La Cambogia dopo Hun Sen

La Cambogia dopo Hun Sen

Al potere dal 1985, il Primo Ministro cambogiano, 70 anni, ha annunciato le dimissioni tre giorni dopo la sua vittoria elettorale. A succedergli sarà il figlio Hun Manet: uno smacco per la democrazia


Loretta Dalpozzo
Loretta Dalpozzo
La Cambogia dopo Hun Sen

Aveva promesso di restare al potere per 40 anni, alla fine ha deciso di passare il testimone al figlio Hun Manet dopo 38 anni, in ciò che alcuni hanno chiamato una “dittatura ereditaria degna della Corea del Nord”.  Hun Sen, il Primo Ministro della Cambogia, è il leader più longevo dell’Asia, per intenderci era già al potere quando Ronald Reagan era alla Casa Bianca e Margaret Thatcher guidava il Regno Unito. 

In poco meno di quattro decenni ha dato forma alla Cambogia moderna, un Paese che dipende enormemente dalla Cina per l’economia, la difesa e la politica, che cerca di lasciarsi i traumi dei Khmer rossi alle spalle ed è diventata sempre più autoritaria, tanto che gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno imposto severe sanzioni sul commercio e su alcuni membri del regime. 

Le polemiche e le preoccupazioni attorno al dispotismo di Hun Sen hanno dominato la campagna elettorale delle ultime settimane sfociate in una una vittoria elettorale, che aveva tutta l’aria di un’incoronazione del leader, ex comandante di medio rango dei Khmer rossi, che disertò, rifugiandosi in Vietnam per evitare le epurazioni all’interno del sistema genocida. Quando il Vietnam invase e rovesciò i Khmer rossi nel 1979, fu insediato come ministro degli Esteri del regime sostenuto da Hanoi, prima di diventare Primo Ministro nel 1985.

C’erano pochi dubbi sull’esito del voto di domenica scorsa, dato che l’unico partito di opposizione abbastanza grande da rappresentare una minaccia, il partito Candlelight, è stato escluso dalla corsa dopo essere stato accusato di non aver presentato i documenti corretti. Il giro di vite sulle voci di opposizioni era in atto da tempo ed includeva arresti, intimidazioni ed azioni legali, oltre alle restrizioni di accesso ai media indipendenti, ormai inesistenti. E’ stato lo stesso Hun Sen ad annunciare su Telegram, che il suo partito aveva vinto 120 seggi e un partito monarchico ne aveva vinti solo cinque. Secondo lui, l’affluenza alle urne dell’84% ha dimostrato che i tentativi dell’opposizione “estremista” di minare il voto erano falliti. 

In una regione in cui il culto della personalità è centrale, Hun Sen si dà credito per aver salvato, da solo, il Paese dai Khmer rossi e per aver sollevato milioni di persone dalla povertà. E’ vero che dal 1998 al 2019 l’economia della Cambogia è cresciuta a un tasso medio annuo di quasi l’8%, rendendola una delle economie in più rapida crescita. Con il ritorno dei turisti, dopo la pandemia, l’economia dovrebbe continuare a fare bene, con un’espansione del 5.5%. Ma questo non basta alla giovane popolazione, che chiede il cambiamento, più libertà e opportunità, meno corruzione. 

Per i difensori dei diritti umani, quanto successo pochi giorni fa “ha spazzato via i resti di democrazia cambogiana”. Malgrado la partecipazione di 18 partiti, era chiaro che il voto non sarebbe stato libero o equo, come ha detto Human Rights Watch, proprio perché in gioco c’era la successione di Hun Sen e il governo non voleva rischiare di compromettere un piano in atto da tempo e non privo di sfide, soprattutto quelle legate alle divisioni e rivalità interne, tra un’élite ricca, che ha le proprie ambizioni generazionali.

Hun Manet, 45 anni, figlio maggiore di Hun Sen, si è laureato all’Accademia militare di West Point, negli Stati Uniti, ha conseguito una laurea in economia presso la New York University e un dottorato di ricerca presso l’Università di Bristol in Inghilterra. La sua carriera militare lo ha visto costantemente promosso tra i ranghi, diventando un generale a quattro stelle. 

E’ difficile dire che leader sarà a partire dal 10 agosto, giorno dell’insediamento. Sappiamo solo quale Cambogia erediterà, che tipo di padre gli starà con il fiato sul collo, perché Hun Sen non ha nessuna intenzione di uscire di scena. La successione ereditaria è essenziale per mantenere la stabilità e coprire le crepe del sistema. Il Primo Ministro dimissionario manterrà e acquisirà ruoli che gli permetteranno di esercitare una forte influenza sulla politica. Resterà alla guida del suo partito e dovrebbe diventare capo del Consiglio consultivo reale del re Norodom Sihamoni. Ci si aspetta inoltre che prenderà il posto del Presidente del Senato cambogiano. C’è  insomma da aspettarsi che Hun Manet governerà all’ombra del padre per anni a venire, allontanando così il sogno di un futuro più democratico.

Nell’immagine: il Primo ministro della Cambogia Samdach Akkak Moha Sena Padey Dekjo Hun Sen al World Economic Forum di Ho Chi Minh City nel 2010

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