Di Alberto Simoni, La Stampa
Raramente nel recente passato l’America si è trovata dinanzi a una polarizzazione così forte su un numero di temi ampio, dai diritti – come l’aborto e quello di portare le armi – al controllo dei libri ammessi nelle scuole, sino all’immigrazione. Eppure, la questione che scava il fossato più profondo fra le due ali del Congresso, fra repubblicani e democratici e i loro elettori di riferimento, è da tempo il cambiamento climatico. Qui il terreno di dialogo è sdrucciolevole. E lo dimostrano ulteriormente le dichiarazioni dei maggiori contendenti alla nomination repubblicana che sono in aperto contrasto con la politica “green” della Casa Bianca di Biden.
Paul Krugman sul New York Times ha evidenziato la spaccatura e invocato «una politicizzazione del clima», ovvero la necessità di considerare la questione ambientale terreno di scontro fra due visioni del Paese, di cui una, quella conservatrice refrattaria a qualsiasi prova scientifica e decisa nel negare il ruolo dell’uomo nel surriscaldamento del pianeta. Krugman ritiene che «dobbiamo assolutamente politicizzare il clima» ma sostiene che «la politica ambientale non sarà il tema centrale delle presidenziali del 2024 che avranno il focus su economia e temi sociali. Viviamo – prosegue l’editorialista del New York Times – in un’epoca di disastri ambientali in aumento. L’estremismo ambientale del Partito repubblicano – è il partito più ostile alle azioni sul clima di qualsiasi altro partito nel mondo avanzato – sarebbe, in un dibattito politico più logico, il più grande tema elettorale».
Ma non lo è. Anzi, sembra esserlo al contrario se come ricorda Krugman, «appena il 22 per cento degli americani che si colloca a destra nello spettro politico considera il clima una minaccia importante. Il gap [di percezione, ndr] fra destra e sinistra è qui più ampio che in qualsiasi altro Paese. E solo negli Stati Uniti si vedono cose come i repubblicani del Texas cercare attivamente di limitare il boom nel loro stesso Stato del settore delle energie rinnovabili». Krugman ricorda che «solo a metà del 2023 abbiamo già assistito a fenomeni atmosferici che sarebbero stati uno choc non tanto tempo fa. Giugno è stato complessivamente il più caldo da quando si registrano le temperature, ondate di calore senza precedenti hanno colpito una regione dopo l’altra; Asia Meridionale e Medio Oriente hanno sperimentato temperature quasi letali per l’uomo. L’Europa sta vivendo una seconda catastrofica ventata di calore in poco tempo». L’esempio più curioso Krugman lo riserva agli Stati Uniti quando ricorda che rinfrescarsi in Florida con un tuffo nell’Oceano non è una grandissima idea visto che le temperature dell’acqua hanno superato i 38 gradi, «non molto al di sotto di una vasca idromassaggio». E il tutto mentre dal Canada il fumo degli incendi copre il Nord Est degli Stati Uniti rendendo«“pericolosamente cattiva la qualità dell’aria e il cielo arancione».
L’editorialista non offre una risposta definitiva se i cambiamenti climatici sono l’origine dei disastri, ma «i modelli del clima – spiega – ci dicono che alcuni tipi di fenomeni estremi sono diventati più frequenti con il riscaldamento del pianeta. Ovvero un’ondata di caldo torrido che si aveva mediamente una volta ogni qualche decennio, ora ha una ricorrenza quasi annuale». «Questa concatenazione di eventi estremi sarebbe stata impossibile senza il cambiamento climatico. Quel che accade è quasi sicuramente solo l’avanguardia della crisi e un piccolo assaggio dei tanti disastri a venire».
Da qui la necessità di «politicizzare l’ambiente. Temere il cambiamento climatico non dovrebbe essere un tema di parte. Ma negli Stati Uniti lo è». Il fatto è che i negazionisti del clima non hanno mai mutato argomentazioni negli ultimi anni saltando da prese di posizione come «il cambiamento climatico non c’è», o quando riconoscono vi sia, lo liquidano con un «non è così male». E poi c’è la questione economica, ovvero «fare qualcosa per affrontare il tema genererebbe una disastro economico». «Nessuno di questi argomenti mai è stato abbandonato dinanzi all’evidenza dei fatti» e per questo «non dobbiamo attenderci che i repubblicani addolciscano la loro posizione sulle iniziative per il clima, non importa cosa accade nel mondo».
«Se il Gop prenderà il controllo della Casa Bianca e del Congresso il prossimo anno, sicuramente smantellerà una serie di sussidi verdi introdotti da Biden che secondo gli esperti porteranno a una maggiore riduzione delle emissioni. Piaccia o no il tempo atmosferico è un tema politico. E gli americani dovrebbero essere consapevoli che è una delle questioni più importanti su cui voteranno» nel novembre del 2024.
Nell’immagine: un derrick (pompa per l’estrazione del petrolio) in Texas