Cormac McCarthy, il passeggero d’America
Era il più grande scrittore statunitense contemporaneo. I suoi romanzi ci hanno portati all’epicentro dell’esperienza letteraria di questi ultimi decenni
Filtra per rubrica
Filtra per autore/trice
Era il più grande scrittore statunitense contemporaneo. I suoi romanzi ci hanno portati all’epicentro dell’esperienza letteraria di questi ultimi decenni
• – Redazione
Alla terza edizione non è più "sciopero delle donne", per sottolineare nuove prospettive e ulteriori rivendicazioni
• – Mario Conforti
Stampa / Pdf
• – Franco Cavani
Per valorizzare la maternità (parto compreso) come una preziosa differenza - Di Delta Geiler Caroli
• – Redazione
In un testo cruciale per il femminismo svizzero le tesi di una donna mai doma, criticata e diffamata per tutta la vita
• – Redazione
Intervista al giornalista de "Il Fatto Quotidiano" autore dell'ultima biografia (non autorizzata) di Silvio Berlusconi
• – Aldo Sofia
A ridosso dei giorni di fine anno scolastico, qualche considerazione sul calendario
• – Adolfo Tomasini
Di Mattia Feltri, La Stampa Qualche anno fa un amico mi suggerì di scrivere una biografia di Silvio Berlusconi. In cui sia dentro tutto, mi disse, una biografia in mille pagine,...
• – Redazione
Imbarazzante, subdolo, "tutto in lui era falso": dal New York Times al Guardian, il ricordo del Cavaliere in Europa e negli USA è lontano dall'apologia
• – Redazione
Con contratti capestro e brevetti le grandi aziende farmaceutiche bloccano la ricerca sui vaccini anti Covid
• – Redazione
Era il più grande scrittore statunitense contemporaneo. I suoi romanzi ci hanno portati all’epicentro dell’esperienza letteraria di questi ultimi decenni
È morto Cormac McCarthy. Insieme a Marilynne Robinson è stato, fino a ieri, il più grande scrittore statunitense contemporaneo. Entrambi hanno raccolto e degnamente rilanciato l’eredità di William Faulkner. Entrambi, come Toni Morrison, degna compagna di viaggio, hanno dimostrato come una certa idea di stile letterario – questa eredità del modernismo europeo – sia tra i migliori strumenti a disposizione della specie umana per sondare il proprio stesso cuore. Lascerei perdere la leggenda personale di McCarthy (lo scrittore schivo, che rilasciava poche interviste, semisconosciuto per decenni, capace di vivere di stenti pur di dedicarsi alla scrittura) e mi limiterei all’unica cosa che conta, le opere.
C’è chi ha conosciuto o forse conosce Cormac McCarthy per La strada e Non è un paese per vecchi, i suoi libri più celebri, romanzi che ciascuno di noi – specie il secondo, per l’incredibile struttura a orologeria – darebbe un occhio per riuscire a scrivere. Ebbene, non sarà ricordato per quelli. Se non lo si è fatto, bisogna leggere Suttree, Meridiano di sangue, la trilogia della frontiera composta da Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura. E, inaspettatamente, Il passeggero. Dico inaspettatamente perché di solito, quando uno scrittore ha superato gli ottanta anni e ce ne mette più di dieci a scrivere un romanzo, quasi sicuramente si tratterà di un libro di secondo piano. Penso agli ultimi di Philip Roth: buoni libri, ma nulla a che fare con Il teatro di Sabbath o Pastorale americana. E invece, non appena ho cominciato a leggere Il passeggero, ho avvertito, chiaramente, il passo della grande letteratura. Nella storia di Bobby Western e del suo amore per la sorella suicida Alicia risuona l’incesto immaginario (ma fatale) tra Quentin e Caddy Compson de L’urlo e il furore. Siamo dalle parti della tragedia. Ma siamo all’epicentro dell’esperienza letteraria per come può ancora essere intesa nel XXI secolo.
Cosa significa? Significa che l’audacia di Cormac McCarthy, la sua difficoltà stilistica e strutturale (Il passeggero non è solo la storia di un amore impossibile, è anche una riflessione sui limiti di ciò che si può dire, sul potere distruttivo dell’uomo che costruisce le bombe che rasero al suolo Hiroshima e Nagasaki, un’immersione nella malattia mentale, un apologo sull’amicizia, un tentativo di differenziare l’inconscio dal linguaggio – il primo visto come un “sistema biologico”, il secondo come una sorta di virus computazionale) non ha nulla di gratuito perché ha tutto di necessario. Ma necessario a cosa? A cercare di capire chi siamo e qual è il nostro posto nel mondo terribile in cui siamo stati scaraventati. E certo, sarà un altro tentativo fallimentare, ma qui si tratta (finalmente, di nuovo) di “fallire meglio”.
I migliori romanzi di Cormac McCarthy sono, da questo punto di vista, un percorso iniziatico. Bisogna mettersi in strada e procedere. E dove mai può portare un pellegrinaggio di questo tipo se non verso la possibilità di una catarsi, di una trascendenza, di una rivelazione? Attenzione, però, poiché il Dio di McCarthy non è più quello di Faulkner. Se Faulkner (per dirla con lui stesso) affrontava Joyce «come un predicatore battista analfabeta davanti alla Bibbia: con la fede», Cormac McCarthy ha sovrapposto a quella Bibbia un manuale di meccanica quantistica. Non sto parlando solo del suo soggiorno al Santa Fe Institute che gli ha consentito di ibridare i consueti intrecci delle sue storie con argomenti scientifici. Il suo magistero è stato più raffinato di così. Vibra, nella trama invisibile della sua lingua, come una matematica segreta, un codice speciale, una geometria per niente ordinaria che ci fa vedere e sentire ciò che altrimenti ci sarebbe precluso.
Quando leggi James Joyce, quando leggi Virginia Woolf, quando leggi Emily Dickinson, quando leggi Amelia Rosselli, quando leggi Franz Kafka, quando leggi Cormac McCarthy non sei solo al cospetto di grandi scrittori capaci di emozionarti in modo classico (i classici, se mi si perdona il gioco di parole, non hanno nulla di classico). Nella profondità di quelle emozioni capita di sentirsi infatti scardinati quasi a livello genetico. Per un attimo non ci chiediamo più soltanto come funzionano il coraggio, la passione, la vigliaccheria, la meschinità, l’invidia, il servilismo, la grandiosità che muovono la nostra commedia di umani. In maniera sottile, ci ritroviamo ad addentrarci in un territorio ben più misterioso dove non sono più i simboli a parlare, ma le correnti elettriche e nervose. Cosa ci rende umani? Cosa ci rende animali? Cosa ci rende terrestri nel bel mezzo di una galassia roteante? Abbiamo sentito, certe volte, uno schiocco lungo la spina dorsale, mentre leggevamo Cormac McCarthy. E, incrinando per un attimo il sigillo del tempo, abbiamo avuto l’impressione che i migliori dei suoi libri – scritti trent’anni fa, o pubblicati da pochi mesi – venissero sempre da un futuro per raggiungere il quale dovevamo avere solo l’audacia di portare una mano avanti, e cominciare a sfogliare.
Nell’immagine: Javier Bardem nella versione cinematografica di “Non è un paese per vecchi” dei fratelli Coen (2007)
Anche lui ha un vizio antico come la dittatura: chi si oppone a lui dev’essere eliminato, messo in carcere, o torturato
I collaboratori della società di videocomunicazione sono stati richiamati al lavoro in azienda