Autogestione, a Berna si può
I cittadini bernesi hanno respinto più volte i tentativi di chiusura del più noto centro autonomo
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I cittadini bernesi hanno respinto più volte i tentativi di chiusura del più noto centro autonomo
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I cittadini bernesi hanno respinto più volte i tentativi di chiusura del più noto centro autonomo
La Reitschule, il vecchio maneggio, è ormai un’istituzione a Berna come il lussuoso Teatro cittadino. D’altronde una troupe dello Stadttheater si è già esibito sul palcoscenico gestito dal collettivo di giovani. Il centro autonomo si adegua alle regole anti-CoVid senza eccepire, lo spirito ribelle non è scomparso, ma si è ammorbidito. Il collettivo ha organizzato un suo servizio d’ordine per circoscrivere e proteggersi dalle violenze di estremisti, spacciatori di droga e giovani sbandati che si riuniscono nella zona grigia del piazzale antistante il vecchio edificio ricoperto di graffiti.
Tutto è cominciato all’inizio degli anni ’80 quando i violenti disordini giovanili dell’Opera di Zurigo si sono estesi a Berna. La scintilla fu il brutale intervento della polizia per smantellare lo Zaffaraya, un accampamento di giovani alla ricerca di una vita alternativa ed autonoma. Fu l’inizio della ribellione giovanile, di una lunga serie di manifestazioni e tumulti che hanno portato dapprima all’occupazione e poi all’insediamento definitivo nella Reitschule. Fra i capifila della prima ora, Giovanni Schumacher detto Fashion. L’ho incontrato più volte per intervistarlo, ma anche per chiacchierare a ruota libera. “Sono un proletario – diceva – sono figlio di una madre sola che faceva le pulizie per sbarcare il lunario, nel nostro movimento vi sono molti giovani di famiglie semplici, ci siamo politicizzati discutendo con studenti e professori, ma poi facciamo di testa nostra, la nostra è una guerriglia beffarda”.
D’un canto spaccano vetrine, dall’altro offrono raclette con formaggio rubato alla Migros per spiegare le loro rivendicazioni di spazi alternativi, di un centro autonomo. Distoglievano l’attenzione dei securitas per far entrare nelle sale dei concerti i giovani che non avevano i soldi per pagarsi il biglietto. Entravano nell’ufficio di un municipale senza chiedere il permesso. Un misto di bizzarre provocazioni e di azioni aggressive, ma meno violente di quelle a Zurigo dove la polizia ha preso di mira anche giornalisti come il sottoscritto. Un proiettile di gomma mi ha provocato una ferita alla testa che ha richiesto tre punti di sutura. A Zurigo non ho visto poliziotti discutere con i dimostranti come ho invece potuto osservare a Berna.
Una maggiore disponibilità al dialogo che ha probabilmente favorito un centro più autonomo rispetto alla Rote Fabrik di Zurigo che è interamente sovvenzionata dalla città. La Reitschule non deve pagare l’affitto e le bollette dell’elettricità, ma per il resto è indipendente, autonoma appunto, anche finanziariamente. In quattro decenni è sopravvissuta alle guerriglie urbane, ha retto agli accesi scontri politici e si è conquistata le simpatie di una chiara maggioranza della popolazione. Basti pensare che i cittadini di Berna hanno respinto uno dopo l’altra ben sei iniziative di esponenti dell’UDC che volevano chiudere e vendere il vecchio edificio della cultura alternativa per farne, guarda caso, un centro commerciale. La prossima sfida è la crisi del CoVid. Le perdite finanziarie crescono, ma il centro autonomo non è ancora sull’orlo del fallimento.
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