Biden e il mal d’armi
Aumentano le stragi ma il presidente americano prospetta una riforma sulle armi da fuoco fin troppo timida
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Aumentano le stragi ma il presidente americano prospetta una riforma sulle armi da fuoco fin troppo timida
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Aumentano le stragi ma il presidente americano prospetta una riforma sulle armi da fuoco fin troppo timida
«La violenza delle armi da fuoco è un’epidemia. E un imbarazzo per l’America a livello internazionale». Joe Biden non ha usato giri di parole per esprimere la sua indignazione di fronte alle ennesime stragi con armi da fuoco che hanno insanguinato gli Stati Uniti: dieci stragi di massa dall’inizio dell’anno, le più gravi quelle di Atlanta, Georgia (8 vittime) e di Boulder, Colorado, dove i morti sono stati dieci, nel parcheggio e all’interno del supermercato della catena King Soopers.
«Non possiamo aspettare un altro minuto per agire» aveva detto il presidente statunitense dopo la sparatoria in Colorado, reiterando il suo appello al congresso – cui spetta secondo la costituzione il mandato di legiferare in materia – affinché facesse qualcosa per fermare la proliferazione delle armi, istituire background check universali e mettere al bando i fucili d’assalto. Inutilmente. Con la maggioranza democratica al senato appesa al filo del voto – inevitabilmente spesso decisivo – della vice Kamala Harris basta una sola defezione perché la Casa Bianca si ritrovi con le armi spuntate… Anche perché il tema delle armi da fuoco è argomento sensibile (e tabù) pure per molti elettori democratici delle regioni più povere e selvagge come la West Virginia. Ecco allora che proprio un singolo senatore democratico di uno degli stati più poveri d’America, Joe Manchin, riesce a tenere Biden in ostaggio e a impedire di affrontare la violenza delle armi da fuoco in maniera più muscolare e con una riforma legislativa. Neppure il partito democratico è immune al potere pervasivo della lobby delle armi, 5 milioni di affiliati ma un potere politico immensamente più grande.
E così al neo presidente – che, va detto, cavalca l’onda di un forte consenso popolare grazie al successo di una campagna vaccinale che ha già somministrato la prima dose di vaccino anti-Covid a un terzo della popolazione – non è rimasta altra via che ricorrere all’identico strumento a cui aveva dovuto fare ricorso Barack Obama dopo altre stragi di massa del passato recente: una serie di ordini esecutivi. Nello specifico, per fermare la proliferazione delle cosiddette armi fantasma, auto-assemblate, prive di numero di serie e che sfuggono pertanto al tracciamento, e degli stabilizzatori, dispositivi – come quello utilizzato nella strage di Boulder – che trasformano di fatto una pistola in un fucile a canna mozza, aumentando la precisione del tiro. Oltre a una serie di altre misure, come la Red Flag Laws, che permetterebbero alla polizia o ai famigliari di una persona con disturbi psichici di chiedere a un giudice la sospensione temporanea del secondo emendamento della costituzione, che garantisce a ogni cittadina e ogni cittadino il diritto di possedere un’arma.
Misure tutto sommato timide, se confrontate alle promesse di campagna elettorale, piccoli passi nella giusta direzione ma che evidenziano ancora una volta uno dei paradossi della superpotenza: il commander in chief plenipotenziario può ordinare un attacco militare contro un obbiettivo straniero, ma non riesce – pur avendo un congresso tutto dalla sua parte – a far passare neppure una ragionevole, moderata riforma sulle armi e a mettere al bando i fucili d’assalto, usati in tutte le più gravi stragi di massa degli ultimi decenni.
Andrea Vosti è autore di “America First”, Armando Dadò editore
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