8 ore e 36 minuti

8 ore e 36 minuti

Considerazioni a margine del Congresso del Partito Socialista che ha portato alle candidature di Marina Carobbio e Yannick Demaria, ma senza confronto e discussione sui programmi


Fabio Dozio
Fabio Dozio
8 ore e 36 minuti

8 ore e 36 minuti di congresso (grazie Naufraghi/e per l’ottima copertura). 

1 minuto e 40 secondi di esposizione della piattaforma programmatica rossoverde.

13 minuti per evadere, senza discussione, gli emendamenti al programma.

Ecco, in sintesi, la scaletta del Congresso socialista del 13 novembre a Bellinzona: otto ore di dibattito e di votazioni per scegliere due candidati al Consiglio di stato.

Un congresso che non può non lasciare un senso di delusione e di frustrazione per la mancanza di confronto sui temi e per la macchinosità tipica di un partito d’altri tempi.

Si poteva fare meglio? Forse sì. Facile dirlo, a posteriori; ma, a posteriori, anche e soprattutto in politica, dovrebbe valere ancora l’autocritica.

Si poteva fare meglio, cominciando un anno fa a pensare alle elezioni cantonali e non a pochi mesi dall’appuntamento con le urne. Si sarebbero potuti convocare i rappresentanti di tutta l’area: ps, verdi, forum alternativo, partiti comunisti, mps, incontro democratico. Avrebbe potuto prendere l’iniziativa, visto il nome, il forum alternativo, o chiunque altro. Si sarebbe potuto organizzare una costituente per elaborare un programma di massima condiviso da tutti o dalla maggioranza dei partecipanti. Piattaforma sì, ma elaborata dal basso. (Utile dare un’occhiata all’iniziativa di Mélenchon in Francia e anche a Die Service public Revolution di Ringger e Wermuth.) Non solo temi, ma pure modalità di azione; non agire solo nelle istituzioni, ma lavorare meglio su iniziative e referendum e promuovere manifestazioni.

La Costituente (qualche veterano ricorderà il mercato coperto di Mendrisio nel 1969 quando fu fondato il PSA) poteva essere l’occasione per un dibattito approfondito fra i candidati con votazione finale e scelta della cinquina, confermando la regola del 2+2+1. 

8 ore e 36 minuti potevano bastare, per organizzare una specie di primarie con al centro i propositi politici, gli obiettivi di programma e poi le persone in grado di realizzarli. Un’operazione che non aveva solo un obiettivo elettoralistico, ma l’ambizione di riformare la sinistra in Ticino, offrendo un’immagine finalmente rinnovata al paese.

Per un’operazione simile, però, si sarebbe dovuta superare la forma partito burocratica e asfittica che ancora contraddistingue i socialisti. L’area rossoverde allargata dovrebbe essere collegiale, aperta a voci diverse dell’universo di sinistra, ai movimenti e alla società civile. Non basta essere collegiali in governo, a volte persino succubi, sottomessi al mito del deficit, giustificandosi quale minoranza silenziosa. “Asfaltar no es gubernar”.

Il partito socialista è vecchio. L’età media degli iscritti supera i 61 anni. I verdi e le altre formazioni dell’alleanza possono aiutare a ringiovanire. Ma non basta mettere un paio di giovani in lista per conquistare i coetanei. In campagna elettorale non serve fare su e giù per il Ticino frequentando cene rosse dove s’incontrano solo compagni fedeli al partito. Bisogna cambiare sistema. I giovani devono sguinzagliarsi in tutto il cantone a bussare alle porte. Incontrare persone che non fanno politica. Discutere e convincerle. Secondo un’inchiesta francese, la campagna porta a porta fa tornare al voto una persona su dieci: meglio dei volantini, dei banchetti o delle telefonate. 

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