Macello, chiacchiere e distintivo
In Svizzera gli spazi autogestiti esistono da decenni, e sono una risorsa sociale e culturale
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In Svizzera gli spazi autogestiti esistono da decenni, e sono una risorsa sociale e culturale
• – Marco Züblin
Le cifre dei contagi tornano a salire. Basteranno vaccinazioni e test a tappeto?
• – Riccardo Fanciola
PIL a picco, povertà raddoppiata. Ci mancavano solo le beghe reali
• – Aldo Sofia
Il Governo deve ritrovare la fiducia dei cittadini dopo lo smacco della votazione di domenica
• – Fabrizio Triulzi
Propaganda ideologica a pagamento sui giornali. Etica giornalistica a ramengo
• – Marco Züblin
Se vi saranno ritardi per lo stadio di calcio non sarà colpa di chi contesta questo progetto
• – Marco Züblin
Mica ha capito, lui, che entrare in casa d’altri a fare un festino a base di alcol e probabilmente qualcos’altro per principio non si fa
• – Rocco Bianchi
• – Franco Cavani
• – Franco Cavani
• – Franco Cavani
In Svizzera gli spazi autogestiti esistono da decenni, e sono una risorsa sociale e culturale
Sono anni che il Municipio sta cercando un buon pretesto per far sloggiare i molinari, messi lì dall’alcalde baffuto per far un piacere al Cantone (ricordate?); gli autogestiti, di pretesti, ne stanno dando alcuni, ma al di là di plateali dichiarazioni, di arrabbiature da commediola, insomma al di là delle chiacchiere non si percepisce alcuna volontà di risolvere il problema. Insomma: si cercano pretesti, ma – a lungo e invano ravanando nei pantaloni – non si è trovata la materia prima per farne un uso che vada al di là di qualche ridicola indignazione o di qualche bellicosa frase di circostanza. Per mettere fuori gli occupanti, si è tentato di farli passare per morosi sulle utenze di acqua e luce; si è tentato di farli fuori anche con l’idea di mettere al Macello il nuovo museo del territorio, adesso si parla di “riqualificare il comparto”; insomma, altri pretesti e altre chiacchiere. Alle chiacchiere aggiungiamo, a intervalli regolari, anche il distintivo; qualche eccesso di interventismo poliziesco, qualche cannonata ai passeri, un filo di provocazione con elmetti e giubbotti, cercando – e puntualmente trovando – un interlocutore pronto a raccogliere l’invito allo scontro, anzi lieto di farlo.
Il fatto è che in Svizzera gli spazi autogestiti esistono da decenni. E da decenni ospitano espressioni interessanti, e altrimenti assenti, della cultura alternativa; insomma, non solo una valvola di sfogo o un ghetto giovanile, ma una risorsa culturale che viene utilizzata o quanto meno, per la torma dei benpensanti, da tempo metabolizzata. La soluzione, a volerla cercare, sta tutta qui; trovare un posto (e non su Marte, a Lugano) e imparare a vivere con gli eccessi e le risorse della cultura alternativa, cioè imparare a vivere con chi non la pensa come noi.
Il nombrilisme un po’ patetico della politica luganese impedisce di andarsi a vedere come gli altri, in Svizzera, abbiano serenamente e lucidamente affrontato e risolto il problema. Ci si culla nella convinzione che si possa, o si debba, fare a meno di spazi simili, nientedimeno; o al massimo, nimby [“non nel mio giardino”, ndr], cioè non nel Luganese, che dovrebbe rimanere – per chissà quale strana congiunzione astrale – zona franca e intonso da simili macchie sociali. A proposito di congiunzioni, c’è una curiosa e trasversale sintonia tra i partiti luganesi sul tema, tutti a cantare la stessa canzone stonata e, a intervalli regolari, a voler menare le mani per interposta polizia. Non mi stupisce il partito di maggioranza relativa, che cannoneggia tutti quanti ma che ha poco interesse a risolvere questo, e altri, problemi; è un partito che prospera sui problemi e sulla rabbia che riesce a suscitare, e quindi aborre le soluzioni. E mi stupisce sempre meno la pochezza degli altri, che vivono in una perenne paralisi pre-elettorale su tutti i temi qualificanti (aeroporto, PSE, macello, ridefinizione del ruolo della città, e via elencando), da cui emergono per sciorinare qualche cavolata, che si perde nel rumore delle altre cavolate e si annega (purtroppo) nella memoria assai corta degli elettori.
Quello dell’autogestione è un altro dei temi sui quali si misura la debolezza delle istituzioni luganesi, Municipio in testa. Qualcuno potrebbe pensare che l’unica soluzione sia che tutti gli elettori se ne stiano a casa, dando così un bel segnale di ras-le-bol cittadino di fronte a tanta pochezza. Non succederà.
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