Nell’interminabile “attacco contro Hamas” dell’esercito israeliano, considerato una legittima risposta al traumatico massacro perpetrato da Hamas in Israele il 7 ottobre, non basta evidenziare l’enorme sproporzione nella conta dei morti da entrambe le parti, regolarmente aggiornata dall’ONU nei suoi bollettini [ad oggi poco meno di 40’000, ndr].
Occorre considerare anche l’intento di costringere gli abitanti di Gaza, anziani, donne e bambini compresi, a vivere costantemente nel degrado e nel terrore, per privarli di ogni dignità e ridurli a disprezzabili “animali” che non meritano di sopravvivere. La pedopsichiatra francese Myriam David, ebrea, reduce dai campi di concentramento nazisti, spiega bene come funziona questo meccanismo.
“Credo che non si è detto, a proposito dei campi come ad esempio Birkenau e altri, ciò che ha funzionato nel senso della distruzione: la lunga durata dell’assenza di cure. Un lungo tempo senza cure significa mancanza di cibo, cibo schifoso, sporcizia schifosa, abbigliamento schifoso, lo sfinimento, la carenza di sonno e tutto ciò che questo fa al corpo. E credo che non si sia detto abbastanza che quando tutto ciò accade al corpo, ebbene l’anima se ne va, ammesso che esista, in ogni caso la psiche se ne va e non si pensa più. Un corpo maltrattato non può più pensare. Diventa abietto! Induce l’altro, che è normale, a disprezzarlo, lo autorizza al disprezzo totale e suscita in lui il desiderio di colpirlo e distruggerlo.”
Conoscere la realtà è possibile e necessario
I nostri media parlano sempre meno di ciò che accade ai civili di Gaza, ma nonostante la sistematica uccisione di giornalisti (113 al 2 agosto scorso), conoscere la dimensione della traumatica strategia di persecuzione, espulsione o sterminio di un intero popolo è possibile. Basta guardare il video “Gaza après le 7 octobre” realizzato dal giornalista Aymeric Caron, deputato ecologista, e presentato al parlamento francese il 29 maggio scorso. Le immagini, forse ancora più insopportabili della terribile sofferenza dei civili, sono quelle dei soldati israeliani in azione, e gli appelli alla distruzione ed espulsione di tutti gli abitanti di Gaza da parte di varie autorità israeliane, di coloni estremisti e dei giornalisti di Channel 14, la TV che sostiene incondizionatamente il primo ministro Netanyahu. Il sito di informazione CinéMutins, che ha pubblicato il documentario, spiega così la sua scelta:
“È un sogno o è la realtà?”, chiede una bambina stordita dalle ferite riportate. È un incubo, senza dubbio, e nulla può giustificarlo, né i crimini del 7 ottobre né la detenzione di ostaggi israeliani da parte di Hamas. Condannare tutti i crimini del 7 ottobre, quelli precedenti e seguenti, condannare l’antisemitismo e tutte le forme di razzismo, è un atto minimo di buon senso. Tuttavia, è necessario precisarlo sempre. Ogni persona normale desidera che gli ostaggi sopravvissuti possano tornare dalle loro famiglie e che il massacro a Gaza cessi immediatamente. Ma per arrivare alla fine di questo processo occorre guardare in faccia le cose, vedere cosa sta succedendo a Gaza dopo il 7 ottobre, cosa sta facendo l’esercito israeliano, cosa non mostrano i canali televisivi.”
Ostacolare sistematicamente l’accesso dei rifornimenti alimentari e sanitari e lasciar cadere bombe su ospedali, ambulanze, scuole-rifugio, fognature e tende dei campi profughi non sono “effetti collaterali” della caccia ai capi di Hamas. Servono a distruggere ogni volontà di resistenza, per rendere desiderabile e accettabile qualsiasi esodo dalla propria terra. Da Gaza chi ha potuto permetterselo è già fuggito all’estero. Intanto nel documentario si vedono i progetti di villette in riva al mare che alcuni imprenditori israeliani propongono per quando Gaza sarà… restituita ai coloni.
Disumanizzare i nemici privandoli di ogni dignità è anche indispensabile per spegnere le coscienze dei soldati che devono imporre brutalità e privazioni inumane ai civili palestinesi. Dopo la strage del 7 ottobre il ministro della guerra israeliano Benny Ganz l’aveva detto chiaramente: “combattiamo animali umani” e da allora il governo di Israele non fa distinzioni fra i responsabili di quel massacro e i civili palestinesi colpevoli solo di vivere sulla “terra promessa”… a un altro popolo. Un popolo che fu a sua volta vittima del più grave genocidio della storia, il cui trauma si tramanda per generazioni.
Per non girare la testa dall’altra parte
Naomi Klein nel suo commento al capolavoro di Jonathan Glazer “La zona d’interesse”, premio Oscar per il miglior film straniero, proprio sul tema dell’indifferenza allo sterminio degli ebrei, chiede: “Quel ‘mai più’ significa mai più per tutti o mai più per gli ebrei? È una promessa che rende Israele intoccabile?” e nel suo articolo ricorda come il regista Glazer (anch’egli ebreo) abbia coraggiosamente preso posizione sulla questione: “Tutte le nostre scelte sono state fatte per riflettere e metterci di fronte al presente, non per dire ‘guardate cos’hanno fatto allora’, ma piuttosto ‘guardate cosa facciamo adesso’ (…) sbarazzandosi dell’idea che paragonare gli orrori di oggi ai crimini nazisti significhi di per sé minimizzare, e non lasciando dubbi sul fatto che fosse sua intenzione tracciare una continuità tra il passato mostruoso e il nostro mostruoso presente”.
Invece di assistere indifferenti al prolungamento infinito di questa guerra dovremmo forse chiederci quale “mostruoso futuro” ci riserveranno le generazioni di palestinesi traumatizzati nel “mostruoso presente”. Chiederci se il pacifismo promosso anche dal Pontefice non sia la soluzione politica più realistica e vantaggiosa per tutti. Dovremmo esigere dai governi occidentali, da decenni complici indifferenti di una situazione drammatica ed esplosiva, che si attivino efficacemente per far cessare il massacro e per una pace giusta e duratura fra israeliani e palestinesi.
È vero, la distanza fra la Palestina e noi è un po’ più grande rispetto a quella fra le ciminiere del campo di Auschwitz, appena dietro il muro, e la famigliola felice del comandante Rudolf Höss, nel film di Glazer. Ma il meccanismo dell’indifferenza nella psiche umana rimane lo stesso di allora. E come ricorda spesso Liliana Segre citando Primo Levi “l’indifferenza porta alla violenza perché è già violenza”.
Nell’immagine: il fotogramma iniziale del video Gaza après le 7 octobre