La cinica trappola sulla pelle dei profughi
Lukashenko favorisce il flusso di migliaia di fuggiaschi al confine tra Bielorussia e Polonia; e, sostenuto dal Cremlino, li usa contro l’Unione europea
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Lukashenko favorisce il flusso di migliaia di fuggiaschi al confine tra Bielorussia e Polonia; e, sostenuto dal Cremlino, li usa contro l’Unione europea
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Lukashenko favorisce il flusso di migliaia di fuggiaschi al confine tra Bielorussia e Polonia; e, sostenuto dal Cremlino, li usa contro l’Unione europea
Ingannati e vittime sono i profughi. La pistola è impugnata dal dittatore bielorusso Lukashenko. Sul grilletto c’è il dito di Putin. Bersaglio apparente, la Polonia. Ma quello vero è l’Unione europea. Tutti protagonisti, anche se con ruoli diversi, di una ‘trappola umanitaria’ costruita in pochi chilometri quadrati. Sui quali, ancora una volta, si gioca la credibilità dell’UE. Ma non solo.
Il ‘gangster’, come lo ha definito un portavoce di Bruxelles, sta a Minsk. Ha deciso di usare un’arma ‘non convenzionale’, gli esseri umani: intere famiglie, tanti minori e bambini, fatti scientemente affluire al confine fra la sua Bielorussia e la Polonia difesa da migliaia di militari e da un fitto ‘muro’ di filo spinato. Lì i fuggiaschi ci sono arrivati, appunto, con l’inganno. Cominciato in estate. Quando la Bielorussia ha iniziato a distribuire generosamente visti, e annessi biglietti aerei, a migliaia di irakeni, siriani, africani e poi afghani. Ufficialmente per rianimare l’esangue economia turistica nazionale, e già che c’erano per consentire agli ospiti di farsi, dopo tante paure e tragedie, una rilassante villeggiatura nell’ex nazione sovietica. In realtà, con la promessa, sottobanco, di poter poi proseguire il loro viaggio nei paesi dell’Unione, soprattutto verso la solita Germania. Nulla di meno credibile e verosimile.
Ma i fuggiaschi mica sanno che, per raggiungere l’agognata meta, bisogna entrare e attraversare la Polonia ‘cattolicissima’, ma sorda agli appelli della Chiesa di Francesco, inchiodata al dogma nazional-etnico dello ‘zero immigrati’, insieme alla sodale Ungheria, entrambe così ammirate dai Salvini, dalle Meloni, dalle le Pen, e dai nostri immancabili populisti al traino. Ecco come migliaia di profughi (gentilmente accompagnati al confine da agenti e bus bielorussi) si sono imprigionati con le loro stesse mani, o con i loro piedi. Viaggio della speranza finito in incubo. Ammassati sulla frontiera, la fame, la sete, il gelo; bloccati senza poter superare Il filo spinato e le armi polacche, ma senza più nemmeno la possibilità di tornare verso i bielorussi che, una volta portato a termine il trasbordo, li trattano come nemici. E sono anche partite le prime pallottole.
Ecco come avvantaggiarsi cinicamente delle disgrazie altrui, trasformandole in ordigni umanitari.
Cosa vuole Aleksandr Lukashenko? Che l’Unione europea ne riconosca la legittimità (che anche in Occidente gli viene contestata dopo lo scippo elettorale), che l’Ovest non si preoccupi troppo della caccia che Minsk dà ai suoi oppositori anche dirottando aerei di linea civili con a bordo qualche dissidente, e quindi che annulli le sanzioni economiche decise da Bruxelles (tanto per far capire che l’UE mantiene ancora un po’ di dignità e credibilità quando invoca i diritti umani). E cosa vuole Putin, gran suggeritore e mentore del collega bielorusso? Più o meno la stessa cosa, con in più l’evidente calcolo di poter creare problemi e imbarazzi ad un’Europa non abbastanza amica della Russia e troppo dipendente dagli Stati Uniti. E la Polonia? Immancabilmente, Varsavia sfodera (a modo suo) le lezioni della storia patria, parlando di ‘nuova aggressione alle sue frontiere’, come durante l’ultima guerra, e come se fossimo di fronte a un nuovo patto Molotov-Ribbentrop; su questa crisi, poi, Varsavia un po’ ci marcia, visto che da Bruxelles viene da tempo bombardata per il mancato rispetto dello Stato di diritto, mentre ora riceve la promessa del ‘pieno sostegno’ europeo (anche se la Polonia fa la sdegnosa e preferisce appellarsi alla NATO, tanto per far ribollire il sangue al glaciale leader del Cremlino).
E che fa il bersaglio grosso, l’Unione europea? Meglio: cosa può fare? Sfacciatamente, e indirettamente, le ha dato un velenoso suggerimento il ministro russo degli esteri, Lavrov: offra una pesante ‘mazzetta’ a Minsk, così come pochi anni fa staccò un sonoro assegno da sei miliardi di euro alla Turchia affinché Erdogan bloccasse e si tenesse in casa i profughi siriani. Replica problematica, difficile, diciamo pure impossibile. Mentre la Merkel chiede inutilmente una mediazione russa. La cosa più semplice, più umanamente accettabile, e senza cedere a Kiev, sarebbe l’apertura di un corridoio umanitario attraverso la Polonia per liberare quei disperati dalla prigione a cielo aperto in cui li hanno infilati il cinismo e i calcoli bielorussi e russi. E poi distribuirli in paesi pronti ad accoglierli. Ma questi sembrano sogni da ‘buonisti’. Per come si è messa la tragedia lungo quel confine (con i primi morti affamati e congelati), non bisognerebbe perdere un solo giorno in più. Invece c’è chi teme il rischio che, come nella canzone di De André, l’UE ‘si costerna si indigna s’impegna poi getta la spugna con gran dignità’. Finora ognuno pensa soltanto ai suoi calcoli. Soltanto le vittime rimangono sempre le stesse.
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