ATG – Politica e comunicazione: così non va
Dura Protesta del sindacato giornalisti ATG su silenzi, reticenze e critiche di chi governa
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Dura Protesta del sindacato giornalisti ATG su silenzi, reticenze e critiche di chi governa
• – Redazione
Biden aveva prospettato un'imposta di oltre il 20% per i colossi mondiali. Si è già scesi al 15%, e non mancheranno escamotage e trucchi per affossare il progetto
• – Aldo Sofia
Riferire, raccontare, documentare, fra disponibilità, sfiducia e regole professionali
• – Redazione
Pensieri riassuntivi del Corvo
• – Franco Cavani
Riflessione dell'ex presidente della sezione PLR di Lugano su politica giovanile e nuova legge di polizia
• – Redazione
foto © Marco D’Anna C’è una lunga strada che taglia la mia terra, non finisce mai quella strada, sembra una cicatrice. Non c’è niente di speciale in questa terra, c’è...
• – marcosteiner_marcodanna
Comunicati ed incomunicabilità intorno alle macerie dell’ex-Macello
• – Enrico Lombardi
Liquidazione di patrimoni ideali e operazioni chirurgiche da bassa macelleria
• – Marco Züblin
Restituito l'onore a chi ha svelato gli intrallazzi grigionesi. Ma chi lo ripagherà del prezzo che ha dovuto pagare?
• – Libano Zanolari
Il simpatico blattoide conosce la differenza fra una guerra atomica e... un giornale!
• – Nelly Valsangiacomo
Dura Protesta del sindacato giornalisti ATG su silenzi, reticenze e critiche di chi governa
Purtroppo invece constatiamo alcune problematiche che si concretizzano in un atteggiamento e in modalità che abbiamo ripetutamente criticato, pubblicamente o con contatti diretti. Ottenendo qua e là dei miglioramenti. L’ATG, in particolare negli ultimi mesi, ha
Ora, di fronte a una frattura sociale come quella prodotta dalla questione del Molino la politica non può semplicemente trincerarsi dietro le procedure, altrimenti il politico non fa il suo lavoro ma fa semplicemente l’”amministratore”, e in questo momento, per di più, lo sta facendo con comunicazioni cacofoniche e confuse. Un modo di comunicare che rende davvero difficile il lavoro dei giornalisti. Benché ci sia di mezzo una inchiesta della magistratura che deve stabilire le responsabilità precise di tutti gli attori coinvolti e ci siano quindi limiti e procedure da rispettare.
Sta alle autorità, e la stampa ne renderà conto, di trasmettere alla città e al Paese un messaggio “politico” capace di far capire che le istituzioni si stanno prendendo cura di questa frattura sociale, perché in piazza il 5 giugno è andato anche – e forse soprattutto – chi è preoccupato per la capacità dello Stato di essere al servizio dei suoi cittadini, tutti, e non contro di loro, o una parte di loro. C’è bisogno di un messaggio di coesione, e questo solo la politica e i politici possono darlo.
Attaccare la stampa, accusata di alimentare sospetti, come fatto venerdì scorso da Norman Gobbi, significa non riconoscere ai media il loro ruolo, che è quello di porre domande, di chiedersi cosa è successo e cosa sta succedendo, usando pure la leva della critica – documentata e approfondita – perché è anche attraverso questo strumento che si costruisce il dibattito pubblico e democratico. Dal “palazzo” c’è bisogno di un messaggio politico di coesione, per sanare le frattura ed elevare i valori della democrazia e del rispetto. E qui il contributo della stampa è essenziale e va rispettato. Il giornalista non è un procuratore, non è un giudice, ma semplicemente un professionista che vuole aiutare la società a essere trasparente e a fare chiarezza, anche su vicende incandescenti come questa.
Comitato Associazione ticinese dei giornalisti
PS, possibili soluzioni per le elezioni suppletive e chi va avanti mettendosi di traverso - Di Aurelio Sargenti
L'opinione di Simone Romagnoli, collaboratore scientifico della Commissione nazionale d'etica per la medicina umana (CNE)