerne la paura. Quella paura e quel terrore che conosco perché il regime ci ha intriso la mia vita e quella dei miei amici. Il mio pensiero si perde tra le note di “Patria y Vida” con cui Yotuel il cantante di “Gente de Zona” ha voluto opporsi al “Patria o muerte” che per 40 anni è stata l’ossessione liturgica del regime, un incubo per la nostra generazione.

Controllati, spiati, amici contro amici, padri contro figli. Ed infatti avrei avuto paura anni fa a scrivere un articolo come questo perché il regime legge tutto, il regime non accetta critiche o dissenso, il regime è vendicativo e ti addita come traditore della Patria, ti condanna a morte. Ora la paura ha lasciato spazio all’indignazione e alla rabbia. Il pensiero viaggia veloce alle ultime notizie di questi giorni, al caos che è scoppiato sull’isola di Cuba durante le manifestazioni di protesta che dovevano essere pacifiche, come quelle che si fanno qui nella democratica Europa, ma che si sono trasformate in una caccia all’uomo forsennata, violenta e crudele, sangue nelle strade e urla di dolore e penso che forse è solo un incubo dovuto a questo caldo.

Vorrei fosse così, fosse dovuto alla confusione dentro la mia testa bollente… forse ora ho bisogno di entrare in acqua e nella speranza di far sparire tutto, mi immergo nelle acque fresche del lago, e man mano passa tutto: il caldo, lo stordimento. E’ strano, l’acqua è fresca ma il bruciore sulla pelle continua, anche sotto la pelle, si espande come un filo di ferro ardente, come un fiume di lava che scorre dentro e fa male ovunque fino agli occhi e per fortuna sono in acqua, penso, e mi immergo mille volte, per poter piangere… beati i pesci che non sanno che esiste il pianto e piango sott’acqua dove nessuno può vedermi, spalanco gli occhi per farmi entrare il lago dentro e sotto quelle acqua mi sembra di vedere Alberto.

Alberto, un attore come me, che era scappato da Cuba clandestinamente nel 2006. Erano in 11 su quella barca ma di quegli 11 si sono salvati in due. I due che hanno potuto raccontare l’orrore che avevano vissuto in quelle ore. Una nave della marina cubana li aveva sorpresi mentre scappavano, e a tutta velocità li aveva centrati in pieno, spaccando in due pezzi la loro piccola imbarcazione. C’erano a bordo anche due ragazzini di 12 e 15 anni che, come Alberto, sono spariti inghiottiti dal mare, disarcionati dai fedeli guardiani della Rivoluzione. Ripenso al suo funerale, al dignitoso e terrorizzato silenzio dei suoi genitori. Dopo diversi giorni un pescatore trovò nella sua rete in mezzo ai pesci la gamba di un uomo, era la gamba di Alberto, ci disse la scientifica dopo la prova del DNA, divorato dagli squali.

Ripenso a sua figlia di 10 anni, rimasta orfana grazie ai fedeli guardiani della Rivoluzione. Penso a lui e a tutti i miei amici confinati nel loro silenzio, e penso alle serate spensierate passate a giocare a domino, alle nostre tournee teatrali, alle repliche degli spettacoli, ai loro figli, nascosti dentro le quinte con i loro sorrisi spalancate e muti, per non disturbare mentre le loro mamme recitavano, o a quei figli più grandicelli seduti in prima fila perché così le loro mamme li tenevano d’occhio anche durante lo spettacolo e penso a Iris, attrice come me, e al suo Dante che come gli altri figli è cresciuto in teatro che è fatto di polvere di palcoscenico e di versi di Shakespeare. Dante che oggi ha 15 anni.

L’arresto di Iris Marino

Che cosa potremmo mai raccontare a Dante di questo inferno? Che oggi Iris, sua madre, non tornerà a casa, che quel sipario non si alzerà per lei questo weekend e che quei riflettori sveleranno la tragica storia di una madre che è uscita a manifestare pacificamente domenica scorsa 11 luglio e che è stata portata via con la forza dalla polizia, e che ancora oggi, dopo una settimana nessuno sa che fine abbia fatto. Cosa potrei mai dire a Mayito, suo compagno e regista della compagnia teatrale El Espacio Interior, che l’aspetta a casa e ha pubblicato la foto del suo arresto: una giovane attrice di teatro scesa in piazza semplicemente a protestare. E non c’entrano niente gli americani, o il bloqueo, l’embargo. Tutti siamo contro l’embargo. No. Qui c’è solo l’odio e la repressione del governo contro chi non la pensa come loro. Perché è stato il governo cubano che ha dato l’ordine di fare arresti sommari, pestaggi e sparare tra la folla. Chi non la pensa come loro deve morire.

È questo che fanno i guardiani della Rivoluzione? È questa la loro idea di comunismo? Perché se una cosa del genere succede in Europa diventa subito un sopruso intollerabile? Perché quando succedono a Cuba queste cose vengono invece tollerate e giustificate, come ho sentito oggi a Bellinzona durante la manifestazione svizzera a favore del governo cubano? Perché se voi protestate contro le violenze dei vostri governi vi definite “attivisti dei diritti umani” e noi invece siamo solo dei “provocatori” ? Non abbiamo forse noi gli stessi vostri diritti? Non vogliamo forse le stesse cose che chiedete voi? Essere liberi. Liberi di pensare, di parlare e manifestare, anche contro il governo. Esattamente come fate voi, in Svizzera ed in Europa. Allora perché la violenza della polizia europea è scandalosa ma quella della polizia di Cuba è accettabile?

Il presidente Dìaz Canel ha aizzato i suoi seguaci a scendere in piazza armati di bastoni contro un popolo disarmato incitando alla guerra civile al grido “Patria o Muerte”. Non si tratta di essere anticomunista o filoamericani, perché non è questo il punto. Si tratta di violenza, di repressione, di dittatura. Si tratta dell’inferno. Aprite gli occhi, svegliatevi dal sogno, è finita l’utopia. Il re è nudo. Qui si tratta di vita e di morte. Io grido “Patria y Vida” e amo il mio paese.






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