La Cina cerca la pace in Ucraina; a Hong Kong è strage per Covid

La Cina cerca la pace in Ucraina; a Hong Kong è strage per Covid

La cattiva gestione della quinta ondata di Covid-19 contribuisce alla lenta e dolorosa caduta dell’ex colonia britannica


Loretta Dalpozzo
Loretta Dalpozzo
La Cina cerca la pace in Ucraina; a Hong...

Mentre il mondo è preoccupato per la guerra in Ucraina, a Hong Kong il Covid miete vittime, come in nessun altro posto al mondo. Il governo ha seguito tutte le raccomandazioni di Pechino, introducendo l’approccio zero-Covid, ma non è riuscito a fermare il diffondersi della contagiosa variante Omicron.

Nei giorni scorsi le infezioni hanno raggiunto livelli record anche nella Cina continentale, tanto che i residenti di Shenzhen, 12 milioni di persone, biasimano la vicina ex colonia britannica, per il nuovo lockdown a cui sono sottoposti. Nessuno potrà entrare o uscire dalla città fino ad almeno il 20 marzo, tempo in cui i cittadini dovranno testarsi tre volte. Non si vedevano così tanti casi dallo scoppio della pandemia a Wuhan, più di due anni fa. In numerose province sono tornate le misure draconiane, i test di massa, i funzionari nelle strade con le tute protettive e l’ordine di restare a casa. Shanghai, come altre città, ha chiuso le scuole per evitare di trovarsi nella difficile situazione di Hong Kong.

Hanno fatto il giro del mondo  le fotografie e i video di obitori strapieni, corpi ammassati nelle corsie degli ospedali del centro finanziario asiatico. Medici e infermieri al collasso, dicono di sentirsi “all’inferno”. Si cercano almeno 3000 dottori per far fronte alla carenza di personale. L’ansia e lo stigma attorno al coronavirus stanno creando paura per la malattia e, forse ancora di più,  per l’isolamento forzato.  Le persone con casi lievi o asintomatici hanno preso d’assalto gli ospedali e bloccato le ambulanze. Residenti e osservatori sbigottiti vedono in questi sviluppi un’ulteriore prova del declino della città, che si manifesta ormai su tutti i fronti.

I tamponi a tappeto, il tracciamento dei contatti, la chiusura delle frontiere e severi requisiti di quarantena hanno ridotto al minimo i casi e i decessi per quasi due anni, tanto che Hong Kong era presa d’esempio per la buona gestione della crisi. L’approccio di tolleranza zero non ha però saputo fermare la diffusione della variante Omicron, l’ha solo posticipata. Ci sono stati più di 700.000 casi dall’inizio dell’epidemia alla fine di dicembre, su una popolazione di 7,5 milioni. Ma secondo i ricercatori dell’Università di Hong Kong, più di un quarto della popolazione, ha contratto il virus tra febbraio ed oggi.

La cattiva gestione, il basso tasso di vaccinazione soprattutto tra gli anziani, la volontà di compiacere Pechino, sono alcune delle ragioni che hanno portato la situazione fuori controllo.  Sopraffatte dai contagi, le autorità hanno rinunciato a rilasciare braccialetti elettronici di localizzazione a coloro che si isolano a casa, un’altra regola criticata, ma i duri requisiti di quarantena hanno visto bambini separati dai genitori e persone guarite dal Covid-19 bloccate per giorni nei centri di detenzione.

Il governo di Hong Kong si sta dimostrando disorganizzato, indeciso, e la mancanza di fiducia e di credibilità causata dalla sua posizione pro-Pechino non aiutano. Carrie Lam, l’amministratrice delegata,  voleva testare tutta la popolazione, ma, su raccomandazione di Pechino, ha poi deciso di posticipare l’operazione per concentrarsi sulla riduzione del numero di decessi e di infezioni gravi. Il Presidente  cinese Xi Jinping ha espresso la sua insoddisfazione per la situazione ed ha inviato i rinforzi nella città per costruire delle strutture destinate all’isolamento, simili a quelle viste a Wuhan nel 2020. Difficilmente quindi si allenteranno le misure anti-covid.

E così sempre più persone lasciano la metropoli. L’esodo è cominciato con l’inizio della pandemia, quando le onerose restrizioni di viaggio, tra cui una quarantena di 21 giorni in strutture governative definite squallide, hanno isolato il paese dal resto del mondo. Le norme hanno incrementato il senso di disagio, nato con l’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale. Il giro di vite contro la libertà di stampa, la chiusura di testate storiche, gli arresti, le condanne inflitte a giovani attivisti pacifisti, stanno inesorabilmente trasformando Hong Kong. Anche diverse multinazionali, banche, giornali hanno deciso di spostare la propria sede o parte dei dipendenti fuori da Hong Kong, scegliendo Singapore, l’Australia, la Corea del Sud come alternative.

I più cinici pensano che questa tendenza non dispiaccia alle autorità, e al contrario che potrebbe soddisfare una tacita volontà di vedere partire chi disapprova le politiche e la sottomissione al potere centrale. Solo così sarà più facile fare di Hong Kong un’altra grande città cinese, senza gli istinti e le aspirazioni democratiche del passato.

Nell’immagine: un’opera dell’artista dissidente cinese Badiucao

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