Fame nel mondo, scandalo intollerabile
Il 40% dell’umanità vive di fame e povertà, a vantaggio delle multinazionali
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Il 40% dell’umanità vive di fame e povertà, a vantaggio delle multinazionali
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Il 40% dell’umanità vive di fame e povertà, a vantaggio delle multinazionali
Il bilancio stilato per l’odierna Giornata mondiale dell’alimentazione, infatti, è catastrofico. Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization), oltre tre miliardi di persone soffrono la fame: a non potersi permettere un’alimentazione sana è quasi il 40% della popolazione mondiale. All’Africa spetta un preoccupante ma prevedibile primato: è il paese più colpito dall’insicurezza alimentare, con oltre metà dei decessi infantili causati da fame e malnutrizione. Anche le recenti crisi umanitarie in Afghanistan e ad Haiti contribuiscono a peggiorare il quadro generale.
Ma è il mondo intero a essere sotto scacco ed è proprio la pandemia da COVID-19 a esacerbare la situazione: le popolazioni più a rischio, già provate da conflitti e da eventi climatici estremi, hanno sempre maggiori difficoltà ad avere accesso al cibo e ai beni di prima necessità. L’aumento della povertà impedisce alle famiglie di acquistare cibo per il sostentamento quotidiano, mentre gli agricoltori non riescono a vendere il proprio raccolto, creando un circolo vizioso in cui milioni di persone necessitano aiuti alimentari d’emergenza.
Si stima che i piccoli agricoltori producano più della metà del cibo a livello mondiale. Le grandi aziende e le multinazionali ne producono invece il 40%, ma controllano ben il 70% delle superfici agricole. Ciò significa una concorrenza spietata per l’accesso alla terra, alle risorse idriche e, di conseguenza, ai mercati. Le aziende familiari, che producono in modo ecologico e sostenibile, vengono il più delle volte messe all’angolo dall’industria agroalimentare. A quest’ultima sono imputabili le principali problematiche della nostra era, come deforestazioni massicce, utilizzo di monocolture, pesticidi e fertilizzanti, inquinamento di acqua e sottosuolo: pratiche con pesanti ripercussioni sull’equilibrio degli habitat naturali, nonché sulla salute umana e animale.
Il modo di produrre il cibo che finisce sulle nostre tavole è tra i primi responsabili della diminuzione delle risorse naturali, dell’estinzione delle specie e del deterioramento ambientale. Tutti fattori che causano siccità, povertà e fame, amplificando ulteriormente le disuguaglianze sociali già esistenti e creandone di nuove.
Per aiutare le popolazioni più povere ad affrancarsi dalla fame è quindi necessario, e urgente, contribuire al loro sviluppo agricolo: in primis con scelte politiche coraggiose, che incentivino gli investimenti responsabili, l’innovazione, il risanamento ambientale. Rendere la produzione sostenibile, inclusiva e resistente ai cambiamenti climatici, puntando su partecipazione delle famiglie e prezzi accessibili a tutti, è qualcosa di possibile già oggi. Sarebbe prioritario che i governi concretizzassero i loro intenti, superando retorica e soprattutto interessi di parte.
Mentre sovrappeso e obesità rappresentano la nuova piaga dei paesi ricchi, la fame condanna chi ne soffre a un inferno perenne. L’alimentazione è un diritto umano fondamentale, negato ancora a tanti, troppi.
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