Senatori contro la libertà di stampa

Senatori contro la libertà di stampa

Due recenti decisioni del Consiglio degli Stati favoriscono il bavaglio ai giornalisti


Federico Franchini
Federico Franchini
Senatori contro la libertà di stampa

Il 13 dicembre la Camera dei Cantoni ha rifiutato di escludere i giornalisti da una disposizione della Legge sulle banche che prevede una pena detentiva fino a 3 anni per chiunque “divulghi” o “sfrutti per sé o per altri” informazioni coperte dal segreto bancario. I senatori hanno bocciato una mozione intesa a proteggere il lavoro dei giornalisti, approvata in precedenza dal Consiglio nazionale e dal Consiglio federale.

La mozione, depositata dalla Commissione economia e tributi del Consiglio nazionale, faceva seguito alla vicenda “Suisse Secrets”, un’inchiesta giornalistica internazionale pubblicata nel febbraio 2022 a seguito di una fuga di dati riguardanti Credit Suisse. Dati che hanno dimostrato – una volta di più – come la grande banca avesse ospitato per anni decine di conti di dittatori, trafficanti di droga e criminali di ogni risma. In quell’occasione, la stampa elvetica non partecipò all’inchiesta coordinata dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (ICJI): i suoi membri svizzeri, tra cui la Tribune de Genève e il Tages Anzeiger, ritennero troppo rischioso pubblicare informazioni dettagliate sulla vicenda. In causa vi era l’articolo 47 della Legge sulle banche. Quest’ultimo era stato rafforzato nel 2015 proprio a seguito di un’altra inchiesta giornalistica internazionale, i cosiddetti “Swiss Leaks”, originata da una fuga di dati della banca HSBC. Da allora chiunque – giornalisti compresi – divulghi informazioni rivelate in violazione del segreto bancario rischia tre anni di prigione. 

Nel 2022, poco dopo il caso “Suisse Secrets”, la relatrice delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione, Irene Khan, scrisse all’allora presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, per condannare questo imbavagliamento dei media. In Parlamento c’è così chi si è mosso per migliorare la situazione della stampa. A frenare il cambiamento ci ha pensato di recente il Consiglio degli Stati: con 32 voti a 10, la maggioranza di centro-destra ha bocciato la mozione che chiede al Governo di esaminare una modifica legislativa volta a garantire la libertà dell’informazione riguardo ai temi concernenti la piazza finanziaria. 

La camera dei Cantoni non si è però fermata qui. Il 20 dicembre ha adottato un postulato del presidente del PLR, Thierry Burkart, che chiede al Consiglio federale di esaminare l’opportunità di punire la pubblicazione di “dati sensibili ottenuti o acquisiti illegalmente”. È forse opportuno ricordare che, spesso, molte inchieste giornalistiche si basano su testimonianze o dati che non dovrebbero essere divulgati. Ora, il Consiglio degli Stati vorrebbe sapere “in quali casi” la pubblicazione può essere autorizzata, ossia quando l’interesse pubblico supera l’interesse privato a vietare la pubblicazione. Va detto che la Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti stabilisce chiari obblighi per i professionisti dei media, tra cui la tutela dei diritti personali: i giornalisti hanno la responsabilità di giudicare l’importanza dell’interesse pubblico prima di pubblicare qualsiasi informazione e sono obbligati a diffondere solo i dati rilevanti. Inoltre, la legislazione attuale protegge già le informazioni personali sensibili tanto che il Parlamento ha deciso lo scorso anno di favorire il divieto di pubblicare articoli o inchieste che possono avere un pregiudizio “grave” (e non più, come prima, “particolarmente grave”) sulla personalità di chi è chiamato in causa. La strada presa ora dal Consiglio degli Stati è estremamente pericolosa per una democrazia tra i cui pilastri vi è proprio la libertà di stampa. È infatti certo che se il Parlamento giungerà alla conclusione che la pubblicazione di informazioni che violano altri segreti (commerciali, ufficiali, professionali, ecc.) debba essere effettivamente punita, le inchieste giornalistiche in Svizzera saranno molto più difficili.

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