La Thailandia attende il suo Primo Ministro

La Thailandia attende il suo Primo Ministro

A più di un mese dalla vittoria elettorale di Move Forward, il partito nato dal movimento pro-democrazia che portò in piazza i giovani contro i generali, il paese rimane in un limbo


Loretta Dalpozzo
Loretta Dalpozzo
La Thailandia attende il suo Primo Ministro

Una cosa è certa in Thailandia: con il voto del 14 maggio scorso, la maggior parte dei cittadini ha voluto mettere fine ad un decennio di governo filo-militare. Il partito liberale Move Forward Party (andare avanti), guidato dal carismatico 42enne uomo d’affari, Pita Limjaroenrat, educato ad Harvard, ha ottenuto la maggioranza dei seggi.

Tutto il resto rimane nel limbo.  I nuovi parlamentari thailandesi si incontreranno per la prima volta in una sessione parlamentare il 3 luglio. Un mese più tardi è attesa invece l’elezione del Primo Ministro. Pita ambisce a ricoprire la carica, che del resto gli spetta, ma nulla è scontato in un Paese in cui i giochi si fanno spesso dietro le quinte. La commissione elettorale ha aperto un’indagine nei confronti del leader di Move Forward, ex dirigente di azienda, accusato di possedere azioni non dichiarate di una società di media.

Con una simile indagine, il leader del partito Future Forward, il partito dalle cui ceneri è nato Move forward, venne escluso nel 2019 dopo una vittoria schiacciante. Dovesse ripetersi lo stesso scenario dobbiamo aspettarci nuove proteste di strada. Per il momento attivisti e sostenitori di Pita trattengono il fiato.

Più partiti, compresi i governi della regione, hanno invitato il Senato a rispettare la volontà del popolo e ad appoggiare gli sforzi per formare un nuovo governo. Quattro anni fa infatti, i 250 membri della Camera alta nominati dalla giunta militare, avevano votato per la nomina a premier dell’ex generale Prayut escludendo i veri vincitori del voto. Il futuro premier ha bisogno di almeno 376 voti da parte del Parlamento per venire eletto.

I milioni di elettori che hanno votato per andare avanti non rinunceranno  facilmente al cambiamento. E’ infatti il loro momento, il momento della nuova generazione, stanca dell’establishment che ha sempre messo davanti i propri interessi a quelli del Paese. Non sono solo i giovani che stanno scuotendo la politica del paese, anche i meno giovani, che dapprima hanno simpatizzato con le idee delle nuove generazioni e poi hanno avuto il coraggio di votare per Move Forward, e sono oggi una forza difficile da ignorare. Il partito di ispirazione progressista è in favore di una nuova Costituzione, che limiti il potere della monarchia e della giunta militare, gli ideali appunto delle proteste del 2020/2021. In Thailandia infatti le forze armate dipendono dal Re non dal ministero della Difesa.

Un’alleanza di otto partiti dovrebbe sostenere Pita Limjaroenrat come primo ministro e formare un governo di coalizione. Disaccordi esistono con il secondo partito di opposizione, Phue Thai, dell’ex Primo Ministro Thaksin Shinawatra, sull’elezione del Presidente del Parlamento. La futura coalizione dovrà portare avanti i suoi obiettivi, cercando, allo stesso tempo, di unire il paese con umiltà e attraverso il compromesso, senza rinunciare a quegli aspetti democratici, che non sono negoziabili.

Tradizionalisti, conservatori, royalisti continuano a rappresentare una fetta importante della società e fanno leva sul fatto che per una buona parte della popolazione, la presenza militare  è sinonimo di stabilità. Se alcuni dei paesi vicini hanno sconfitto l’autoritarismo, la Thailandia, sin dal 1932, fatica a portare avanti la trasformazione da monarchia assoluta a una monarchia costituzionale in una cornice democratica.

Se la Terra dei sorrisi riuscirà o meno a fare dei passi decisivi verso il pluralismo, dipenderà dalla volontà delle nuove generazioni di non soccombere alle pressioni dell’élite e dalla vecchia generazione di rinunciare agli stratagemmi politici del passato per restare al potere.

Nell’immagine: Pita Limjaroenrat

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