G8 di Genova. Illesi per caso
Il racconto di un testimone scampato per caso al massacro della scuola Diaz
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Il racconto di un testimone scampato per caso al massacro della scuola Diaz
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Il racconto di un testimone scampato per caso al massacro della scuola Diaz
Un ragazzo, Carlo Giuliani, era stato ucciso durante gli scontri. Tra venerdì e sabato mattina Genova aveva assunto le sembianze di Beirut sotto attacco. Dall’alto della scalinata di Punta Vagno che portava al Media center si guardava giù increduli: le strade sembravano quelle di Santiago del Cile, vere e proprie scene di deportazione, pestaggi, sangue. Essere giornalisti non contava.
Quella notte, solo per caso, non mi trovavo dentro la scuola Diaz quando la polizia italiana è sbarcata e ha massacrato decine di ragazze e ragazzi. Ero uscito qualche minuto prima.
Il tempo di sederci in un bar a qualche decina di metri. Un rumore veloce di camionette e auto che ci sono passate davanti. Il proprietario ha immediatamente tirato giù le saracinesche. Chiusi dentro. Ma dovevo uscire. Uno spiraglio. Mi sono piegato e sono corso verso la Scuola Diaz. Tutti già schierati. Non si entra. Dalle finestre urla, corse, movimenti. Un cordone di poliziotti impedisce di avvicinarsi. Fino alle 4 di mattina.
Buio inesorabile. Una notte che è durata anni.
Le immagini le avete viste. Le menzogne le abbiamo ascoltate. Non c’erano terroristi dentro quella scuola. Bisogna ripeterlo: non c’erano terroristi in quella scuola. Ho intervistato tanti ragazze e ragazzi alloggiati alla scuola Diaz. Non erano terroristi e non erano black bloc.
Quel sabato sembrava tutto finito. Quella notte, poi, la sottile linea tra la democrazia e la dittatura è sembrata così sottile da scomparire. Quella notte non abbiamo dormito. Illesi per caso. Fuori. Ma dentro.
Vent’anni sono tanti. E ancora su quei giorni e su quella notte non si è detto tutto. E non abbiamo ancora capito come sia stato possibile tutto ciò. Ma non dimentichiamo.
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